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giovedì 18 aprile 2024 ..:: G.C. Wagenseil - Musica Elegentia ::..   Login
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 Georg Christoph Wagenseil - Six Sonatas for Violin, Cello and Violone - Matteo Cicchitti-Musica Elegentia Riduci


 

 

 

La volontà di lanciare in grande stile questo lavoro monografico, dedicato alle Sei Sonate per violino, violoncello e violone di George Christoph Wagenseil, è innanzitutto testimoniata dalla cura messa nella veste discografica. Il Jewel Case del CD non è semplicemente incellofanato ma accolto in un astuccio di cartoncino, il libretto allegato è in carta patinata, molto piacevole al tatto, contenente non delle note di massima come al solito ma un vero e proprio studio prodotto da Giorgio Pagannone, musicologo e professore associato all'Università "G. D'Annunzio" di Chieti-Pescara. Sono opere in prima incisione assoluta mondiale cui non è mancato, ovviamente, il supporto in termini di visibilità dato dalla rete con i "Social" e YouTube. Se è vero che tali operazioni sono da ascrivere alle odierne modalità di comunicazione e promozione "commerciale", altrettanto vero è che sottendono a un qualcosa che va ampiamente oltre il puro marketing. È bene dirlo subito: il centro palpitante di questo progetto sta nell'amore dei suoi protagonisti per un repertorio e un autore che purtroppo il tempo ha coperto di polvere, nell'aspirazione a reimpossessarsi, donandola poi a noi, di una forma musicale che rivela un nobile ideale, incarnazione di civiltà e ben educato dialogo tra le persone. A differenza di un costume oggi sempre più dilagante, qui nulla è gridato, prevaricante, ma ogni voce rispetta quel bilanciamento che solo può dare pari dignità e intelligibilità al messaggio che si vuole comunicare, e questo senza minimamente coartare le dinamiche individuali dei tre strumenti, che si esprimono sempre con la massima libertà, al riparo dalle "rigidità" del "punctum contra punctum".

Una delle cose più belle che questa musica trasmette all'ascoltatore è proprio quella sensazione di libertà derivante dall'intreccio di linee melodiche che trovano uno sbocco del tutto naturale. Giocano a imitarsi, rincorrersi, a esprimere in modo multiforme una medesima idea e tutto questo sotto l'egida di un rigoroso impianto formale. All'ascoltatore il piacere di cogliere le voci, come un trio vocale, una per una nei loro guizzi, in certe simpatiche impertinenze, per poi riannodarle tutte insieme in un'umanissima teatralità. Si può ragionevolmente affermare che il punto cruciale dello stile galante, affermatosi nella prima metà del XVIII secolo, consiste proprio nel ritorno a quella semplicità melodica che era stata messa in second'ordine dalle complessità dal tardo-barocco, basato sull'uso intensivo degli ornamenti e su una polifonia che rendeva pressoché paritarie le voci. Un "modus operandi" che si rivelerà non una fugace incursione in territori musicali alternativi, ma come generatore di nuove prospettive; pensiamo allo stile concertante, già allo stato embrionale nei secoli XVI e XVII e poi maturato nel XVIII, dove diversi strumenti svettavano sull'insieme, pur senza rivestire il ruolo di protagonisti. Il CD di cui ci occupiamo, "Georg Christoph Wagenseil - Six Sonatas for Violin, Cello and Violone - Matteo Cicchitti Musica Elegentia", rappresenta il proseguimento di una virtuosa riscoperta già avviata con il precedente doppio album "Divertimenti Viennesi". Presenza rassicurante rimane il contrabbassista, violonista, gambista e direttore d'orchestra abbruzzese Matteo Cicchitti, divenuto a piena ragione noto per il rigore che mette nel seguire la pratica esecutiva storica del repertorio rinascimentale, barocco e classico.

Insieme a lui suonano la violinista Paola Nervi e il violoncellista Antonio Coloccia, impegnati in un trio strumentale che con rimarchevole pertinenza stilistica propone delle opere composte nel 1750, quindi in pieno stile galante, nel frangente del delicato passaggio dal barocco al classicismo viennese. Evidente è il loro intento di sdoganare questa musica, di liberarla definitivamente da alcuni preconcetti che ne hanno in qualche modo impacciato il godimento da parte di un più largo parterre di appassionati. Può trarre in inganno innanzitutto il termine "divertimento", che richiama alla mente la categoria del superfluo, se non dell'effimero (anche se, come diceva il grande Carmelo Bene, tutta l'arte è "inutile"), mentre si tratta di un genere che ha indicato sino al 1780 delle composizioni dedicate a un organico ridotto, differenziate cioè dalle sinfonie o dai concerti, i quali prevedevano un maggior numero di esecutori. Il divertimento è un insieme di brani puramente strumentali in sequenza libera, dal carattere, è vero, per lo più disinvolto e leggero, ma che compositori come W.A. Mozart e, nel Novecento, Béla Bartók, Ferruccio Busoni e Albert Roussel hanno nobilitato conferendogli una notevole profondità espressiva. In buona sostanza, lo dicono esplicitamente queste sonate e le parole di un autorevole studioso come Giorgio Pagannone, G.C. Wagenseil, e altri autori oggi pressoché dimenticati poiché considerati "minori" rispetto a sommi come F.J. Haydn e W.A. Mozart, ha creato della musica talmente bella da meritare di essere riportata alla luce senza se e senza ma.

 

 

Si affaccia il concetto di "Hausmusik", quel far musica in casa che, a cominciare dai primi dell'Ottocento, si svolgeva nei salotti della buona società, una pratica fondamentalmente amatoriale e per questo tecnicamente facilitata. Indubbia quindi la valenza sociale di un genere, il cameristico, che poteva essere anche molto raffinato nella scrittura perché destinato alla soddisfazione di un intrattenimento colto. Personalmente, pur giustificando certe espressioni lette in rete, che definiscono lo stile galante come una terra di mezzo o cerniera tra il barocco e il classico, non le considero tuttavia pienamente idonee a mettere in evidenza le caratteristiche, del tutto peculiari, di uno stile immediatamente riconoscibile tra mille. Se il periodo in cui nasce e si sviluppa è effettivamente individuabile nel transito tra il barocco e il classico (ma tutta la musica a ben vedere è in perpetua evoluzione), non possiamo negare che si sia fatto portatore di precisi valori idiomatici, come il gusto per una fine modellazione della forma, l'espressione di un fraseggio di rara grazia, la ritmica vivace e la propensione per la miniatura. Senza dimenticare che negli Allegro di queste sonate è già presente "in nuce" quella forma bipartita che trovò in seguito maggior sviluppo nella "forma sonata", divenuta "humus" di evoluzione stilistica già a partire dagli anni trenta del Settecento. Lo stesso concetto di conversazione musicale, amabilmente praticato nello stile galante, può essere in realtà esteso a ogni forma e genere musicale, dal più umile al più elevato.

Queste "Sonate sei a Violino, Violoncello e Contrabbasso di Cristofforo Wagenseil", come si può leggere nell'attribuzione delle parti prevedono un generico "Basso" e non segnatamente un contrabbasso, nell'intenzione di non riferirsi a un preciso strumento. Nella presente registrazione, ma com'era anche consuetudine all'epoca, tale parte viene eseguita da un violone, per la precisione un violone basso a cinque corde da 16 piedi accordato C-E-A-d-g, a configurare una formazione strumentale piuttosto inconsueta che vede non uno, ma due strumenti nel registro grave (violoncello e violone). Quello suonato dal maestro Cicchitti utilizza corde in budello provenienti dalla Toro Strings di Salle, piccolo comune in provincia di Pescara. Un'azienda la cui importanza è ben sottolineata nella sua relazione delle attività produttive, risalente al 1806: "L'unico capitale d'industria, in questa terra di Salle, si è quello del lavoro delle corde armoniche, le quali sono portate all'ultimo grado di perfezione, in guisa che per ogni dove portansi questi sallesi per travagliare su di esse, ed in Napoli, ed in Roma, per il Fiorentino e perfino in Francia." È stata dunque sfruttata l'abbondanza di materia prima esistente localmente, le budella di ovini, per produrre le corde armoniche. La Toro Strings, fondata da Raffaele Toro nel 1965, ancora oggi le lavora rigorosamente a mano, nel rispetto della memoria storica della musica rinascimentale, barocca e moderna per gli strumenti a corde. Ma nella scaturigine di questo CD, Salle non occupa un posto importante solo per tale ragione, poiché anche la registrazione è stata fatta nella chiesa del SS. Salvatore "Santuario del Beato Roberto", sito sempre in questo paese.

Oltre alle ricchissime note musicologiche, il libretto contiene una tavola sinottica con lo schema generale delle sei sonate, indicante il tempo, tonalità e numero di battute di ciascun movimento, certamente un buon modo per iniziare l'ascolto e segno di una non indifferente considerazione per chi desidera avvicinarsi consapevolmente a queste piccole gemme. Tutte si presentano in tre movimenti e tre di esse (la N. 2, 3 e 4) terminano con un minuetto, danza originaria della Francia molto in voga nel periodo galante e che in qualche modo ne riassume l'indole. Nella grazia del "pas menu" (piccolo passo) si ritrova l'elemento che forse più di ogni altro è in grado di rappresentare il motore espressivo che genera queste deliziose opere. Un sostrato di garbatezza le impregna, una delicatezza che tuttavia non esclude in nessun modo la vivacità e anche l'arguzia. Ogni movimento presenta generalmente una forma bipartita, con repliche della prima e seconda parte. Come si può vedere a colpo d'occhio dal prospetto, in queste sonate predominano le tonalità maggiori, la loro luce primaverile si spande generosamente ma il clima giocoso viene spezzato dai movimenti lenti in tonalità minore: gli Andante nella prima, seconda, terza sonata, i due Allegro nella quinta e il Larghetto. In particolare, l'Andante della terza sonata, come pure il Larghetto della quinta, sono intrisi di una dolente malinconia, grondanti di spiritualità, d'intimo ripiegamento espressivo. Chi afferma che questo genere sia esclusivamente ameno, che si tenga lontano dalle discese nelle profondità dell'animo umano, compie un grave errore di valutazione scambiando la leggerezza per una presunta superficialità.

E non è nemmeno la tensione verso l'aforismatico (il movimento con il maggior numero di battute, 105, è l'Allegro molto della sesta sonata) che giustifica il giudizio di frivolezza che si vuole affibbiare a questa musica, per'altro adorna di una finissima concertazione, a cura del maestro Cicchitti, che mette in plastico risalto il tessuto dialogico e, allo stesso tempo, l'individualità dei tre strumenti che conversano tra loro. I ritornelli sono variati con gusto e senso della misura. Se apodittica appare la funzione di sostegno armonico del violone 16', essa non è comunque relegabile a mero accompagnamento tale è la sua forza espressiva, conferita anche da una timbrica speciale, che Matteo Cicchitti amministra con singolare maestria grazie alla sua provetta tecnica d'arco. Le corde in budello concorrono a un'emissione materica, di particolare rugosità, che viene esaltata o attenuata a seconda dei frangenti espressivi. In certi momenti lo strumento sembra assumere le sembianze di un basso buffo nell'atto di brontolare energicamente, con sicuro effetto comico. Il compositore, organista e clavicembalista austriaco Georg Christoph Wagenseil, oggi pressoché passato nel dimenticatoio, fu all'epoca un musicista molto noto e rispettato, anche da Haydn e Mozart. Va dato atto a Matteo Cicchitti, Paola Nervi e Antonio Coloccia di averlo oggi riproposto in tutte le sue variegate coloriture emotive, insegnandoci che la musica è un qualcosa d'immenso e ben lungi dall'essere compiutamente esplorato.

Senza la loro certosina opera di vivificazione del segno scritto non avremmo potuto godere di queste pagine che dovrebbero entrare a pieno diritto nel nostro quotidiano come una sorta di terapia disintossicante, utile per curare i deleteri effetti del congesto modo di vivere odierno. Oggi, quel modo di conversare rispettoso dell'altrui personalità, non improntato all'eristica, sembra essersi avviato sul viale del tramonto, soppiantato da un aggressivo bombardamento mediatico purtroppo trasferitosi nel vivere comune. Da audiofilo, non posso non sottolineare l'eccellente qualità della registrazione e il lavoro svolto da Maurizio Paciariello, fortepianista ma ingegnere del suono per l'occasione, che con una meticolosa cattura sonora degli strumenti ha agevolato la percezione dei più minuti dettagli timbrici, compreso il particolare suono del violone 16'. L'intento di ricreare delle sonorità "live", aderenti a quella che dev'essere l'ambienza di una chiesa, senza però consentire che questa influisca sulla nettezza dei contorni strumentali pare pienamente raggiunto.

 




Alfredo Di Pietro

Febbraio 2022


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