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 Amiata Piano Festival 2017 - Dionisus - 27 Agosto Riduci

 

 

CONCERTI VENEZIANI

Antonio Lotti (1667-1740)
Sinfonia da "Ascanio ovvero gli odii delusi dal sangue" (Dresda, 1718)
   1. Largo, Allegro
   2. Sarabanda
   3. Menuetto

 

Antonio Vivaldi (1678-1741)
Concerto per fagotto, archi e basso continuo in mi minore RV 484
   1. Allegro poco
   2. Andante
   3. Allegro


Tomaso Albinoni (1671-1751)
Concerto per due oboi, archi e basso continuo in Fa maggiore Op. 9 N. 3
   1. Allegro
   2. Adagio
   3. Allegro

Alessandro Marcello (1673-1747)
Concerto per oboe, archi e basso continuo in re minore
   1. Andante e spiccato
   2. Adagio
   3. Presto

Antonio Vivaldi
Concerto per oboe, archi e basso continuo in Do maggiore Op. 8 N. 12 RV 449
   1. Allegro
   2. Largo
   3. Allegro

Antonio Vivaldi
Concerto per oboe, fagotto, archi e basso continuo in Sol maggiore RV 545
   1. Andante molto
   2. Largo
   3. Allegro molto

Giovanni Benedetto Piatti (1697-1763)
Concerto per oboe, archi e basso continuo in sol minore
   1. Allegro
   2. Largo
   3. Presto


Zefiro Baroque Orchestra
Oboi: Alfredo Bernardini, Paolo Grazzi
Fagotto: Alberto Grazzi
Violini primi: Cecilia Bernardini, Rossella Croce, Alfia Bakieva
Violini secondi: Ayako Matsunaga, Ulrike Fischer, Laura Mirri
Viola: Teresa Ceccato
Violoncello: Gaetano Nasillo
Contrabbasso: Davide Nava
Clavicembalo: Anna Fontana
Direttore: Alfredo Bernardini

 



Nessun discorso introduttivo da parte del direttore artistico per questo gran finale barocco che conclude Dionisus, ultima delle tre tranche estive dell'Amiata Piano Festival. Davvero non ce n'è stato bisogno per un repertorio che si è imposto con la forza della sua primaverile frescura. Una musica dalle pulsazioni veloci, dal vivacissimo moto interiore, lontana da una magniloquente gestualità romantica, ma non per questo meno efficace. Per un imponderabile disegno del caso, questa tredicesima edizione del festival nasce all'insegna della "sorpresa". La prima si è verificata il 30 luglio quando, a causa di un infortunio del maestro Alexander Lonquich, si è dovuto in tutta fretta cambiare il programma di sala, sostituendolo con "Sogno di una notte di mezza estate", un progetto di Giovanni Bellucci dedicato a William Shakespeare, con la partecipazione dell'attore Enzo Decaro. La seconda si è presentata stasera, protagonista sempre la Zefiro Baroque Orchestra ma con un sovvertimento del titolo e dei brani eseguiti: non più "Vivaldi, concerti per vari strumenti" ma un più generico "Concerti veneziani". Poi, giusto per non farsi mancare nulla, c'è stato anche più di uno spostamento nell'ordine dei brani, cosicché l'ultimo in programma, la Sinfonia da "Ascanio ovvero gli odii delusi dal sangue" di Antonio Lotti, ha scavalcato la fila ponendosi al primo posto. Così giustifica la variazione Alfredo Bernardini, uno dei tre fondatori e direttore dell'ensemble: "Questa Sinfonia curiosamente rappresenta un'eccezione nella musica veneziana perché è scritta da un veneziano, Antonio Lotti, uno dei più carismatici maestri di quel barocco, però in un puro stile francese.

 

 

Si tratta di una maniera contraddistinta dal ritmo puntato dell'Ouverture, primo movimento, e poi dal ritmo di danza degli altri due, che sono una Sarabanda e un Passepied (o Menuetto). Ma perché Lotti ha scritto in questo stile? La ragione è che nel 1717 il compositore fu invitato da Augusto I, Principe di Sassonia, a recarsi a Dresda per comporre opere. Il Principe però mise una condizione: comporre opere si italiane ma precedute da Ouverture alla francese, poiché quello era il suo genere preferito. Abbiamo quindi pensato che questo sia il pezzo più adatto per iniziare il nostro concerto". Dopo il francese, si prosegue con il veneziano sino alla fine, stile che presenta un grande contrasto tra movimenti Allegri, decisamente brillanti, e Adagi o Larghi dalla grande cantabilità. Questa è la caratteristica principale del nuovo genere d'inizio '700, il concerto per strumento solista, o diversi strumenti, veneziano. Sin dalle prime note si comprende subito di essere al cospetto di un ensemble di altissimo livello, non solo dotato di una splendida pertinenza stilistica ma anche di una connotazione timbrica del tutto particolare. Complice la magnifica acustica del Forum Bertarelli e l'uso di strumenti antichi (o costruiti secondo i criteri dell'epoca), ci ha regalato sensazioni in cui non capita spesso d'imbattersi, eteree. Questo favoloso insieme merita sicuramente qualche cenno biografico più circostanziato, che io attingo a piene mani dal suo sito ufficiale. Chiariamo subito che il nome di "Zefiro", secondo la mitologia greca, indica il Dio dolce e benigno dei venti d'occidente.

 



Nato nel 1989 su iniziativa degli oboisti Alfredo Bernardini e Paolo Grazzi e il fagottista Alberto Grazzi, si è imposto all'attenzione mondiale come un complesso con organico variabile, specializzato in quel repertorio del Settecento in cui i fiati hanno un ruolo di primo piano. Con crescente passione e competenza, in questi anni Zefiro è diventato un punto di riferimento internazionale per il repertorio di musica da camera del '700 e '800, con il valore aggiunto dell'uso di strumenti d’epoca. I suoi fondatori sono anche impegnati nell'insegnamento presso i Conservatori di Musica di Amsterdam, Barcellona, Mantova, Verona, Milano, considerati tra i più validi esecutori nell'ambito della musica antica oltre che stimati solisti di famose orchestre. Zefiro svolge un'intensa attività concertistica nei più prestigiosi festival europei di musica come quello di Amsterdam, Aranjuez, Barcellona, Bonn, Ginevra, Graz, Helsinki, Innsbruck, Liegi, Lione, Londra, Malmö, Manchester, Milano, Monaco di Baviera, Palma di Mallorca, Parigi, Potsdam, Praga, Ravenna, Regensburg, Salisburgo, Stoccarda, Utrecht, Vienna e altri. Ha seguito tournée in Israele, Egitto, Sud America. Cile, Argentina, Uruguay e Brasile nella sola estate del 2004, in Giappone nel gennaio 2005, Canada nel giugno 2006, Corea (settembre 2006) e Stati Uniti (agosto 2007, marzo e giugno 2009). A causa della sua enorme competenza nel genere del barocco, è stato scelto dalla televisione belga per un documentario su Vivaldi.

 



Discograficamente parlando, ha al suo attivo la registrazione di diciotto CD, tra cui le sei sonate di J.D.Zelenka, la musica per insieme di fiati e i divertimenti per fiati e archi di W.A. Mozart, la musica per fiati di L.v. Beethoven, la Water Music di Händel e Telemann, gli arrangiamenti per tredici strumenti a fiato di arie da Opere di Mozart e la pubblicazione dei "Concerti per vari strumenti" e "Concerti per Oboe" di A. Vivaldi. L'Ensemble Zefiro si è anche lanciato nella riscoperta di sconosciuti ma importanti autori di fine Settecento, quali Georg Druschetzky e Luigi Gatti, dedicando loro delle importanti registrazioni discografiche. Sul versante delle loro registrazioni più recenti, pubblicate da Sony Music - Deutsche Harmonia Mundi, segnaliamo i concerti di J. F. Fasch e "The Musick for the Royal Fireworks" di Händel. Alcuni dischi hanno meritato diversi riconoscimenti e premi internazionali, tra cui il "Grand Prix du Disque", il "Premio Nazionale Classic Voice", l'"Editor’s Choice di Gramophone", le "Choc du Monde de la Musique de l’année 2007", il "Diapason d’Or de l’année 2009". La sua attività si divide in tre organici: ensemble da camera, gruppo di fiati (Harmonie) e orchestra barocca spaziando in una grande varietà di programmi, dal vasto repertorio del Settecento, dai concerti a cinque e per strumenti solisti di Vivaldi alle opere teatrali e musica festiva di G.F. Händel. Dalle cantate di Bach alle Messe di Haydn, fino alla musica per fiati di Mozart, Beethoven e Rossini. Credo ce ne sia a sufficienza per decretare la serata del 27 agosto speciale, sotto tutti i punti di vista.

L'Ensemble Zefiro suona quindi con strumenti dell'epoca di Vivaldi, del primo '700, i quali hanno delle caratteristiche peculiari che può essere interessante conoscere. Il clavicembalo è quello che offre la differenza più evidente rispetto al pianoforte moderno, qui le corde invece di essere martellate sono pizzicate, un po' come in un'arpa a tastiera, da cui la denominazione inglese di "Harpsichord". Gli strumenti ad arco, al posto di avere corde di metallo come quelli dell'orchestra sinfonica moderna, dove queste sono in acciaio, le hanno in budello di pecora, materiale che rende un suono, un attacco e un'articolazione piuttosto differenti. Anche gli archetti hanno una forma diversa da quelli moderni, essendo concavi e non convessi come questi ultimi. Particolare che si nota con evidenza nell'archetto del violoncello. Questa foggia consente un'emissione del suono molto differente. I fiati hanno una struttura piuttosto semplice rispetto all'attuale, non c'è un sistema di chiavi implementato sull'oboe, sul fagotto e nemmeno il flauto traverso e il clarinetto antico hanno tutte quelle chiavi. La differenza nella tecnica esecutiva sta nel fatto che con gli antichi le note vengono ottenute da una combinazione di diteggiature. In questo modo la scala dell'oboe e del fagotto antico non è omogenea come nello strumento moderno. Nel '700 questa veniva considerata una qualità in quanto il compositore poteva scegliere una tonalità con delle note particolari, per ottenere una musica forte o aperta, piuttosto che altre per un carattere più chiuso.

 



Gli strumenti moderni hanno invece un sistema di chiavi che rende la scala molto più uniforme e questa duttilità viene un po' persa, anche se hanno un'emissione più potente. Si tratta in ogni caso di strumenti che, per diverse ragioni, sono molto appropriati a questo tipo di repertorio. Alla fine del concerto l'Ensemble Zefiro concede come bis ancora un momento di Antonio Lotti: il Menuetto dalla Sinfonia di "Ascanio ovvero gli odii delusi dal sangue". Il lungo e calorosissimo applauso finale è seguito da un secondo bis: il Largo, Allegro, sempre dalla Sinfonia di Lotti. Chi avrebbe mai detto che un festival nato come celebrazione del pianoforte avrebbe accolto un repertorio barocco così raffinato e splendidamente eseguito? È invece accaduto, dopo un'evoluzione che ha condotto alla rincorsa prima del genere cameristico e poi del sinfonico. Si completa così la propensione dell'Amiata Piano festival ad abbracciare generi ed ensemble tra i più differenti, senza mai però dimenticare che le sue origini sono radicate sullo strumento a ottantotto tasti. Zefiro ha portato al Forum Bertarelli una ventata di positiva vitalità, il suo è un barocco terso, dalle tinte scintillanti, capace di esaltare i valori più autentici di questa stagione della musica. Sono state suonate opere che puntano a meravigliare l'ascoltatore con funambolici virtuosismi, insieme sorprendendolo con attacchi fulminei e repentini cambi di tempo. Si tratta di una musica che reca in se anche uno sviluppato senso dell'improvvisazione, quasi a gettare un ponte tra la sua epoca e le più avanzate avanguardie del '900.


INTERVISTA AL MAESTRO ALFREDO BERNARDINI

 



Alfredo Di Pietro: Caro maestro, iniziamo dal nome che è stato dato a questa bellissima formazione: "Zefiro", nella mitologia greca personificazione del vento di ponente. Immagino contenga un emblematico messaggio per l'ascoltatore?

Alfredo Bernardini: Abbiamo scelto il nome Zefiro prima di tutto perché è un vento benigno. Un vento d'occidente, come lo siamo noi, e anche noi vorremmo tanto essere benigni. Un vento perché gli strumenti a fiato sono quelli che caratterizzano di più il nostro gruppo, anche se volentieri suoniamo anche con gli strumenti ad arco e il clavicembalo.

ADP: L'ensemble è stato fondato nel 1989 da lei, dall'oboista Paolo Grazzi e il fagottista Alberto Grazzi, con l'intenzione di formare un complesso con organico variabile specializzato nel repertorio barocco. La vostra attività si divide in tre organici: ensemble da camera, gruppo di fiati (Harmonie) e orchestra barocca. Il concetto di "variabilità" implica anche quello di una grande elasticità nell'adattarsi al repertorio. Come siete riusciti a raggiungere un grado così elevato di capacità integrativa?

AB: Noi abbiamo cominciato come gruppo di musica da camera, con due oboi, fagotto e basso continuo. Questo ci ha lanciati in un certo repertorio, piuttosto limitato, che poi abbiamo ingrandito formando il gruppo di fiati Harmonie, orientato verso il periodo di fine '700. Anche in questo caso non si tratta di un repertorio immenso e allora abbiamo pensato di fondarci anche come orchestra barocca, abbracciando così un ambito di opere molto più vasto. Si tratta di tre formazioni piuttosto differenti, nonostante si parli solo di musica del '700. Questa è la nostra vera specializzazione, la quale copre un lasso temporale che va dal 1700 al 1800 e poco più. Da una parte può sembrare un limite il fatto di specializzarsi in un secolo di musica, ma ce n'è talmente tanta e così varia che ne abbiamo le mani piene. Riteniamo che un po' di specializzazione sia necessaria per poter veramente approfondire tanto la tecnica quanto lo studio di questa musica.

ADP: Il barocco è un'affascinante e prolificissima corrente artistica diffusasi in Europa tra il XVII secolo e la prima metà del XVIII secolo. Tra le sue caratteristiche specifiche c'è l'uso dell'ornamentazione in funzione anche melodica e l'uso del basso continuo. Tra gli elementi espressivi riconosciamo i repentini cambi di tempo, i passaggi di grande virtuosismo strumentale che richiamano un forte senso dell'improvvisazione e la sua straordinaria vitalità. Al di là di queste schematizzazioni, come in realtà l'Ensemble Zefiro vive questa musica?

AB: "Barocco" è un termine posticcio, nel senso che indica una musica carica di ornamentazioni, di decori. In altri momenti la si chiama musica "antica". Quest'ultima però è una denominazione molto limitativa perché, in verità, credo che quello che fa vivere il barocco come sempreverde, una cosa cioè che tocca sempre molto le persone, è il fatto di essere una musica in grado di risvegliare e rappresentare le emozioni umane e, finché queste ci saranno, il barocco rimarrà attuale. Uno dei nostri obiettivi principali è quello di renderla sempre attuale, come se fosse stata scritta ieri, guardandoci bene dal fare un'esecuzione ingessata, semplicemente scientifica. Si tratta di una musica estremamente viva, vitale, e così vorremmo renderla.

ADP: In questi anni siete diventati un punto di riferimento per il repertorio di musica da camera del '700 e '800 con strumenti d’epoca. La vostra fama è estesa in ambito internazionale e siete presenti nei principali festival europei di musica. Zefiro inoltre è stato scelto dalla televisione belga per un documentario su Vivaldi, dal punto di vista discografico avete al vostro attivo la registrazione di 18 CD. Qual è il segreto del successo, oltre alla vostra indiscutibile bravura, di questa bellissima musica e perché, nonostante dopo oltre tre secoli è ancora così viva nel cuore delle persone?

AB: Il successo non è mai stato il nostro obiettivo, anche se a noi fa piacere avere un'attività che ci permette di occuparci a tempo pieno e studiare per bene la musica. Per l'ensemble, fonte di grande lavoro è lo studio del repertorio dal punto di vista strettamente teorico e, successivamente, il completamento con l'intuito musicale, un ingrediente che è sempre necessario per rendere la musica viva.

ADP: Maestro, mi piacerebbe approfondire con lei l'argomento "strumenti d'epoca", dell'ammaliante timbro che riuscite a esprimere in ogni occasione. Nella serata del 27 agosto già dalle prime note era come entrare in una "quarta dimensione", i vostri strumenti hanno emesso un suono timbricamente etereo e dai colori vivaci, seppur delicati, che raramente è dato di ascoltare nei programmi concertistici.

AB: Devo dire che suonare in quella sala ci ha dato una particolare motivazione. Ha un'acustica meravigliosa e soprattutto è un posto dove si suona volentieri. Questa è una cosa che conta molto per ispirarsi. È anche vero che i nostri strumenti hanno delle sonorità molto diverse da quelli moderni. Probabilmente non sono altrettanto potenti ma hanno una notevole capacità di amalgamarsi tra loro, quindi un oboe e un violino all'unisono diventano un timbro unico e molto particolare. Lo stesso avviene per il fagotto insieme con il violoncello. La ragione della scelta di suonare con strumenti antichi è proprio dettata da questo speciale timbro degli strumenti ad arco con le corde di budello e degli strumenti a fiato in legno, che sono un pochino più leggeri e con caratteristiche piuttosto differenti dai moderni. Per la musica che eseguiamo (del '700), riteniamo che siano questi i timbri più convenienti, quelli in cui si riesce a rendere di più rispetto agli strumenti moderni. Poi, naturalmente, ci sono persone che suonano benissimo con gli attuali, non è un credo ma una convinzione il fatto che sia più facile rendere bene questa musica usando gli strumenti d'epoca.

ADP: Nel vostro repertorio figurano anche composizioni per fiati di Mozart, Beethoven e Rossini. In particolare riferimento a questi ultimi due, quali sono le maggiori difficoltà che s'incontrano nella loro interpretazione, per un ensemble principalmente votato alla musica barocca?

AB: Più si va avanti nella storia della musica più i compositori lasciano nella partitura informazioni dettagliate. Quindi, dal punto di vista interpretativo, è anche più facile rispetto alla musica barocca poiché questa ti lascia molte più domande in sospeso, proprio perché sono segnate meno cose sullo spartito. In particolare riguardo la dinamica, l'articolazione e anche l'ornamentazione. Nella classica un compositore come Mozart è molto più dettagliato, inizia a scrivere i "crescendo", i "diminuendo" e una paletta dinamica molto più grande. Perciò quello che bisogna fare è seguire bene le indicazioni che ci sono già. Alcune cose nella musica del tardo '700 sono chiaramente contrastanti rispetto alla precedente, com'è naturale che sia, dato che ogni nuova generazione ha voluto cambiare qualcosa per distinguersi dalla passata. I timbri degli strumenti all'epoca di Mozart, per quanto questi siano simili a quelli barocchi, puntano più sull'individualità invece di amalgamarsi tra loro. È un approccio per alcuni versi simile, per altri piuttosto contrastante rispetto al barocco. Così anche per Beethoven, che è agli albori del romanticismo e si colloca una generazione dopo Mozart. la sua musica assume un carattere antitetico rispetto all'epoca classica.

ADP: Alcuni vostri CD hanno ricevuto importanti riconoscimenti e premi internazionali, tra cui il "Grand Prix du Disque", il "Premio Nazionale Classic Voice" e il "Diapason d’Or de l’année 2009". L'impegno che profondete anche in campo discografico mi da il destro per chiederle qual è secondo lei la principale differenza di approccio "emozionale" tra l'evento cosiddetto "live" e lo studio di registrazione.

AB: È una domanda interessante. Quando si è in studio di registrazione, avendo la possibilità di ripetere più volte, si cerca di raggiungere la perfezione sotto tutti gli aspetti, in particolare quelli tecnici. Il rischio è che venga a mancare un po' la freschezza, lo spontaneismo e anche l'emozione del concerto. Il "live" è notoriamente meno preciso di una registrazione in studio, soffre di limitate possibilità di montaggio, però in tutte le occasioni di concerti ben riusciti si percepisce l'emotività del momento, la freschezza. Qualche nostro disco è stato ripreso dal vivo, con pochissime correzioni fatte immediatamente dopo il concerto. Parlo della "Water Music" per esempio, che è stato un disco di grande successo. In effetti si, se si può optare per il live è meglio. Quello che noi cerchiamo nelle registrazioni in studio è di limitare il più possibile le prese e di fare in modo che la prima sia subito la migliore. Spesso accade proprio questo, che la prima risulta più musicale, poi magari si vuole correggere una notina che è venuta un po' "storta" ma si perde in spontaneità. È un po' un atteggiamento da parte dei musicisti quello di non suonare una prima versione da buttare via ma, sin dall'inizio, fare un "take" di qualità.

ADP: Può anticiparci qualcosa sui futuri impegni dell'Ensemble Zefiro?

AB: Il prossimo è un anno che ci vedrà parecchio occupati perché avremo delle tournée piuttosto lunghe e importanti, una in Olanda, una in Nuova Zelanda e tanti concerti in giro per l'Italia e l'Austria. Suoneremo un'Opera di Fux per aprire il Festival Styriarte di Graz, un progetto impegnativo perché non facciamo spesso produzioni operistiche, ma siamo contenti in quanto si tratta di un'Opera dove si utilizzano molti strumenti dell'epoca. Inoltre registreremo a breve, il mese prossimo, tutti i Concerti Brandeburghesi di Bach mentre l'anno scorso abbiamo pubblicato le sue Suite per orchestra per l'etichetta Arcana. Questa si è dichiarata molto soddisfatta dell'album e ci ha chiesto di registrare anche i Brandeburghesi.

Alfredo Di Pietro

Settembre 2017


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