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giovedì 28 marzo 2024 ..:: PianoSofia 2022 - Il dono ::..   Login
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 PianoSofia 2022 - Il dono Riduci


 

INTRO

In una mia intervista fatta al maestro Francesco Libetta nel marzo 2019, una delle domande recitava: "... Crede nel concetto del pianista baciato da Dio oppure ciò che si dimostra sulla tastiera di un pianoforte ritiene sia frutto di un durissimo lavoro quotidiano, raggiungibile più o meno da chiunque lo voglia fortemente?" La sua risposta fu per me molto significativa: "Dono del Cielo, oppure duro lavoro. Le due cose sono perfettamente compatibili. Perché dobbiamo usare una disgiuntiva: "oppure"? Se Dio consegna un talento, la prima cosa che si fa è farlo fruttare, cioè lavorare. Chi non è capace di lavorare pensa che si tratti di un lavoro duro; ma se in realtà tutti i lavori sono duri quando sono fatti controvoglia, è anche vero che tutti i lavori sono piacevoli quando a spingere all'azione c'è una forma di amore. Io credo anche nei pianisti dotati da Madre Natura di tutte le doti necessarie, i quali hanno lavorato moltissimo, e che poi amano ostentare a chi li osserva una natura oziosa, e una vita da vacanzieri. Ho alcuni amici così, e trovo che siano pose molto divertenti, a volte autoironiche ma… non è vero niente. Bisogna studiare." La riflessione del maestro Libetta mi sembra un ottimo modo per introdurre il tema sviluppato nel quarto appuntamento di PianoSofia 2022, "Il dono". Ecco che le doti individuali, il talento, termini nell'immaginario collettivo certamente suggestivi, rappresentano un punto di partenza per una serata molto particolare, differente dalle altre, dove si è messo insieme l'aspetto scientifico con l'artistico. Un argomento che molti di noi (e a giusta ragione) ritengono da addetti ai lavori, poi analizzato da Alice Mado Proverbio.

Luca Ciammarughi

È stata lei a introdurre il pubblico nelle segrete stanze del cervello umano, un percorso non facile da battere ma che la studiosa ha reso piano semplificando dei concetti di per sé impegnativi. Ha toccato, mostrando una notevole abilità divulgativa, termini scientifici come corteccia motoria, stimolazione tattile, esercizi motori bimanuali complessi e altro. Anche se il titolo "Il dono" dato a quest'appuntamento del 5 ottobre potrebbe apparire un po' ermetico, bisogna riconoscere che è molto stimolante perché declinabile in tanti modi diversi. Il dono può essere naturalmente quello del musicista, il suo talento, la mente musicale e il cervello, quest'ultimo un tema estremamente affascinante e ancora oggi avvolto da un certo mistero. Un dono è anche il mecenatismo musicale, aspetto approfondito da Eric Veron, anima del Premio Alkan. C'è uno stretto collegamento tra il fondatore della società specializzata in sviluppo immobiliare industriale Vailog e questo premio pianistico internazionale. Veron ha un curriculum di tutto rispetto. Nato in Olanda e cresciuto tra Francia e Italia, si è laureato con lode in economia e finanza all'Essec di Parigi, lavorando poi negli Stati Uniti, in Francia, nei Paesi Bassi, in Portogallo e in Cina. Nel 2003 si è trasferito in Italia, è stato eletto deputato al Parlamento francese nel 2013 e, un anno dopo, nel 2014, ha assunto il ruolo di consigliere regionale del partito liberale di Jean-Louis Borloo, in rappresentanza dei francesi all'estero. Entrato a far parte del Lrem di Emmanuel Macron, nel 2018 ha creato l'associazione "European Point it".

Ma cosa c'entra tutto questo con il pianoforte? A ben vedere Eric Veron si occupa di attività che nulla hanno a che fare né con la filosofia né con la musica, ma un ultimo dato biografico giustifica la sua presenza in questa serata: la sua grande passione per il pianoforte, talmente grande da averlo portato a organizzare dal 2017 il Concorso Internazionale Premio Alkan per il virtuosismo pianistico. Ma i nessi non si fermano qui. La presente edizione di PianoSofia ha accolto due vincitori di questo premio: Giovanni Bertolazzi, trionfatore nel 2019, e Sofia Donato, vincitrice quest'anno del premio speciale F. Chopin. Il primo è stato protagonista dell'ultimo recital del ciclo, avvenuto nella Casa degli Artisti, mentre la seconda ha suonato nella cornice di Villa Litta Modignani (parleremo ampiamente anche di questa stella nascente del pianismo). Con queste premesse, si capisce bene come Franz Liszt sia una figura degna d'inserirsi a pieno titolo nella tematica de Il dono. Diverse sono state, infatti, le composizioni di quest'autore eseguite da un lisztiano DOC qual è Giovanni Bertolazzi, un pianista che, nonostante la giovane età (24 anni), è già riconosciuto come uno dei maggiori interpreti del genio ungherese nella nostra epoca. Franz Liszt fu un compositore davvero speciale, estremamente generoso nell'occuparsi anche dei propri colleghi, per esempio dell'appena scomparso Franz Schubert, la cui musica si curò di divulgare attraverso le trascrizioni per pianoforte dei Lieder. Diffuse molta altra musica, compresa l'operistica, con un'attitudine da autentico "Kulturmensch", uomo di cultura a 360°. Oggi lo ricordiamo soprattutto come sommo virtuoso di pianoforte, itinerante per dieci anni della sua esistenza.

Silvia Lomazzi

Ma la vita di Liszt fu in realtà molto più che quella di un virtuoso in tournée (nel periodo tra il 1830 e il 1840). Dotato di un'impressionante cultura letteraria, che emerge dal primo brano in programma, Après une lecture du Dante. Fantasia quasi Sonata S. 161, conoscenza della filosofia, della storia e delle religioni. Insomma, un uomo veramente eccezionale che va conosciuto molto più a fondo di quanto comunemente si faccia. Oggi dalla sua musica ne percepiamo la grandezza, ma il suo carisma ed energia dovevano essere un qualcosa di veramente impressionante, apprezzabili proprio nel contatto dal vivo. Il Centro Teatro Attivo di Milano ha partecipato alla serata con la declamazione di alcune liriche da parte del talentuoso Manuel Bonvino. In conclusione di questa lunga introduzione, possiamo affermare che una cosa sopra tutte ha rincuorato i Direttori Artistici e noi tutti: PianoSofia cresce in notorietà e partecipazione di pubblico, un dato di grande interesse e per certi versi sorprendente, vista la sua specializzazione e la proposta di tematiche filosofiche che presuppongono un certo retroterra culturale. Ma la complicazione, l'arroccamento su posizioni intellettuali elitarie non è nelle corde del Festival milanese, poiché in ogni argomento è chiaramente percepibile la volontà di avvicinarsi ai partecipanti, operare un'amichevole divulgazione piuttosto che ostentare un predominio culturale che s'impone dall'alto. Dal canto suo la parte musicale, non meno importante della filosofica, aiuta a entrare nello spirito dei concetti, ne agevola l'integrazione nel flusso musicale.

Una rassegna questa, dice Luca Ciammarughi, che si sarebbe potuta chiamare anche PianoFollia perché nata in piena pandemia, durante la prima ondata del 2020. L'idea che sin dall'inizio la muoveva era cercare di riportare la musica e la nostra quotidianità a volare alto, verso un pensiero che trascendesse quell'attitudine un po' materialistica che tutti noi abbiamo manifestato durante la pandemia da COVID-19. Forse un'àncora per tenerci fermi al fondale del vivere quotidiano, per sentirsi a contatto con l'elemento della materia. Ciammarughi stesso ha confessato di aver avuto un piacere inusitato nel fare la spesa, una delle rarissime cose che gli consentiva di uscire da casa in quel periodo. È importante ricordare che il pensiero non è una cosa snob ma un vero e proprio piacere, come lo è quello dei sensi. Questa è la geniale idea che ha condotto con successo crescente PianoSofia sino alla terza edizione: dare una serie di concerti in cui ognuno sottendesse una precisa tematica. Un terzo elemento presente è quello poetico; i Direttori Artistici hanno avuto il desiderio di aggregarlo nel Festival perché la poesia, con il suo procedere tra la veglia e il sogno, può rappresentare una prospettiva diversa del mondo, riscoprendolo con uno sguardo più intuitivo, che in fondo si avvicina anche alla musica.




DIALOGO A TRE CON ALICE MADO PROVERBIO, ERIC VERON E SILVIA LOMAZZI



Alice Mado Proverbio, in questa serata traghettatrice del pubblico verso lidi scientifici, è una professionista laureata in Psicologia sperimentale all'Università di Roma "La Sapienza" e dottore di ricerca in Psicologia. Si è specializzata presso il Center for Neuroscience dell'Università di California diretto da Michael Gazzaniga. Nel 1995 è stata chiamata come Ricercatore all'Università di Trieste, dove ha guidato il Laboratorio di Elettrofisiologia dal 1996 al 2001. Dal 2001 è Professore associato all'Università di Milano-Bicocca, dove insegna Neuroscienze Cognitive. Nel 2003 ha fondato il Laboratorio di Elettrofisiologia cognitiva dell'ateneo milanese. Già facente parte del Consiglio direttivo della Società Italiana di Psicofisiologia, è membro ordinario della Society for Neuroscience. Notevolissimo il suo "carnet" bibliografico, avendo al suo attivo cento pubblicazioni e un indice Hirsch di 29. È autrice del manuale The cognitive electrophysiology of mind and brain, e di numerosi testi universitari come Metodi strumentali nelle Neuroscienze cognitive, Elettrofisiologia della Mente e Psicofisiologia Cognitiva. Eric Veron esordisce mostrandosi fiero di sostenere i giovani pianisti, in particolare Giovanni Bertolazzi; se il tema della serata è il dono, il talento, lui sicuramente lo incarna nella sua massima espressione Il dono è anche quello che lui ci dà stasera, con il suo corpo e la sua anima. Sono proprio questi che l'interprete intende elargire al pubblico. Un dono che assume particolare rilevanza quando viene scambiato: l'artista dà e contemporaneamente riceve emozioni da chi ascolta.

Eric Veron

Un dare/avere che coinvolge non solo l'interprete sul palco ma anche tutta una serie di figure che hanno collaborato affinché lui potesse esprimersi, parliamo dei Direttori Artistici, degli organizzatori. Si crea allora un flusso nell'ambito della rappresentazione musicale, nella "Soirée musicale", visto che parliamo di Franz Liszt. Senza questo scambio non possono esistere né cultura né coinvolgimento emotivo. Si tratta di uno sguardo che illumina questo prisma caleidoscopico mediante le connessioni tra cervello ed emozioni, tra pratica musicale e neuroplasticità, tra le corrispondenze delle sinapsi cerebrali e il talento musicale dei giovani concertisti. La scienza, come la musica procede con creatività ideativa e anche quest'ultima ha bisogno di rigore e di tecnica. Un doppio binario che Silvia Lomazzi ritiene molto stimolante in qualità di studio teso a creare un ponte tra scienza e musica, dove vengono coinvolti un contesto culturale, l'attitudine individuale, il talento e l'esercizio. Ma quali fattori sono cruciali nel determinare il successo di un musicista d'elite? Secondo Alice Mado Proverbio, l'approccio scientifico è naturalmente meno poetico della letteratura, del talento interpretativo, i quali sono poco quantificabili. Gli scienziati hanno cercato di comprendere quali siano i geni che controllano l'attitudine musicale e se eventualmente i fattori ambientali possano spiegare naturalmente il successo di un musicista.



Effettivamente sembra che sia così. Per fattore ambientale s'intende innanzitutto il poter disporre di una scuola di musica di qualità, un conservatorio che consenta lo sviluppo del proprio spirito musicale con degli insegnanti sufficientemente buoni, il fatto di poter esercitarsi, andare a teatro. Sono tutti elementi che incidono tantissimo. È stato dimostrato che i geni, effettivamente esistenti, deputati a codificare quegli aspetti inerenti a una maggior capacità nella professione musicale, in realtà contano molto poco, circa il 26% secondo studi fatti su popolazioni di gemelli che hanno preso in considerazione migliaia di casi monozigoti e dizigoti, tutti musicisti. Alcuni che vivono nella stessa famiglia, altri separati, abitanti in famiglie e città diverse. Si osserva il ruolo dei geni rispetto ai fattori ambientali, che risultano contare tantissimo. Ci sono delle nozioni che la scienza ci racconta, parlando di geni che regolano la sensibilità uditiva, il famoso gene GATA2, c'è l'α-sinucleina, insomma qualcosa esiste che regola la motivazione, elemento importantissimo per un musicista. È fondamentale la capacità quasi ossessiva di raggiungere il proprio obiettivo con grande sacrificio e impegno, venendo ricompensati dalla Dopamina, la quale gratifica questo sforzo costante che, come sappiamo benissimo, dura tanti anni. Alla base sono sicuramente necessarie una motivazione e una passione molto forti. Sussistono naturalmente anche aspetti più specifici come l'abilità motoria di coordinazione, uditiva, di attenzione, memoria e tantissime altre cose, però possiamo affermare che l'aspetto ambientale è in questo senso prevalente.



Alice Mado Proverbio parla di uno studio molto interessante, il quale ha rivelato che la predisposizione genetica non sortisca alcun effetto se poi non è seguita dall'impegno individuale. Questa ricerca molto bella è stata fatta trascrivendo e analizzando il patrimonio genetico delle persone e osservando come i geni sintetizzino le proteine, operazione a loro affidata. Avendo dunque identificato quei quarantacinque geni associati all'attitudine musicale, i neuroscienziati hanno cercato di capire se l'impegno individuale aumentasse la trascrizione di questi geni, cioè l'effetto dell'avere quei geni rispetto a chi invece non pratica e ascolta la musica. Si è visto in realtà che ascoltando e suonando, questi geni si esprimevano in maggior misura. Quindi non basta avere magari qualche inclinazione specifica per il suono. Ci sono persone che hanno un'estrema sensibilità uditiva, ma questo non vuol dire che possano diventare degli ottimi musicisti. È lecito dire che gli aspetti fondamentali sono legati alla personalità, anche la resilienza riveste grande importanza, vale a dire la capacità di resistere alle frustrazioni, di sopravvivere ai drammi, questo è certamente uno dei fattori preponderanti. Influenti sono anche la costanza, la perseveranza e un elemento che spiega moltissimo lo sviluppo della musicalità, cioè l'essere aperti a nuove esperienze, il non essere troppo cauti di fronte alle eventualità. Potrà sembrare paradossale ma, i musicisti lo sanno benissimo, bisogna osare, affrontare situazioni inedite. Questi sono i fattori che maggiormente spiegano il successo di un musicista, inteso come quantificazione scientifica; si va a vedere, per esempio, il numero di premi ricevuti, la posizione nei concorsi, i voti conseguiti.



È possibile allora trattare questo tema andando a osservare appunto la relazione tra predisposizione e fattori ambientali. Un altro argomento molto interessante è quello dell'orecchio assoluto, una qualità non consequenzialmente collegata con la musicalità ma a sé. Anzi può avere addirittura un risvolto in certi casi negativo, risultando paralizzante. Si narra di un Mozart settenne che disse al suo amico Schaffner: "Però, se tu hai il violino accordato come l'altra volta, con un quarto di tono sotto, è meglio", invitandolo a sistemare l'intonazione. Lui possedeva l'orecchio assoluto, mentre Schumann o anche Wagner non l'avevano, questo non gli ha però impedito di essere dei grandi compositori. Chi lo possiede ha la particolarità di riconoscere l'altezza assoluta di un suono, meglio se sinusoidale, senza l'ausilio di uno strumento di riferimento, come può essere il diapason. L'accordatura del "la" non a 440 cicli ma più alta o più bassa, e nettamente percepibile da queste persone. Una capacità, afferma Silvia Lomazzi, che può essere considerata come un Giano bifronte, ma può essere senz'altro esercitata soprattutto in tenera età. Non si tratta di un'abilità musicale e la maggior parte dei musicisti non hanno l'orecchio assoluto, che è più associato ai tratti di personalità ossessive, estremamente perfezionistiche e di altissima capacità analitica. Individui che arrivano in certi casi a mostrare tratti autistici nel loro poter analizzare un oggetto con somma minuziosità. Va detto che l'orecchio assoluto si basa su un apprendimento molto precoce della relazione tra suoni ed etichetta verbale, cioè i nomi delle note.

Alice Mado Proverbio

Non si nasce con questo, ma bisogna che sin da piccoli si sia costantemente abituati a sentire il suono e sapere la nota corrispondente, il tutto ricade dunque nella categoria dell'apprendimento. L'altra questione è che tale sensibilità ai suoni assoluti è associata a differenze anatomiche, poiché è stato riscontrato che i suoi possessori presentano una regione della corteccia temporale sinistra molto più sviluppata della norma e, a fronte di questa particolarità, hanno invece una minor quantità di connessioni sinaptiche nell'emisfero cerebrale destro. Ritornando alla musica, che significato ha tutto questo? Siccome l'emisfero destro è più bravo nel riconoscere gli oggetti, quindi le melodie, gli accordi, le frasi, capacità che non rientra evidentemente nelle abilità musicali, chi ha tale particolarità anatomica è più in grado di discriminare i microtoni. Siamo quindi nell'ambito di una destrezza acustica, non strettamente musicale, che può essere molto pregiata ma sostanzialmente misteriosa per gli individui comuni, più o meno come avere un sesto senso. Sappiamo facilmente dare un nome ai profumi, ai colori, però farlo con i suoni è un qualcosa di molto più complesso. Ci sono alcune aree musicali del nostro cervello che non sono invece al nostro servizio. Per esempio, il fatto che a un pianista non riesca un certo passaggio dipende dalla volontà di effettuare un movimento che è in contrasto con le sue intenzioni, in tal caso si verificano dei disallineamenti musicali di un certo tipo. Un limitatissimo numero di persone è in possesso di tutte le qualità; a livello cognitivo ed emotivo coesistono aspirazioni, capacità, senso critico, il gusto e anche le opportunità, tutti parametri che creano una grande complessità e che fanno arrivare solo pochissime persone a livelli molto alti.



A questo punto è opportuno chiedersi quali siano gli effetti neuroplastici cerebrali indotti dallo studio intensivo di uno strumento musicale. Sono macroscopici, oggetto di quelle neuroscienze che in campo musicale prendono in esame il cervello. Il musicista professionista che deve gestire un'abilità motoria molto elevata, necessita di modificazioni neuroanatomiche che riguardano diverse aree del cervello. Innanzitutto la corteccia motoria, cioè quella parte dell'encefalo che controlla le mani (come per i cantanti l'apparato vocale), la quale aumenta di volume e, a seconda del tipo di strumento, induce delle modificazioni diverse. I due emisferi del nostro cervello sono molto simili, ma è interessante constatare nei suonatori di strumenti ad arco una differenza enorme poiché nel violino, viola, violoncello e contrabbasso si usa prevalentemente l'emisfero destro, sia per i movimenti di precisione compiuti dalla mano sinistra che per quelli più prossimali di spalle e braccia. Si tratta dunque di due cervelli diversi che suonano. Il corpo calloso, questo fascio di fibre che collega i due emisferi, diventa molto più spesso nei musicisti, soprattutto nella parte anteriore perché deve trasferire ad altissima velocità le informazioni da un emisfero all'altro, necessarie per coordinare le due mani. I gangli della base, che si trovano sotto il cervello, danno l'avvio al movimento e inibiscono quelli non necessari, controllano la complessità dell'inibizione dei muscoli antagonisti. Il cervelletto assume grande rilevanza per la fluidità del movimento e la temporizzazione. Sono tutte regioni che si espandono, che aumentano le proprie connessioni sinaptiche.



Importantissimi sono poi i neuroni specchio audio-visuo-motori. I musicisti formano queste connessioni inedite, che altre persone non hanno, proprio perché la loro funzione consiste nel generare azioni associate a suoni. Suonare, infatti, significa proprio produrre dei suoni tramite particolari azioni. Il cervello quindi si trasforma per diventare super-abile nella capacità di eseguire delle azioni finalizzate alla produzione di suoni, nelle quali sono coinvolte tantissime regioni del cervello. Non meno importante è quella uditiva, anch'essa sottoposta a notevoli modifiche; va da sé che l'udito è assolutamente fondamentale per un musicista. È stato osservato che nella regione deputata a codificare l'udito si verifica un'espansione di mezzo centimetro cubico, può sembrare poco ma al suo interno ci sono 25 milioni di cellule uditive e 150 miliardi di connessioni sinaptiche in più, ci aspettiamo quindi che i musicisti codifichino i suoni in maniera molto più sofisticata degli altri individui, grazie proprio a quest'enorme capacità computazionale. Ci sono in realtà tante altre cose che si modificano, ma queste sono le strutture coinvolte in modo macroscopico negli effetti neuroplastici.


TESTI POETICI DECLAMATI DA MANUEL BONVINO, ALLIEVO DELL'ACCADEMIA DI FORMAZIONE PER ATTORI DEL CENTRO TEATRO ATTIVO DI MILANO



Biancamaria Frabotta: Gemina Juvant

Johann Wolfgang von Goethe: A Werther


FRANZ LISZT CONSEGNATO DALLE MANI DI GIOVANNI BERTOLAZZI
UN CONCERTO AL CALOR BIANCO

Franz Liszt (1811 - 1886)
- Da Années de pèlerinage - Deuxième année: Après une lecture du Dante. Fantasia quasi Sonata S. 161
- Studio da concerto N. 3 in re bemolle maggiore "Un sospiro" S. 144
- Studio trascendentale N. 12 in si bemolle minore "Chasse-neige" S. 139
- Totentanz. Parafrasi sul Dies Irae S. 525

Franz von Vecsey (1893 - 1935)/Georges Cziffra (1921 - 1994)
- La Valse triste

Franz Liszt
- Rapsodia Ungherese N. 2 in do diesis minore S. 244

Bis
- Manuel De Falla: dal balletto El amor brujo: Danza ritual del fuego
- Franz Liszt: Étude S.140 N. 3 "La campanella"
- Johann Sebastian Bach: dalla Terza Suite per orchestra in re maggiore BWV 1068: "Aria sulla quarta corda" (Trascrizione pianistica di Alexander Siloti)

Giovanni Bertolazzi, pianoforte.




Accetto il rischio di cadere in quelle che Pier Paolo Pasolini definiva "banalità linguistiche della biografia" e mi soffermo sul curriculum artistico di questo giovane pianista, convinto che sarà d'aiuto per comprenderne meglio la statura. Nato a Verona nel 1998, Giovanni Bertolazzi si è avvicinato al pianoforte da bambino, crescendo in una famiglia particolarmente interessata alla cultura, all'arte e alla musica. La sua formazione ha inizio presso nella scuola pianistica di Epifanio Comis, presso l'Istituto Superiore di Studi Musicali "Vincenzo Bellini" di Catania, dove ha conseguito il diploma accademico di II livello con 110, lode e menzione speciale. Nel corso dei suoi studi ha frequentato diverse masterclass, tenute da illustri pianisti e pedagoghi come Lily Dorfman, Joaquín Achúcarro, Matti Raekallio, Violetta Egorova, Boris Berezovsky, Stephen Kovacevich e Jean-Efflam Bavouzet. Molto ricco è il suo carnet di riconoscimenti: ha vinto più di quaranta premi in concorsi pianistici internazionali, tra cui il 1° Premio al Concorso "Siegfried Weishaupt" di Ochsenhausen (2017), il 1° Premio al Concorso Internazionale "Sigismund Thalberg" di Napoli (2018) e il 4° Premio al Concorso Internazionale "Ferruccio Busoni" di Bolzano (2019). Sempre nel 2019, a giugno, ha ricevuto a Milano il Premio Alkan per il virtuosismo pianistico. Dal gennaio 2020, è sostenuto artisticamente dall'Associazione Culturale "Musica con le Ali", mentre nel luglio 2022 è stato insignito del premio con il Tabor Foundation Award, riconoscimento assegnatogli dalla Verbier Festival Academy in occasione del Verbier Festival.



Da lì la sua carriera artistica prende il volo, si è esibito in importanti sedi tra cui il Teatro La Fenice di Venezia, Palazzo Pitti di Firenze, Teatro Politeama Garibaldi di Palermo, Teatro Bellini di Catania, Palazzo del Quirinale a Roma, Sala Verdi del Conservatorio di Milano, alla "F. Liszt" Academy of Music di Budapest, Liszt Ferenc Memorial Museum a Budapest, Landesmusikakademie di Ochsenhausen, Kadrioru Kunstimuuseum di Tallinn, Steinway Hall a Londra. È stato inoltre ospite di prestigiose organizzazioni musicali come Serate Musicali di Milano, Amici della Musica di Padova, Bologna Festival, Amici della Musica di Firenze, Verbier Festival, Cziffra Festival di Budapest, nel quale è stato anche invitato a registrare un programma dedicato a Beethoven e Liszt per Bartók Rádió. Una particolarità: è stato il protagonista della presentazione ufficiale al pubblico del pianoforte da concerto più lungo al mondo, il Borgato Grand-Prix 333 (strumento che ho avuto modo di apprezzare in tutto il suo splendore nel concerto tenuto da Francesco Libetta al Teatro degli Illuminati di Città di Castello il 12/09/2021). Tra gli eventi più salienti della sua carriera vi sono i concerti con l'Orchestra Filarmonica Ungherese, l'Orchestra del Teatro la Fenice, l'Orchestra del Teatro Massimo Bellini e l'Orchestra Sinfonica Siciliana, dirette rispettivamente dai Maestri Gergely Vajda, Maurizio Dini Ciacci, Epifanio Comis, Daniel Smith. Di recente, nell'aprile 2022, è stato realizzato il suo nuovo disco, dedicato interamente alle musiche di Franz Liszt e pubblicato da Borgato Collection.



Un album registrato su un pianoforte Borgato Grand-Prix 333 e premiato con il "Supersonic Pizzicato Award" dalla rivista lussemburghese Pizzicato. L'anno scorso Giovanni Bertolazzi è risultato vincitore del 2° Premio e di 5 premi speciali al Concorso Pianistico Internazionale "Franz Liszt" di Budapest, il più importante al mondo dedicato al compositore ungherese, insieme a quello di Utrecht, che vede partecipare talenti provenienti da tutto il mondo. Ripensando a quanto detto da Mado Proverbio, si può ammirare con maggior cognizione la straordinaria destrezza manuale di Giovanni Bertolazzi, quella stessa che, motoriamente, è da ricondurre alle sue circonvoluzioni cerebrali. Tuttavia, ciò che sfugge a ogni analisi scientifica è la poesia che questo giovane è in grado di esprimere. Va da sé che per affrontare degnamente il virtuosismo di stampo lisztiano occorre avere dimestichezza con tutti i suoi funambolismi: parliamo di cluster poliaccordali, scale veloci, salti arditi, tremoli portati sino alla fibrillazione, ottave semplici e doppie, ottave spezzate con una o due mani, il famoso (per alcuni famigerato) pianismo "a tre mani", passaggi d'agilità a iosa, sovrapposizioni di mano, passaggi per terze e seste, accordi a piene mani e vertiginosi glissando. Insomma, un repertorio da far tremare le vene e i polsi. Ma per un pianista come il nostro, queste difficili tecniche sono alla fine soltanto un mezzo per estrinsecare quelle emozioni con cui Liszt voleva folgorare l'ascoltatore.



Tale è il virtuosismo che il nostro ha dimostrato in quest'appuntamento, che si potrebbe encomiarlo solo per quello (perché no), certamente conquistato con un duro e incessante esercizio quotidiano. Per ritornare a un concetto che ho espresso nel primo appuntamento di questa rassegna, attribuito ad Adam Laloum, anche qui possiamo parlare di un virtuosismo "virtuoso", nel caso di Liszt quasi obbligato ad avere carattere di "eccesso", non certo per volontà del pianista ma per la natura stessa delle composizioni eseguite. Ma veniamo allo splendido recital della serata, che inizia con un brano quasi iconico del compositore ungherese poiché contiene nella medesima misura funambolismo tecnico e poesia: Après une lecture du Dante. Fantasia quasi Sonata S. 161. I potenti accordi introduttivi calano in un'atmosfera tenebrosa, dove è ben percepibile la grande concentrazione mentale a essi sottesa. Pezzo di estrema difficoltà tecnica, è diviso in due temi principali: Il primo, con tonalità d'impianto in Re minore, è evocativo degli "alti lai" danteschi nell'inferno. Il secondo tema è un catartico corale nella tonalità di Fa diesis maggiore, qui la scena si sposta su un versante opposto, quello della gioia estatica delle anime beate. Il pianismo di Bertolazzi passa tra i due estremi della concitazione, addensamento dello spessore emotivo (corrispondente a un infittimento della scrittura) e della distensione lirica, dove tutto si rarefa, diventa meditativo e terso. Sono antipodi che continuamente ritornano in Liszt. Pure il brano seguente, lo Studio N. 3 "Un sospiro", nato per essere un esercizio, è uno di quelli in cui tecnica e poesia risultano intimamente fusi.



Basato prevalentemente sugli incroci delle mani, richiede che la melodia emerga con chiarezza, pur se contornata da soffusi arpeggi alternati tra le due mani. La raffinata tecnica del pianista rende "indolori" i cambi di mano, i quali non turbano minimamente l'omogeneità della melodia nel fraseggio, dinamica e agogica. Giovanni Bertolazzi non si lascia prendere la mano dal tecnicismo, lo usa quando serve ma senza che questo infici l'espansivo ed etereo lirismo della splendida melodia. Appare anche dotato di una rimarchevole "palette" coloristica (pure questo è virtuosismo), riesce a tridimensionalizzare lo sfondo di arpeggi, che viene messo lievemente in secondo piano per far risaltare la melodia. Pur se questo brano è immerso in una tenera poesia, Liszt non è certo compositore da rinunciare ai giochi pirotecnici: verso la fine del pezzo le due mani devono incrociarsi per eseguire figurazioni complesse, le quali comprendono ancora gli accordi arpeggiati. Tocca quindi allo Studio trascendentale "Chasse-neige" S. 139. Forte di una formidabile scorrevolezza nello sciorinare veloci serie di note, suonate con mano sicura ed elastica, Giovanni Bertolazzi mostra anche una grande capacità di graduare la dinamica durante la loro esecuzione. Così questo scaccia-neve alza i fiocchi in vaporosi turbini, mossi da un vento davvero tempestoso. Gli addetti ai lavori dicono che questo è uno studio di difficoltà tecnica estremamente elevata, non poteva essere diversamente visto l'appellativo di "transcendante" dato a questi studi. Delicatissimo e ricco di nuance timbriche (grazie anche al magnifico Shigeru Kawai EX) è l'incessante tremolo che caratterizza il brano nella sua interezza.



Ma non c'è solo questo a complicare la vita del pianista, costretto a cimentarsi con i continui salti e le vertiginose doppie scale cromatiche, che non devono comunque mascherare il canto. La malinconica melodia deve risaltare indenne dal fitto sottofondo, tra l'altro continuamente variato. Il colpo di teatro finale: delle turbinose e lunghe scale cromatiche, probabilmente le ultime improvvise folate di vento. Forse la Totentanz S. 525 può essere considerato il brano cruciale di questo recital. Per noi ascoltatori una conferma delle impressionanti doti pianistiche di Bertolazzi, impegnato sino allo spasimo dalle innumerevoli diavolerie tecniche di cui questo brano è disseminato, forse proprio per questo di non frequente esecuzione. Quasi truce nello spirito, è stato talvolta criticato per i toni ostentatamente drammatici, anche se in esso non mancano momenti di grande apertura lirica, che il pianista veronese ha reso con assoluta partecipazione. Si toccano gli estremi di una violenza sonora, che può risultare al limite affaticante per chi ascolta, ad altri dove viene espresso lo stato d'animo spogliato e indifeso dell'uomo di fronte alla morte. La Valse triste di Vecsey/Cziffra è un momento in cui sciogliere la tensione accumulatasi con i terribili precedenti brani, nobilitato da una grande eleganza e da doti espressive che non avevamo ancora apprezzato in Bertolazzi. C'è una sottile sensualità negli struggenti volteggi di questo valzer triste, il nostro sa essere quindi non solo potente martellatore dello strumento ma delicato poeta intimistico.



Gran finale con un brano dal carattere alquanto "circense", la Rapsodia Ungherese N. 2 in do diesis minore S. 244, che fu per questa caratteristica utilizzato anche nel cartone animato di Tom & Jerry. È la più famosa delle diciannove Rapsodie Ungheresi di Franz Liszt, sicuramente uno dei pezzi più ardui mai scritti nell'intera storia della letteratura pianistica, con i suoi trilli, accordi da eseguire ad alta velocità, i frequenti ribattuti e i grandi salti di nota. Una conferma delle doti di questo lisztiano DOC che è Giovanni Bertolazzi. Dopo i brani a programma, viene calorosamente applaudito dal pubblico, ritorna più volte sul palco e concede ben tre bis, a conclusione di quest'indimenticabile serata. Se la gioventù, con la sua freschezza atletica ed emozionale, rappresenta un valore aggiunto nella musica, il ventiquattrenne pianista veronese ne incarna lo spirito più puro, a preludio degli ultimi due appuntamenti di PianoSofia 2022.




Alfredo Di Pietro

Ottobre 2022


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