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 Heitor Villa-Lobos - Piano Works - Miriam Baumann Riduci


 

 

Non va presa sottogamba la dichiarazione che possiamo leggere nella seconda di copertina di questo CD, potrebbe sembrare una nota di colore ma non lo è. Secondo questa (cito testualmente) il Brasile non è solo caffè, calcio, carnevale, tucani e pappagalli. Esiste un altro mondo, parallelo, anche questo variopinto e perdipiù colto: è il mondo musicale, che per la maggior parte resta ancora sconosciuto agli europei. E uno dei principali pregi di questo progetto discografico è proprio la complessità, la proiezione su differenti piani di dominio artistico e culturale. Lavoro monografico (a parte l'ultima traccia, che è di Camargo Guarnieri), questo "Heitor Villa-Lobos - Piano Works - Miriam Baumann", edito dalla casa discografica Urania Records, offre innanzitutto un vivido spaccato musicale del noto artista brasiliano, nato a Rio de Janeiro nel 1887 e ivi scomparso nel 1959. Polistrumentista, oltre che geniale compositore: suonava il violoncello, clarinetto, sassofono, pianoforte e anche la chitarra, strumento che gli aprì il successo come compositore incline all'innovazione. Personalità eclettica quindi, che si applicò con fervore allo studio (condotto quasi del tutto da autodidatta) del Clavicembalo ben temperato di Johann Sebastian Bach, un autore per lui inesauribile fonte d'ispirazione, come testimoniano le nove Bachianas Brasileiras scritte fra il 1930 e il 1945. Ed è proprio questa fusione tra barocco e moderno, Sudamerica ed Europa, che contraddistinse l'arte del carioca Heitor Villa-Lobos, vera chiave d'ingresso per la comprensione di un mondo per noi europei tutto da scoprire.

Fu sin dal 1905 viaggiatore instancabile, alla perseverante ricerca del patrimonio etnico brasiliano, da "wanderer" nel nord-est del Paese e in Amazzonia. Il grande pianista Arthur Rubinstein lo notò, segnalandone le rimarchevoli capacità, grazie alle quali nel 1915 vinse una borsa di studio governativa per studiare a Parigi. Già la Suite popolare brasiliana per chitarra sola, da lui composta tra il 1908 e il 1912, era rivelatrice di una singolare abilità d'innesto tra il ritmo delle danze europee e il peculiare linguaggio della musica carioca. Innovatore nel campo strumentale, venne addirittura paragonato, come importanza nell'ambito chitarristico, a Fernando Sor e Mauro Giuliani, grazie a una maniera di comporre che consentiva a questo strumento di sprigionare un'intensità poetica e drammaticità ai tempi ancora sconosciuta. Con fierezza da vero carioca riuscì a superare di slancio, sconfessando i maligni che lo volevano bloccato in tale steccato, l'immagine di epigono tardoromantico, cosa plausibile ma solo per la prima parte della sua produzione. Evidentemente in Villa-Lobos si agitava un'energia innovatrice che lo portava ad andare ben oltre questa posticcia targhetta. La sua versatilità gli permise di sconfinare dall'ispirazione musicale propriamente intesa per entrare nel vivo delle tecniche compositive: nota la sua adesione alla "millimetrizzazione" e ai processi matematici escogitati da Joseph Moiseyevich Schillinger, compositore, teorico e insegnante di composizione russo naturalizzato statunitense.

Tuttavia, sono con tutta probabilità le Bachianas Brasileiras a fornirci la cifra della sua più autentica creatività, in queste troviamo una felice sintesi tra la musica popolare brasiliana e lo stile barocco di J.S. Bach, autore che lui conosceva in profondità. Nove composizioni ambiziose, nate con l'intenzione di realizzare una versione brasiliana dei "Concerti Brandeburghesi" e di conseguenza scritte per formazioni orchestrali di diverso assemblaggio. Si tratta di un'operazione culturale simile a quella in cui si cimentarono altri eminenti compositori suoi contemporanei (pensiamo a Igor' Stravinskij) e inquadrata nella corrente musicale del neoclassicismo. Non s'immagini però un processo puramente imitativo, quanto una sotterranea interiorizzazione dello spirito bachiano, senza citazioni dirette della musica del Kantor. Tra le differenti dimensioni toccate da questo disco, non va assolutamente trascurato il sentimento tutto sudamericano della "saudade", non solo dunque rivoluzionaria inventiva ma attaccamento a quelle radici etniche la cui ricerca fu perfezionata da Villa-Lobos con i canti popolari, impresa in realtà portata a termine da diversi altri artisti, compreso l'armeno Aram Khachaturian. La saudade brasiliana, termine molto difficile da tradurre in italiano, è genericamente resa con "nostalgia", ma in realtà significa qualcosa di più: una sorta di vuoto che si avverte per la mancanza di qualcosa, seguito dall'impellente desiderio di ritornare in certi luoghi, rivedere persone care e rivivere determinate sensazioni.

Una sensazione struggente tanto ben descritta da Gilberto Gil nella sua canzone Toda Saudade: "Ogni saudade è la presenza dell'assenza/Di qualcuno, un luogo o un qualcosa, infine/Un improvviso no che si trasforma in sì/Come se il buio potesse illuminarsi./Della stessa assenza di luce/Il chiarore si produce,/Il sole nella solitudine./Ogni saudade è un involucro trasparente/Che sigilla e nel contempo offre la visione/Di ciò che non si può vedere/Che si è lasciato dietro di sé/Ma che si conserva nel proprio cuore." È un sentimento presente in maniera costante in questo CD e che lo impreziosisce non poco; Miriam Baumann ce lo consegna con la sua arte sottile, intima, mai gridata ma tesa a suscitare profonde emozioni nascoste. È lei a essere il secondo fondamentale tassello di questo progetto discografico, una pianista che si è spesa con passione e determinazione per la causa della musica brasiliana, tracciando un profilo della Storia della Musica Brasiliana Erudita o da Concerto, contesto ancora poco esplorato in Italia ed Europa. Miriam Baumann-Di Pasquale, artista di ampie vedute, ha studiato a Parigi con Fidler presso il Conservatoire Eurepéen e in ultimo con il grandissimo György Cziffra, uno dei maggiori virtuosi del XX secolo. Dopo l'esperienza francese si dedica al clavicembalo, studiando con Ottavio Dantone presso il Conservatorio di Lugano. Intensa la sua attività concertistica, anche nell'ambito cameristico e della musica vocale (ha approfondito con il soprano Daniela Uccello il repertorio italiano).

Ma la sua più grande passione è il repertorio colto centro e sudamericano, prima interprete europea di Mignone, Camargo Guarnieri (bellissima la sua interpretazione di Momento N. 5 inclusa nel presente CD), Santoro, Guastavino, Nazareth, Nobre. Miriam ha tenuto corsi e seminari sulla musica del Novecento storico italiano in Università brasiliane, partecipando anche a Congressi Internazionali sulla musica colta brasiliana. Attualmente insegna Pianoforte Accademico e Musica da Camera presso la Fondazione Milano. Bastano queste brevi ma significative note per comprendere come lei possa autorevolmente dire la sua in queste suggestive pagine, giocando la carta di una notevole varietà espressiva, da profonda conoscitrice del repertorio sudamericano con tutta la sua "palette" emozionale. E si capisce bene anche perché abbia voluto dedicarsi anima e corpo alla musica di Heitor Villa-Lobos, secondo gli studiosi il creatore della musica nazionalista in Brasile, senza dubbio il più conosciuto e prolifico compositore sudamericano di tutti i tempi. Le prime quattro gemme che ci propone provengono dalla Bachiana Brasileira N. 4 per pianoforte, composizione scritta in più frazioni tra il 1930 e il 1941, orchestrata poi nel 1942. Il quarto movimento fu il primo a essere composto, nato come brano per pianoforte solo, mentre negli anni seguenti Villa-Lobos aggiunse altri tre movimenti, allo scopo di creare una suite che fu presentata a novembre del 1939 dal pianista José Vieira Brandão. Ma le notevoli possibilità offerte da questi brani, in termini di colore timbrico ed espressione, indussero l'autore stesso ad allargarne fertilmente l'ambito esecutivo a un ensemble strumentale.

 



Così si giustifica la "release" dei quattro movimenti, arrangiati nel 1941 per un'orchestra sinfonica formata da due flauti, ottavino, due oboi, corno inglese, due clarinetti, due fagotti, sette trombe, tre tromboni, tuba, archi e una sezione di percussioni con timpani, bombo, tam-tam, xilofono e celesta. Sotteso a questa bellissima musica c'è dunque un grande assortimento di pigmenti sonori, atti ad esaltarne i variegati frangenti espressivi, che può davvero dare filo da torcere ai pianisti. Ma Miriam Baumann non si lascia certo intimorire, affrontando con sicurezza e pertinenza ognuno di essi. In questa Bachiana Brasileira N. 4 l'amalgama tra l'armonia bachiana e quella derivante dalla "weltanschauung" musicale del tempo ha del sorprendente. Possiamo ragionevolmente parlare di un risultato originalissimo, una "terza" armonia, in nessun caso di carattere emulativo, dove non si manifesta alcuno scalino, nessuna soluzione di continuità che possa turbarne l'embricazione con le altre due. L'iniziale Preludio (Introdução) reca in sé un tema dall'apodittico carattere bachiano, in cui la contaminazione di elementi ritmici brasiliani è indolore, introducendosi con naturalezza e senza alcuna forzatura nei momenti di acme espressiva. Il successivo Corale (Canto do sertão) espone una melodia ricca di grazia. È in tempo Largo di 2/2, dall'andamento disteso ma con una sezione centrale più mossa (Più mosso), che la nostra pianista ben differenza dalla precedente senza perdere nulla in efficacia. Il riferimento al Sertão è evidente, come musica popolare proveniente dall'omonima regione del nord-est brasiliano.

In questo movimento Villa-Lobos introduce una citazione di carattere onomatopeico, un si bemolle acuto in controtempo, suggestivo del potente verso dell'araponga, un uccello che vive prevalentemente in Amazzonia. Viene spontaneo pensare a "Le Gibet - Très lent ", secondo brano del raveliano Gaspard de la Nuit, anche qui c'è un si bemolle, ostinatamente ripetuto dall'inizio alla fine. Con una progressiva intensificazione dinamica e drammatica, che la nostra pianista calibra magistralmente, si arriva al Grandeoso (como un orgũo): vere scintille di luce sono le veloci semicrome discendenti nel registro acuto. L'Aria (Cantiga), terzo movimento, esordisce con un tema basato sulla melodia di "O mana, Deix’eu ir" (Oh sorella, lasciami andare), canzone popolare del nord-est del Brasile. Il brano, composto da una sezione d'apertura e di chiusura in tempo Moderato e una centrale più vivace, dove emergono vividi ritmi brasiliani, è interpretata con commovente dolcezza e partecipazione; altrettanto convincente è il pathos che la pianista riesce a esprimere nel movimento conclusivo della Dança (Miudinho), ritmicamente intricato, incalzante, una sorta di corsa a ostacoli tra sincopi, poliritmie e ostinati scritta in tempo Molto animato. In questa stupenda silloge, Chôros N. 5 - Alma Brasileira è una composizione per pianoforte solo scritta nel 1925 e dedicata ad Arnaldo Guinle, il mecenate di Villa-Lobos, facente parte di una serie di quattordici composizioni, ciascuna con il suo numero, intitolate complessivamente Chôros.

Un insieme decisamente vario, dagli assolo per chitarra e per pianoforte fino ai brani scritti per solista o coro con orchestra o più orchestre, della durata complessiva di oltre un'ora. Il pezzo qui scelto è il breve Chôros N. 5, un 4/4 in tempo "Moderado", con l'indicazione espressiva di "Dolente". Uno squarcio di luce compare in "Um pouco mais movido", episodio da inquadrare nella tipica alternanza tra una languida saudade e momenti dal ritmo particolarmente infiammato, sempre ben tallonati dalla pianista. Come una scossa elettrica è il Um pouco animado, una battuta in 3/4 cui segue il Movimento justo de marcha moderada, icastico ed energico. L'epopea si conclude con il ritorno al Tempo I Moderado dolente. I musicologi che ne hanno intrapreso l'analisi, hanno individuato un'architettura ternaria semplice (ABA), in cui la sezione centrale (B) è costituita da altre due distinte, quindi ABCA. La prima tranche è contraddistinta dall'elemento del "jeitinho brasileiro" (attitudine brasiliana), che si sostanzia in un sensuale ritardo ritmico. Ancora una volta affiorano tratti schiettamente folclorici, qui nell'accompagnamento della mano sinistra, la quale evoca la popolare danza brasiliana chiamata Maxixe, mentre la melodia sentimentale ricorda la Modinha. Un capitolo a parte è New York Skyline Melody, dove entra di diritto la figura di Joseph Schillinger, tra l'altro consigliere di G. Gershwin e altri artisti di spicco, un musicista e teorico persuaso che la matematica fosse sottesa a tutte le forme d'arte.

Schillinger fu creatore di un particolare metodo di composizione che si basava su processi matematici e incentrato su idee specifiche relative a ritmo, armonia, melodia, forma ed espressività. Un metodo che voleva distaccarsi nettamente dai tradizionali, tra l'altro applicabile a qualsiasi genere musicale. Nella partitura di Villa-Lobos entra in gioco il concetto di "millimetrizzazione", consistente nel ricavare l'altezza e la durata dei suoni applicando un foglio di carta millimetrata trasparente a un'immagine, così da trasformare in musica l'avvicendarsi delle linee verticali e orizzontali. In questa composizione a modello era stata presa un'immagine dei grattacieli di New York. Potrebbe sembrare un procedimento a prima vista bislacco, eppure il genio trasfiguratore di Heitor Villa-Lobos conferì a questo brano un preciso senso musicale, dal sapore politonale, futuristico e anche inquietante, ma sempre inconfondibilmente "brasiliano". I due valzer che seguono, Tristorosa W034 e Valsa da dor W316 sono a loro volta intrisi di una sofferta saudade; il primo è giovanile, scritto nel 1910, una delle prime composizioni pianistiche dell'autore brasiliano. Di ventidue anni posteriore è il secondo, composto nel periodo in cui lui conobbe Arminda Neves d'Almeida, poi divenuta sua seconda moglie. Splendido esempio dell'acume interpretativo della sensibilissima Miriam Baumann. L'Animado, primo brano del dittico Saudades das selvas brasileiras, è un ennesimo esempio di quella vitalità ritmica che più volte incontriamo in questo lavoro, un'esplosione di colore tra ritmi complessi freneticamente scanditi.

Dall'andamento più meditativo, di una "stimmung" morbida e leggera, verrebbe da dire alla francese, è il secondo pezzo Um pouco animado, quasi screziato da una soffice indeterminatezza che gli conferisce una parvenza "flou", un terreno in cui la nostra pianista sembra muoversi particolarmente bene. Se le Bachiana Brasileira N. 4 passarono dal pianoforte all'orchestra sinfonica, in Ibericaribe WO78 avvenne esattamente il contrario, essendo quest'ultimo concepito nel 1914 come pezzo sinfonico, secondo movimento di una Suite Oriental di cui non abbiamo traccia, perduta o non realizzata, come dice il musicologo Claudio Marcello Capriolo, redattore delle belle note di copertina. Brano di ampio respiro e grande impegno virtuosistico, viene eseguito da Miriam Baumann con buon piglio, come d'altronde accade nella Suite in quattro movimenti Ciclo Brasileiro W374, del 1937, in cui ogni brano fa riferimento a uno specifico genere della musica tradizionale brasiliana. Non possiamo non rimanere ammaliati dal fascino di Plantio do caboclo, Impressões seresteiras, Festa no sertão e Dança do índio branco. Come in film, sembra di ripercorrere tutte le emozioni che ci hanno attraversato nei precedenti brani, fotogrammi che hanno lasciato un segno non labile nel nostro animo e nei nostri sensi. Nel Plantio ravviva e sostiene la maestosa melodia un'incessante sfavillio di quartine di semicrome affidato al registro alto; dopo un episodio dissonante, tutto rientra nell'alveo della tranquillità iniziale (Tempo I). Alle suggestive Impressões seresteiras segue il Movimento de Valsa (Allegro non troppo), un valzer ricco di tensioni sotterranee, che vengono completamente allo scoperto nel Più mosso (Allegro), e si acquietano relativamente nel Moderato per poi riacutizzarsi nell'Animato.

Festa no sertão esordisce d'impatto, con colori sgargianti e ritmica vivacissima, movimentata da rapidi accordi in quartine di semicrome alternati alle due mani e altrettanto fulminee sincopi. Termina il Ciclo Brasileiro il brano Dança do índio branco, un fluire serrato di note "Sem sair da uniformidade absoluta do ritmo" che conduce al pacioso Momento N. 5, tratto dai Dez Momentos di Camargo Guarnieri. Intitolato Desolado, fu composto nell'aprile del 1984 e dedicato alla pianista brasiliana Cynthia Priolli. Di stile romantico, è il brano più breve del CD, appena un minuto e venticinque secondi. Magia sonora rievocata dalle mani di Miriam Baumann, una musicista che riesce far venire fuori l'anima sentimentale di Heitor Villa-Lobos senza però eccedere in saccarinità, in virtù di linee melodiche limpide e rigorose nell'esposizione, insieme a un uso sempre accorto dell'agogica. La nobile mestizia e l'allegria al limite dell'ebbrezza sono i due poli dialettici entro cui questa musica si muove, ma di mezzo ci sono un'infinità di nuance da cogliere. La lettura della pianista milanese ci consente di percepirle una a una senza che nulla venga lasciato per strada. Lei, da abilissima traghettatrice, ci aiuta a visitare il mondo brasiliano, a comprenderne le emozioni più autentiche. Il suo pianismo è incline alla riflessività, in ogni occasione controllato, lontano da atteggiamenti epidermici ma pronto a scattare come una pantera sui ritmi più indemoniati. Si crea così un'ideale fascia percettiva, aperta ai più diversi frangenti, che pare uniformarsi a un canto unico, comprensivo della multiforme personalità di Heitor Villa-Lobos.

Nota audiofila: ho ascoltato questa registrazione con un eccellente DAC/preamplificatore/Amplificatore per cuffia Chord Hugo2, che pilotava una cuffia di elevate prestazioni Sennheiser HD 660S, quanto basta per cogliere senza velature ogni più piccola sfumatura del suono. Senz'altro valida è la cattura del suono, curata da Simone Sciumbata, con una certa propensione alle tonalità morbide e scure più che a un bilanciamento tonale cristallino sugli acuti.

 




Alfredo Di Pietro

Gennaio 2023


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