"Volgi, mio Dio, deh volgi un de' tuoi guardi
e ti piaccia mirar da quali, e quante
miserabili angustie io sono oppresso:
perché così mi lasci in abbandono?
(Salmo 21)
Di frequente ricorre in me un interrogativo circa le possibilità di comprensione che abbiamo noi contemporanei di un'opera d'arte del passato. È sufficiente affidarsi alla propria sensibilità oppure occorre una cultura specifica, delle frequentazioni idonee a calarci quanto più possibile nel clima dell'epoca? E se diamo per buona anche la seconda opzione, non potendo necessariamente mancare la prima, quali possono essere i messaggeri più idonei? Intanto il CD "Benedetto Marcello. Psalms and Sonatas. Lydia Cevidalli - Ensemble Salomone Rossi" dischiude alla mia memoria scenari significativi, riportandomi indietro a quella domenica del 10 aprile 2016, quando a Bergamo si tenne il concerto "Ester, storia di una regina"; una giornata indimenticabile cui seguì la recensione del CD. Il fortunato incontro con l'Ensemble Salomone Rossi fu destinato a ripetersi venerdì 20 ottobre 2017, sempre a Bergamo, in occasione dell'evento "Compleanno con Händel", un concerto pianificato per festeggiare il genetliaco del Coro Antiche Armonie, per arrivare a giorni più prossimi ai nostri con i "Segreti incontri veneziani - Benedetto Marcello e il mondo ebraico", questa volta a Milano, in Sala Alessi di Palazzo Marino. Ma esiste anche un precedente discografico che apre la strada al variegato mondo del grande compositore veneziano, parlo del CD "Benedetto Marcello - Salmi e sonate", custodito in una robusta teca di cartoncino e apparso a fine 2018 per la gioia degli appassionati della musica barocca.
Esistono diversi fattori che inducono l'eventuale ascoltatore a confidare nella valentia dei musicisti che si sono impegnati in questo meritorio percorso, a cominciare da Lydia Cevidalli, violinista che ha raggiunto un'indiscutibile autorevolezza grazie alla ricerca durata decenni sulla musica barocca. Risaputa è pure la sua speciale sensibilità per il mondo ebraico, indissolubilmente legato a questi Psalms and Sonatas, lo testimonia il suo appassionato lavoro di riscoperta della tradizione Klezmer e l'aver saputo mettere in evidenza il filo rosso che congiunge la musica ebraica con quella della tradizione cristiana/occidentale. Una musicista che ha costruito mattone su mattone la sua competenza con lo strumento di studi specifici e approfonditi. Lo ha fatto sin dal 1985, anno in cui si è diplomata in violino barocco sotto la guida di Chiara Banchini, collaborando poi per molti anni in ambito concertistico con l'orchestra di Jordi Savall, fondatore e direttore dell'Ensemble Le Concert de Nations. Non paga di questa sua fervente attività, fonda nel 1991 l'Ensemble Salomone Rossi, di cui è tuttora direttrice, prestigiosa formazione esibitasi oltre che in Italia anche in Belgio, Spagna, Stati Uniti, in città come Ascona, Istanbul e Belgrado, tutti luoghi in cui ha dato concerti, conferenze e un memorabile Workshop, tenutosi presso la Montclair State University. Lydia Cevidalli suole esibirsi anche in formazioni cameristiche o in duo con il pianoforte. Il 2003 è stato per lei un anno importante poiché ha iniziato a insegnare violino al Conservatorio di Milano e organizzare nella stessa istituzione gli eventi per il Giorno della Memoria.
Non deve quindi sorprendere se lei ha deciso di coronare un suo probabile sogno a partire dagli ultimi due CD rilasciati, quello cioè di registrare con il suo Ensemble tutti i 50 Salmi contenuti ne "L'estro poetico-armonico" di Benedetto Marcello, rappresentando questa complessa raccolta un importante anello di congiunzione tra il mondo ebraico e l'occidentale, a ben vedere già prospettato nella biografia del compositore. Nato dai patrizi Marcello del ramo della Maddalena, Benedetto fu l'ultimo figlio di Agostino e Paolina Cappello, una famiglia che aveva edificato il suo prestigio su un glorioso passato. Il padre era incline alle arti, essendo dedito alla composizione di versi, suonatore di violino e antesignano di quelle che possiamo considerare delle "Schubertiadi", in qualità di organizzatore di concerti nel suo salotto. Anche la madre, dal canto suo, era appassionata di poesia e disegno, senza dimenticare che la scintilla dell'arte albergava pure nei suoi due fratelli Alessandro e Girolamo. Dopo un inizio pare non esaltante, a circa vent'anni si buttò a capofitto nello studio della teoria musicale e della composizione, addestrato da Francesco Gasparini e guidato dagli scritti di Gioseffo Zarlino, compositore e grande teorico musicale chioggiotto. Dal punto di vista strumentale, al violino aggiunse in seguito lo studio del clavicembalo. Suoi modelli furono le composizioni di musicisti del passato, come Giovanni Pierluigi da Palestrina, Carlo Gesualdo, Claudio Monteverdi, Girolamo Frescobaldi e Giacomo Carissimi, ma anche più vicini alla sua epoca, come Giovanni Legrenzi, Giovan Battista Lulli, Marc-Antoine Charpentier, Henry Purcell, Bernardo Pasquini e Arcangelo Corelli.
Nella sua vita si verificò una sorta di conflitto tra le aspirazioni artistiche, sorrette da un indubbio talento, e i doveri imposti dalla sua estrazione sociale. Benedetto Marcello dovette a un certo punto sospendere i suoi studi per intraprendere il "Cursus Honorum", per consuetudine riservato ai giovani patrizi, che lo portò a svolgere l'attività di avvocato e una serie di cariche pubbliche burocratiche non particolarmente rilevanti. Compositore prolifico, scrisse lavori teatrali, musica sacra, profana e una gran quantità di opere strumentali come concerti, sinfonie e sonate. Si produsse anche come forbito scrittore; ricordiamo in quest'ambito il libello satirico "Il teatro alla moda", dove scopriva gli altarini di un ambiente in cui niente e nessuno veniva risparmiato dai suoi appuntiti strali: le trame, lo stile della musica, le scenografie, i compositori, poeti, cantanti, impresari e musicisti. Ma fra tutte le opere citate, oggi L'Ensemble Salomone Rossi prende in considerazione quella per cui il compositore veneziano è più spesso ricordato, parliamo appunto della raccolta "Estro poetico-armonico: parafrasi sopra li primi (e secondi) venticinque salmi", composta a Venezia tra il 1724 e il 1727, grandioso affresco barocco che ha avuto l'ambizione di mettere in musica i primi cinquanta Salmi del Salterio, su testo tradotto dalla Vulgata e reso in parafrasi dal letterato veneziano Girolamo Ascanio Giustiniani. Gira un aneddoto su questo lavoro. Si racconta che nel 1724 il compositore camminasse lungo la navata sinistra della Chiesa dei SS. Apostoli, in cui esercitava come organista titolare, mentre all'organo stava suonando il suo allievo Agostino Bonaventura Coletti.
Avvenne che una lastra tombale in prossimità dell'altare cedette all'improvviso sotto di lui, così Benedetto Marcello sprofondò e si ruppe una caviglia. Non appena avvenuto l'incidente, lui chiese la grazia per la guarigione, con la promessa di mettere in musica i Salmi di Davide. Fortuna volle che dall'episodio nascesse quindi una collezione di musica vocale sacra tra le più voluminose e monumentali dell'intera produzione italiana del secolo XVIII, ben otto volumi. A parte il suo elevato valore musicale, abbiamo sin dalla veste editoriale una testimonianza della cura messa nel realizzarla. L'edizione è lussuosa, fatta con un'incisione di alta qualità grazie all'apporto dei quattro incisori veneti Giuseppe Camerata, Giovanni Antonio Faldoni, Sebastiano Ricci e Lorenzo Zucchi. È pregevole anche dal punto di vista letterario, vista la presenza in ognuno degli otto tomi di una lauta prefazione che precede la partitura. Questa contiene una serie di missive indirizzate agli autori da importanti personaggi del mondo musicale e letterario, con le relative risposte. Si tratta di un particolare che proietta la raccolta oltre dei confini squisitamente musicali, per investire anche l'ambito letterario, estetico e filosofico; una cura che appare lampante sin dalla lunga prefazione al primo volume, in cui leggiamo l'introduzione ai primi otto salmi e, soprattutto, una sorta di dichiarazione programmatica circa i principi poetico/musicali su cui si basa l'intera raccolta. Una collezione di non comune complessità, a partire dall'organico vocale e strumentale, che necessita da una a quattro voci soliste, Canto, Alto, Tenore e Basso, e anche per la presenza in tre Salmi (XV, XXI e L) di strumenti ad arco in funzione concertante (un violoncello e due violette).
Un totale quindi di cinquanta composizioni, sette per voce sola, ventuno per due voci, sedici per tre voci e sei per quattro voci, in forma di cantata, dove si susseguono recitativi e arie, con la novità assoluta della trascrizione di undici canti antichi, chiamati intonazioni, tratti dalla tradizione ebraica, oltre a due canti sacri della Grecia classica. L'attenzione per il mondo giudaico fu favorita dal clima della Venezia di allora, disponibile all'accoglimento degli ebrei (a certe condizioni), senza trascurare la disposizione dello stesso compositore, il quale non mancò mai di manifestare la propria stima per il patrimonio musicale ebraico e classico. Nell'opera marcelliana, elemento cruciale del "trait d'union" tra le due civiltà è, infatti, l'annessione d'intonazioni basate su melodie sinagogali. Quasi sempre impiegato è il basso numerato, tranne che in tre occasioni (Salmi XXXVI, XLIII e XLVIII) dov'è indicata l'esecuzione "Da Capella", vale a dire realizzata con il canto corale. La prima edizione a stampa integrale dell'Estro poetico-armonico, commissionata dallo stesso compositore allo stampatore veneziano Domenico Lovisa, vide l'uscita dei primi quattro tomi nel 1724, il quinto nel 1725 e nel 1726 i rimanenti tre. Complessa appare l'architettura del Salmo vigesimo primo, suddiviso in cinque recitativi, dodici arie e un arioso, con l'intonazione "Shofet Kol Ha'aretz" che fa esattamente da spartiacque. L'Aria "Volgi volgi mio Dio" c'introduce in un clima di lamentosa pensosità, quasi trascinata, che esprime la supplica all'Altissimo affinchè volga il suo sguardo su di noi. Alla fine compare una lacerante interrogazione che rimane sospesa nell'aria: "Perché così mi lasci in abbandono?"
Dal tono deciso e battagliero è l'Aria "Le grida de' delitti", accompagnata da un intervento strumentale più mosso. Introdotta da un Recitativo è l'Aria "E pur tu quello sei". Assistiamo in ogni frangente all'osmosi tra parola e musica, avviene nel suggestivo cromatismo del vocalizzo sulla parola "apri", nel liberatorio volo dello spirito che principia a partire dal termine "Alzaro". Dei ricami cembalistici introducono al Recitativo "A me sol tocca una diversa sorte", in questo si agitano un sentimento di umiliazione e l'implorazione al Dio salvatore. Costante è l'attenzione del mezzosoprano Marta Fumagalli per il risalto espressivo del testo, in una grande varietà di accenti. Per rendersi conto del livello d'introspezione raggiunto nella sua raffinata interpretazione, basti sentire l'efficacia del tono, tra lo sprezzante e il sarcastico, con cui riveste il passaggio "e s'è ver ch'egli l'ami, il tragga in salvo". L'inflessione vocale muta completamente all'inizio del verso "Ma, grande alto Signor"; sovrastando gli scherni della bassa plebe il canto si eleva verso l'alto, sperando nel conforto divino. La tecnica del cromatismo viene impiegata ancora nella drammatica e breve Aria "Quai giovenchi feroci", con esiti diversi e più incalzanti, quasi a emulare il moto aggressivo degli umani, metaforicamente trasformati in belve. Quasi feroce, belluino diventa il tono della mezzosoprano sulle parole "Qual irato leon", favorito dal passaggio in una regione timbrica più acuta e penetrante (gli "alti ruggiti"). Nel Recitativo e Aria "Il mio vigor com'acqua si dissolve" - "Quai feroci mastin" c'è posto solo per un doloroso disgregarsi delle forze e il facile attacco da parte dei "feroci mastin", accompagnato dal medesimo disegno cromatico apparso in precedenza. Nell'Aria "Forar le mani mie" si eleva una dolente e bellissima melodia.
La chiusa "han diviso fra lor i panni miei" vira improvvisamente verso un soprassalto drammatico. Ecco apparire all'ottava traccia l'intonazione "Shofet Kol Ha'aretz" (Giudice di tutta la terra). Con un carattere sereno e arioso si affaccia invece l'Aria "Signor, non tardi dunque il Tuo soccorso!", anch'essa ha un significato d'implorazione ma viene espressa con sentimento più fiducioso. L'Aria "Di costoro al furor, mio Dio, mi togli", segna un ritorno alle minacce del nemico, metaforizzato in cani, leoni e unicorni, il percorso melodico qui si fa iterativo nella sua circolarità, dalla quale è difficile uscire salvi se manca il soccorso di Dio. D'indole contraria, trionfale anche se composta, è l'Aria "Ma so ben io": un inno si eleva sulle genti, con canti e laudi, dopo la rivelazione del Santo Nome. "La stirpe d'Israelle (Recitativo) e "Io dunque, alto Signor" è nuovamente la celebrazione delle laudi alla misericordia dell'Altissimo, tuttavia rese con una dialettica più scorrevole, di carattere narrativo. Approssimandosi la fine del Salmo, i toni afflitti vengono man mano rimpiazzati dall'apoteosi del ringraziamento al Signore, per la fame placata e lo scampato pericolo; ecco quindi incedere la breve Aria "Di sì gran meraviglie", dove c'è il riconoscimento della sovranità dell'Altissimo e il duraturo ricordo delle sue meraviglie. Nel severo Recitativo "Con riverente tributaria fede" si ammette perentoriamente il potere del regno di Dio e la sua figura di sommo legislatore del mondo, una fiducia che porta l'uomo a dire "In Lui sempre vivrò, vivrò per Lui". Viene il momento di un liberatorio tripudio con l'Aria "Annunziato alle future genti", atmosfera trionfante che l'Arioso "La giustizia di lui" confermerà sino all'apoteosi finale.
Se il compositore e magistrato Benedetto Marcello rimise ne L'estro poetico-armonico le sue capacità declamatorie, fatte di sereni voli e incisivi momenti drammatici, non meno persuasivo si mostrò nella produzione strumentale, grazie anche agli insegnamenti di Francesco Gasparini per il violino e di Antonio Lotti per la composizione. Ecco allora inframmezzarsi tra il Salmo 21 e il Salmo 42 le Sonate N. 4 e N. 5 per clavicembalo solo, nel loro primo movimento di Larghetto e Toccata, seguite dalla Sonata per violino e basso continuo in mi minore Op. 1 N. 10. Possiamo altresì considerarlo come un modo per stornare momentaneamente l'ascoltatore dall'incalzare di Recitativi e Arie di carattere religioso. Alla parola si sostituisce il suono del clavicembalo di Giovanni Togni e del violino di Lydia Cevidalli, dove riconosciamo, trasposte per strumento, quelle stesse qualità di commossa recitazione e slancio melodico che abbiamo già ammirato nel Salmo 21. C'è sempre un che di magnanimo, nobile e contegnoso in questa musica, sviluppata in una dialettica che è costantemente sottoposta al ferreo controllo dell'autore e non accusa mai cedimenti. Di minori proporzioni si presenta il Salmo 42, costituito dalla successione di sei Arie e due Ariosi, senza alcun Recitativo, anche se in realtà l'Arioso è una forma musicale, prevalentemente praticata nell'opera, in cui la linea vocale è caratterizzata da un portamento che integra efficacemente lo stile recitativo e la tipica fioritura melodica dell'aria. L'iniziale Aria "Dal tribunal augusto" esordisce autorevole grazie alla stentorea vocalità del basso Laurence Meikle, le cui possibilità canore avevamo già apprezzato nell'intonazione "Shofet Kol Ha'aretz".
Aria dall'incedere icastico, genera la tensione di chi è in attesa di un alto giudizio. L'Arioso "Da un popolo, che a te non fu" comincia con una serena melodia, in coincidenza con il primo verso, ma l'espressività vira presto verso la concitazione nell'Aria "Fa' che disciolto", con il germogliare di colorature che evidenziano la tecnica da virtuoso di Meikle. Accompagnato dal fraseggiare di nobile pensosità del violoncello, emerge l'accorato canto dell'Aria "Se mia fortezza sei"; ci parla di abbandono, desolazione, con un eloquio musicale che si fa parimenti rado e frammentato. "Sopra di me diffondasi" è un'Aria che apre alla luce, a una rosea speranza. Si fa strada l'auspicio che il santo lume si diffonda e le promesse vengano mantenute; l'accompagnamento strumentale assume in questo frangente un andamento più disteso e rasserenante. Nell'Aria "Allor fia che" assistiamo al conforto dell'accostamento ai sacri altari, l'avvicinamento a un Dio dispensatore di gioia. Una letizia che va debitamente magnificata con Salmi e Inni. Ancora una volta registriamo lo stretto parallelismo tra il significato della parola e la musica che deve avvalorarlo. Qui, in particolare nel verso "mio Signor, che gioja sei di mia fresca e verde età", il gaudio è sottolineato dagli ampi salti di nota, proposti con incisiva e vivace intrepidezza. Conclude il Salmo 42, insieme all'avvincente parabola umana descritta in questo CD, l'Arioso "Dunque, alma mia" e l'Aria "Ei farà tosto che sgombrato ogni affanno".
In questo "Benedetto Marcello. Psalms and Sonatas. Lydia Cevidalli - Ensemble Salomone Rossi" è palese l'intenzione di offrire all'ascoltatore l'attestazione di un grande amore per l'universo ebraico, nelle sue forme musicali, storiche e culturali. Desiderata portata a termine con grande partecipazione ed efficacia espressiva. Ecco perché si prova una speciale emozione nell'ascoltare "Shofet Kol Ha'aretz". Essa ci rende consapevoli delle origini dell'intonazione cristiana, modellata sui valori espressivo/interpretativi e della prassi esecutiva riguardante gli antichi riti liturgici ebraici e cristiani. Il mezzosoprano Marta Fumagalli spicca per il nobile e fiero portamento vocale, per la sua grande capacità d'introdurci in quella "Teoria degli affetti" che sola può rendere vive a vitali queste meravigliose pagine. La sua è una vocalità che in questa prova raggiunge una perfetta aderenza con quello stile, definito "Seconda Prattica" monteverdiana, grazie al fraseggiare dalla singolare intensità e perciò tanto più combaciante con le esigenze espressive del testo. Non per caso Benedetto Marcello fu grande estimatore di Claudio Monteverdi e paladino di un'arte che si facesse efficace "antidoto" contro quel teatro musicale dell'epoca contemplato nel suo libello satirico, incline all'esaltazione di passioni che lui considerava lascive, mentre la sua musica andava da tutt'altra parte, verso cioè una tranquilla forza interiore in grado d'ispirare devozione per l'Altissimo e, in ogni caso, sentimenti di preclara elevatezza spirituale. Valore aggiunto di questa registrazione è anche la perfetta intelligibilità del testo, il quale può essere seguito in inglese e italiano nel libretto allegato al CD.
Alla fine emergono in questa lodevolissima edizione discografica tutta la serietà e l'impegno che sono stati messi nel donare all'ascoltatore una musica dalle portentose virtù, eseguita con quella "semplicità" che non deve in nessun modo essere scambiata per limitatezza o semplificazione. È proprio in questo che consiste la sua forza, scaturente da una visione limpida, pura come acqua di roccia, trasparente al punto da tale da far passare intonse, mai annebbiate o corrotte da uno stile inadeguato, quelle munifiche e umanissime immagini sonore che cantano alla gloria di Dio. Di rimarchevole qualità la registrazione, limpida, dalla buona profondità del registro inferiore, adeguata a far risaltare il lavoro del basso continuo, la carnosità del violoncello. Altrettanto valida appare sulle medie e alte frequenze e l'immagine sonora nella sua prospettiva tridimensionale.
Alfredo Di Pietro
Aprile 2021