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sabato 18 maggio 2024 ..:: APF 2016 - Baccus - Introduzione ::..   Login
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 Amiata Piano Festival 2016 - Baccus - Introduzione Riduci


 

 

"Welcome to a new beginning", così potremmo salutare la dodicesima edizione dell'Amiata Piano Festival, nel prendere atto che anche quest'anno propone innovazioni di grande interesse. Anno Domini 2016: preceduta dal concerto di Anteprima del 14 maggio, la grande kermesse si svolge nella consueta "zona ferie", nei mesi di giugno, luglio e agosto, con la propaggine del "Concerto di Natale" del 10 dicembre, in pieno clima natalizio. A ben vedere, la collocazione temporale estiva è una delle poche cose rimaste invariate nel corso degli anni, da quello di esordio del 2005 sino a oggi. Pure le parti centrali, a partire dal 2013, sono rimaste tre, Baccus, Euterpe e Dionisus, inquadrate alla fine dei tre mesi, dal giovedì alla domenica. Il Festival nasce come votato alla musica pianistica (nella denominazione di "Piano Festival" c'è la sua iniziale ragion d'essere) una manifestazione cioè dedicata a sua maestà il pianoforte ma che si è via via arricchita, estendendosi a strumenti diversi e aprendosi a ensemble sempre più allargati, sino a ospitare una vera e propria orchestra sinfonica. È successo nella giornata di apertura della tranche "Dionisus" 2015, dove ha suonato l'Orchestra Camerata Ducale di Vercelli, diretta dal fondatore Guido Rimonda, violinista e in quell'occasione anche direttore d'orchestra. Si replica quest'anno il primo agosto con l'Orchestra dell'Opera Italiana e il 25 agosto con l'Orchestra da Camera di Mantova. Dodici anni di vita non sono pochi, anche se un evento ad alta densità come questo non può essere valutato solo in termini meramente temporali, ma lo sono ancor di più quando la spinta propulsiva viene fornita da due grandi artisti come Maurizio Baglini, fondatore e direttore artistico, e Silvia Chiesa, artista residente.

L'Amiata Piano Festival è cresciuto esponenzialmente nel tempo, raccogliendo consensi di critica e di pubblico sempre maggiori. Da amante delle "Mission Impossible" Maurizio Baglini, novello Ethan Hunt, ha creduto in un progetto da molti ritenuto temerario, per la location innanzitutto, piuttosto fuori mano e tale da richiedere l'utilizzo di un mezzo proprio per raggiungerla. La sua passione e quella parimenti incontenibile della sua compagna di vita e di arte, la violoncellista Silvia Chiesa, ha trovato terreno fertile sfociando in un attivismo quasi frenetico. La loro motivazione è stata così potente da aver contagiato tutti coloro che a vario titolo collaborano al Festival. Sin dagli albori ha fatto da battistrada un ferreo principio: non sedersi mai sugli allori, anche se avrebbero benissimo potuto farlo, visti gli straordinari risultati. L'anno scorso la grande svolta: la sede cambia spostandosi in quell'autentico gioiello di architettura che è il Forum Fondazione Bertarelli. C'è un intreccio di storia non banale dietro questo Festival, una felice comunione d'intenti tra il carisma indiscutibile di un artista come Maurizio Baglini e una grande famiglia che con i suoi potenti mezzi finanziari, mossa dall'amore per la musica, ha contribuito in maniera importante alla realizzazione di questo "sogno toscano". Chi volesse approfondirne i trascorsi non ha che da visitare il sito ufficiale dell'Amiata Piano Festival e quello della Fondazione Bertarelli mentre qualche cenno potrete trovarlo anche sulle pagine di "Non solo audiofili", raccolto dalla viva voce dei protagonisti.

Un evento corroborato da musica e vino, binomio di antiche suggestioni che richiamano i sensi dell'udito e del gusto, due cosmi che s'intersecano esaltandosi a vicenda. Per suffragare definitivamente l'accostamento si potrebbe citare l'aforisma del grande filosofo Artur Schopenhauer, il quale scrisse: "L’architettura è musica solida. Noi oggi, per altro verso, riteniamo che il vino sia musica liquida". Si tratta di una riflessione che oggi potrebbe dare adito a qualche "misunderstanding", visto il significato odierno di "Musica liquida", da riferirsi comunemente ai file audio non memorizzati su uno specifico supporto. La riflessione è perfettamente pertinente se vogliamo individuare un mezzo, per così dire "esaltatore di sapidità", diverso da quello delle onde sonore. Ecco perché all'Amiata Piano Festival non viene mai omessa l'attesa degustazione dei prelibati vini della Cantina Colle Massari, alla fine dei concerti o tra il primo e il secondo tempo. Così, tra una Sonata e uno Studio o un Preludio si può assaporare un "Lombrone" o un "Gròttolo" piuttosto che un "Irisse" Montecucco Vermentino, per chi preferisce il bianco. In fondo, apprezzare il retrogusto di questi superbi vini DOC non è troppo dissimile dal lasciarsi accarezzare dalle raffinatezze agogiche di un grande interprete. La musica, la grande musica rimane la protagonista indiscussa, non confinata in fittizi steccati ma avente come unico discrimine la qualità. Musica classica diversa dal jazz? Questa è la domanda che Maurizio Baglini pone all'inizio del suo cappello introduttivo nel libretto che viene fornito al pubblico.

La risposta è intuibile, almeno per chi lo conosce un po', ed è tutta scritta nella sua instancabile attività di operatore culturale, sempre teso ad abbattere piuttosto che creare dei compartimenti stagni. Che il jazz sia espressione di contemporaneità lo dimostra per esempio il magnifico concerto "Scores!" di Paolo Fresu e il "Quartetto Alborada", avvenuto venerdì primo luglio. Si può parlare di un linguaggio totale, innovativo e mai conosciuto prima, dove il grande musicista sardo crea un idioma musicale tutto suo, sintesi di sconfinate frequentazioni culturali, come senza limiti è la sua capacità di penetrazione nella materia musicale. Baglini si è sempre battuto contro le catalogazioni, contro le etichette di qualsiasi genere che vorrebbero imprigionare un qualcosa che non è imprigionabile: la musica. Una lotta, oggi non più tanto impari (anche grazie a persone come lui), portata avanti con le parole ma soprattutto con i fatti, cristallizzata in perle musicali che sono lì, davanti agli occhi di tutti. Sono quesiti importanti per la vita culturale del nostro paese, purtroppo in contrazione, cui L'Amiata Piano Festival vuole dare una forte risposta. I punti interrogativi si moltiplicano ma è doveroso dare a ognuno una risposta che sia convincente, compreso quello che vede irriverentemente come "vecchia" la musica classica, pregiudizio spesso collettivamente rinfocolato. E se invece fossero vecchie solo certe modalità interpretative? Allora è giusto darsi da fare per offrire al pubblico nuove risposte, nella consapevolezza che il "feedback" di questo non si farà attendere.

La prova provata è nel grande successo conseguito dalla serata "Amiata Music Master - Eredi della scuola pianistica!", conclusasi poco prima dell'importante appuntamento calcistico che vedeva l'Italia cimentarsi contro la Germania. Oltre cento persone non hanno voluto per nessuna ragione perdersi questa ghiotta novità, partita o non partita, e questo in un paese di calciofili non è poco. Si prosegue quindi a gonfie vele nella direzione della musica, nella necessità di difendere un patrimonio culturale che si va via via appannando nella memoria delle persone, un fenomeno contro cui lottano con tutte le forze Maurizio Baglini e Silvia Chiesa. La parola d'ordine è riattualizzarlo e farlo rivivere nel presente attraverso la formula di interpretazioni libere da preconcetti. Questo e altro si può trovare in una fantastica manifestazione che ho potuto, ahimè, apprezzare solo in parte, nella prima tranche di Baccus. Concludo questa mia introduzione con alcune golose notizie "accessorie", ma che accessorie non sono affatto, a partire dall'annuncio fatto in sala da Vittorio Introcaso: Radio RAI 3 dal 3 luglio trasmetterà i concerti dell'Amiata Piano Festival dell'anno scorso, con la promessa che quelli di quest'anno verranno trasmessi l'anno prossimo. Nella prima serata una simpatica iniziativa: il pubblico era invitato a fare una ripresa video della durata massima di venti secondi, nel momento di maggior gradimento del concerto, da inviare poi all'indirizzo e-mail del Bartok Studio. Il Sound Engineer Raffaele Cacciola si è fatto carico di esaminare le clip video, in seguito utilizzate dallo staff dell'Amiata Piano Festival per comporre un simpatico reportage/collage particolare.

Grande novità di quest'anno è l'Amiata Music Master. Maurizio Baglini e Roberto Prosseda hanno entrambi superato i quarant'anni e ritengono sia giusto iniziare a pensare alla formazione di nuovi artisti, eredi della loro arte. Un format di sicuro interesse che rappresenta uno stimolo per andare avanti guardando alle generazioni future. Sono così stati individuati un diciasettenne e un diciannovenne, recentemente premiati. Vedremo poi in particolare i dettagli di una serata che prevede la presenza di critici e musicologi molto importanti, di Repubblica, del Corriere della Sera, che vogliono ascoltare, recensire, capire.

Largo quindi alla musica!


INTERVISTA A SILVIA CHIESA, ARTISTA RESIDENTE DELL'AMIATA PIANO FESTIVAL

 



Alfredo Di Pietro: Maestro, la invito a un piccolo "Amarcord". Come ha vissuto e vive questo bellissimo evento dell'Amiata Piano Festival? Quali sono stati i momenti più emozionanti che le piace ricordare?

Silvia Chiesa: Amiata Piano Festival per me vuol dire undici anni della mia vita. Sono tantissimi quindi gli eventi, i concerti, le serate che vorrei ricordare. Sicuramente c'è quello dell'altra sera con il Quintetto di Schubert, un momento veramente toccante, ma c'è anche il Concerto di Gulda con i Fiati di Parma, le serate con il mio compagno Maurizio Baglini. In quelle sedi diventiamo due musicisti e professionisti che suonano insieme, sempre con grande emozione. Le serate sono le più svariate e mi piacerebbe dire che le ricordo veramente tutte con commozione, senza citarne una in particolare. La cosa più bella è vedere che il Festival cresce di continuo e ci sono state davvero poche situazioni che hanno fatto sì che in qualche serata si potesse essere scontenti, ma soltanto a livello di pubblico, forse per una minor affluenza, certamente non per le esecuzioni e non per le interpretazioni.

ADP: Lei è artista residente, cosa indica di preciso questo termine e qual è il suo ruolo in questo prestigioso Festival?

SC: Artista residente vuol dire che, assieme al maestro Baglini, devo fare dei concerti per la Fondazione. Come avrà visto dal programma, io sono presente in tutte e tre le tranche, devo quindi donare la mia presenza a ogni gruppo di concerti. Il mio ruolo invece non è solo quello di musicista, ma anche di braccio destro di Baglini per tutto quello che riguarda l'organizzazione musicale, artistica e anche logistica della giornata. Per i musicisti, per l'accoglienza, per le prove, il metterli nella situazione giusta quando salgono sul palco, soddisfare le loro richieste per tempo. Insomma cercare di fornire al meglio ospitalità a chi viene a suonare per noi.

ADP: La sua musicalità è di un'assoluta spontaneità, lo si sente nei concerti ma anche nella sua produzione discografica. Come nasce il suo amore per il violoncello?

SC: Fu il mio papà che m'instradò a suonare musica con lo studio violoncello, mentre i miei due fratelli hanno studiato pianoforte e violino. Quindi io rimanevo al violoncello, che non ho scelto ma che mi è stato consigliato di suonare. Ho cominciato da bambina poi ho iniziato a capire che quello era il mio strumento all'età di otto, nove anni.

ADP: Spesso suona in formazioni cameristiche, quali sono le maggiori difficoltà cui si va incontro per "armonizzarsi" con gli altri elementi?

SC: Per essere un buon camerista bisogna anzitutto ascoltare gli altri senza perdere la propria personalità. Credo che la cosa più importante sia individuare quelle che sono le caratteristiche degli altri esecutori, cercare di farle proprie e inserirsi in modo molto discreto, mantenendo però il proprio carattere e stile esecutivo.

ADP: Una ghiotta novità di quest'anno è il format "Amiata Music Master". Lei è una didatta di riferimento nel panorama mondiale, come riesce a conciliare l'attività didattica con quella concertistica?

SC: Non è facile, richiede naturalmente una grande disponibilità e un'ottima organizzazione. Occorre anche credere nella didattica cercando di ritagliare all'interno della propria agenda concertistica i giusti momenti per arrivare ai ragazzi e dare il proprio apporto e competenze. Io ho avuto la fortuna di essere stata allieva di grandissimi violoncellisti e non mi sembrava sinceramente giusto non dare quello che io stessa avevo ricevuto. È una scelta etica: ho avuto molto e vorrei dare quello che so ai ragazzi che hanno piacere di riceverlo.

Alfredo Di Pietro

Segue alla Prima Serata...


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