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mercoledì 17 settembre 2025 ..:: Serata finale Premio Alkan 2025 ::..   Login
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 Serata finale Premio Alkan 2025 Riduci



PROGRAMMA DELLA SERATA

Accoglienza

Introduzione al Premio Alkan


Vincenzo Maltempo

Charles-Valentin Alkan (1813 - 1888) 
- Esquisse Op. 63 N. 46: "Le Premier billet doux"
- Trois Morceaux dans le genre pathétique Op. 15 N. 3: "Aime-moi"

Franz Liszt (1811 - 1886)
- Réminiscences de Norma S. 394


Martina Meola

Charles-Valentin Alkan
- Recueil de chants Op. 65 N. 6 e N. 2: Barcarolle - Esprits Follets

Enrique Granados (1867 - 1916)
- Allegro de Concierto Op. 46

Frédéric Chopin (1810 - 1849)
- Valse Op. 34 N. 10
- Scherzo N. 2 in si bemolle minore Op. 31

Bis: Sonata K 1 di Domenico Scarlatti (1685 - 1757)

Quattro Mani Vincenzo Maltempo e Martina Meola

Johannes Brahms (1833 - 1897)
- Danza ungherese N. 5




Da sempre interessato alla musica "forte", come la definisce Quirino Principe, seguo con autentica emozione la Serata Finale del Premio Alkan dal 2020, essendomi purtroppo perso quella del 2024, che si è tenuta il 19 settembre 2024 non a Milano ma presso il Castello di Castano di Agazzano. Dalla sua apparizione nel 2017 a oggi il premio Alkan ha cadenza annuale e suole premiare giovani pianisti le cui potenzialità e qualità virtuosistiche sono emerse con particolare evidenza, tanto da far auspicare per il vincitore una fulgida carriera concertistica. Non a caso il personaggio cardine da cui il premio trae il suo nome è il compositore francese Charles-Valentin Alkan (1813-1888), le cui opere, quasi esclusivamente dedicate al pianoforte, sono riconosciute soprattutto per la loro difficoltà trascendentale e originalità. È un premio, in stretto collegamento con l'Associazione omonima, che vanta già una tradizione importante: in questi nove anni molti giovani pianisti sono stati gratificati ricevendo un grande impulso alla loro carriera, cosa che rende i fondatori di questa competizione particolarmente orgogliosi.

Eric Véron con sua figlia Roberta

Eric Véron tra Ilaria (a sinistra) e Alessia

Eric Véron e Luca Ciammarughi

Quattro sono le persone che nella serata del dodici settembre hanno condiviso il palco della Sala Puccini del Conservatorio di Milano: Eric Véron, fondatore e presidente del premio, Luca Ciammarughi, pianista, critico musicale e scrittore, Vincenzo Maltempo, direttore artistico, e Martina Meola, la vincitrice di questa nona edizione, con i primi tre che sono stati anche membri della giuria. È ferma la volontà di esplorare in tutti i suoi aspetti il concetto di virtuosismo, con parole ma anche con esempi musicali, dando rilievo alla propensione verso la dimensione divulgativa del Premio Alkan, parte non trascurabile delle sue desiderata. Non è un mistero che tra i suoi obiettivi c'è quello di far riflettere su questo termine, la tensione a renderlo quasi apodittico nel suo significato, tenendo viva la fiamma per l'entusiasmo e l'eccellenza in musica in un'epoca in cui questo purtroppo latita. Se la mappa mentale di ogni appassionato deve comprendere le evidenze più rilevanti della musica, il termine di "romantico" accostato a "virtuosismo pianistico" non sarà mai rimarcato abbastanza, giacchè in questo periodo storico c'è stata una grande concentrazione di geni pianistici. Quattro in particolare e tutti nati in anni susseguentisi, parliamo di Chopin, Liszt, Thalberg e Alkan, per un curioso caso del destino nati rispettivamente nel 1810, 1811, 1812 e 1813.

Eric Véron con sua moglie Chiara



Si conoscevano e si apprezzavano reciprocamente, essendo delle volte anche in concorrenza tra loro. Non c'è dubbio che Charles-Valentin Alkan sia meno noto di Chopin, di cui era molto amico, e Liszt, ma sicuramente merita di essere conosciuto molto meglio. Autore di una produzione estremamente ricca e diversificata, ha avuto una lunga carriera, passando dal romanticismo della seconda metà dell'Ottocento a degli spunti innovativi che hanno portato la musica, e il pianoforte in particolare, verso dei territori d'ispirazione simbolista e impressionista. Come già accennato, tra i moventi di questo premio non c'è solo la ferma volontà di gratificare il lavoro e l'impegno di giovani pianisti meritevoli, ma anche di aiutarci a rivivere nel volgere di una serata quello straordinario periodo della storia della musica che accadde nella seconda metà dell'800. Perciò essere qui in Sala Puccini è un po' come trovarsi a Parigi, il luogo di Chopin, Liszt e Alkan, più precisamente in uno specifico quartiere chiamato La Nouvelle Athènes, nel quale sorse il celebre caffè omonimo, l'illustre punto di ritrovo culturale del tardo Ottocento sito al numero 9 di Place Pigalle. Qui per una serie di circostanze diverse personalità artistiche si ritrovavarono ad abitare, per esempio Victor Hugo o Alexandre Dumas.



Questo caffè era abitualmente frequentato da Henri Matisse, Edgar Degas lo usò come scena per uno dei suoi dipinti più celebri, L'absinthe (L'assenzio), mentre il compositore Erik Satie, che lì suonava il pianoforte, fece conoscenza con un quindicenne Maurice Ravel. Nel quartiere viveva anche Charles-Valentin Alkan, trasferitosi poi nella piazza Square d'Orléans, la stessa dove andò ad abitare pure Chopin, in un appartamento vicinissimo a quello di Alkan. In una lettera di Chopin ad Alkan, scritta quando George Sand nel 1842 decise di stabilirsi in Square d'Orléans, si legge: "Potremmo scambiarci i nostri allievi o suonare per i passanti dei pezzi a quattro mani senza uscire dai nostri appartamenti, ci basterà aprire le finestre". Una testimonianza della grande amicizia che c'era tra questi due grandi artisti, Chopin assurto a una grandissima fama e l'altro invece meritorio di riscoperta (non è anche questo uno dei motivi fondanti del premio?). Un'interessante novità affacciatasi in quest'ultima edizione è la spiegazione, fatta con parole e suoni, di cosa realmente significhi l'abusato quanto inesplorato termine di "virtuosismo".



Lo ha fatto in maniera egregia Eric Véron con le parole e con le note musicali Vincenzo Maltempo, uno dei maggiori pianisti italiani del momento, autorevole e profondo conoscitore di Alkan (ricordiamo il suo fondamentale libro "Lo strano caso di Charles Valentin Alkan. Vita e musica di un genio dimenticato") È lui che ci ha fornito dei brevi esempi di virtuosismo al pianoforte, tratti prevalentemente dai brani presenti nel programma di sala. In base a un'attenta analisi sono emersi cinque tipi diversi di virtuosismo, nell'ambito di una memorabile serata composta di due parti, come avviene ogni anno, una prima dove si è esibito il maestro Vincenzo Maltempo e una seconda dedicata alla premiata Martina Meola. Se per i fondatori e giurati del Premio Alkan il concetto di virtuosismo, nelle sue varie accezioni, assume dei contorni nitidi, così potrebbe non essere per altri. Véron ha raccontato di persone che, nonostante il Premio Alkan possa ormai contare diversi anni di attività, gli chiedono come valutare un pezzo o un'interpretazione che possa definirsi virtuosistica. Si è dunque aperta una piccola ma essenziale parentesi didattica, dove sono state chiarite le cinque componenti del virtuosismo, in modo da favorire un ascolto più consapevole della musica.



La prima consiste nella rapidità di esecuzione delle note, la seconda è la densità delle note suonate nello stesso momento, seguono l'agilità delle mani e delle dita nei loro salti e incroci sulla tastiera, la forza fisica nell'uso del corpo per produrre una grande intensità sonora. Riconosciamo infine una quinta componente nella modulazione dei toni e dei timbri, ovvero il modo di plasmare il suono il pianoforte, variarlo e controllarlo nella sua espressività. Ciascuno dei pezzi suonati è stato introdotto in alternanza da Eric Véron e Luca Ciammarughi. Come da tradizione ormai consolidata, esordisce Vincenzo Maltempo con due brani di Alkan, il primo esprime in forma di lettera la dichiarazione di un amore dalla fisionomia ingenua, innocente, mentre nel secondo questo acquisisce carattere d'imperatività: Aime-moi (Amami!), non più dunque una dichiarazione ma un ordine quasi "comminatorio". La melodia si sviluppa come una sorta di litania, non tuttavia in modo ossessivo pur essendo ripetitiva dall'inizio alla fine. Qui c'è il senso della ricerca di un amore ideale, di un qualcosa che alla fine non viene ricevuto. Nelle desiderata che manifesta questo premio c'è l'ispirarsi si al virtuosismo, ma non dando di quest'elemento una lettura meramente fenomenalistica, forse la più diffusa nell'immaginario dell'ascoltatore.



Vale la pena di ribadire le diverse accezioni del virtuosismo, dalle più eclatanti alle più sottili, e nessuna di queste va trascurata. I laconici ma pregnanti cinque esempi datici al pianoforte da Maltempo possono essere considerati come prodromi all'intero programma, nella tensione a rappresentare il concetto di virtuosismo senza alcuna esclusione fenomenologica. Riconosciamo quest'attenzione già nei primi due brani che danno il "la" alla serata, Le Premier billet doux e Aime-moi, che mostrano una particolare prospettiva del virtuosismo, la quinta di quelle prima descritte da Véron. Quindi potenza, velocità, coordinazione ma anche e soprattutto timbro e canto. Non mancano nella scrittura alkaniana, sovente estrema e abbagliante, anche l'imitazione del canto e dell'orchestra, fondamentali in un virtuosismo romantico dove l'esecutore non si accontenta più di una sonorità meramente pianistica, ma cerca di portare lo strumento verso altre dimensioni. Seguendo questa traccia arriviamo a Franz Liszt con Réminiscences de Norma S. 394, composta nel 1841. È lampante come ci si trovi di fronte a una complessa e fantastica trascrizione per pianoforte che sfrutta appieno tutte le potenzialità sonore dello strumento.

Vincenzo Maltempo



Oggi siamo abituati ad ascoltare un recital pianistico dove suona un solo strumentista, ma all'epoca di Chopin e Liszt così non era, essendo stato proprio il compositore e pianista ungherese ad averlo inventato nel 1839. In quell'anno a Londra Liszt sperimentò questa forma, laddove in precedenza esistevano le accademie: concerti della durata di tre o anche quattro ore in cui c'erano cantanti e strumentisti. Il suo primo cimento con il recital avvenne in realtà in Italia, a Roma, dove Liszt si produsse in questa sorta di soliloquio (definito esattamente "Soliloque musical"). Il pubblico romano rimase perplesso da quest'insolito approccio, lamentando il fatto di dover pagare cinque piastre pontificie, la moneta dell'epoca, per sentire un solo pianista, senza cantanti e senza orchestra, salvo poi accorgersi che lui li aveva nelle sue dita. Una "magia" che si realizzava attraverso un nuovo tipo di scrittura musicale, con l'uso del pollice della mano sinistra che faceva cantare lo strumento nella regione centrale proprio a imitazione della voce umana. Così farà anche Chopin, che non a caso mandava i suoi allievi ad ascoltare i cantanti italiani d'opera al Théâtre des Italiens a Parigi, dove si esibivano artiste del calibro di Giulia Grisi o Giuditta Pasta.



Con Réminiscences de Norma ascoltiamo si un esempio di grande destrezza pianistica con tantissime note, di certo uno dei lavori più difficili di Liszt, ma anche l'imitazione del mondo operistico, in questo caso belliniano, rimanendo sempre nell'ambito di una tematica amorosa. Così da Aime-moi si passa all'amore nutrito da Norma, una sacerdotessa, per un ufficiale romano, in perfetta concordanza con la stessa indole di Franz Liszt, uomo d'avventura e d'amore, che si produsse in quest'esaltante brano pieno di fremito romantico. Abbiamo ammirato un Vincenzo Maltempo in splendida forma, alle prese con una musica, quella di Charles-Valentin Alkan, in cui è riconosciuto come uno dei pochissimi ad averla suonata e incisa integralmente. Nella serata di premiazione ancora una volta il pubblico ha potuto apprezzare la sua eccezionale abilità tecnica, l'incredibile facilità con cui supera le difficoltà di una musica che farebbe sudare freddo anche il più smaliziato ed esperto degli strumentisti. Senza trascurare che il suo approccio "meccanico" d'eccellenza non pregiudica in alcun modo i tratti più lirici della musica di Alkan, i frangenti più intimistici che si alternano con grande efficacia a quelli schiettamente orchestrali, dove riesce mirabilmente a fondere velocità, densità e potenza del suono.



Protagonista della seconda parte della serata, in qualità di vincitrice di questa nona edizione del Premio Alkan, è stata la giovanissima Martina Meola, di padre italiano e madre moldava, nata a Milano nel 2012, che ha iniziato il suo percorso musicale a soli sei anni. Per Maltempo la scelta di un vincitore è sempre una cosa molto difficile, anche quest'anno ci sono stati tanti giovani di grande talento, cosa che rincuora. La preferenza è poi ricaduta unanime su Martina per diversi motivi. Non si tratta semplicemente di una questione d'età, che è nel suo caso incredibile, poichè vedere una persona di soli dodici anni che dimostra una maturità musicale e un talento pianistico così naturali, sicuramente anche frutto, come ben sa chi fa questo lavoro, di una grande mole di lavoro, ha lasciato davvero impressionata la giuria. Confessa Maltempo che: "In tutte le sue interpretazioni, se non la si guardava suonare non avremmo detto che si trattava di una ragazza di dodici anni". Nel corso della serata si è dimostrata molto precisa ed esigente con se stessa, ha deciso d'invertire il brano di Chopin con quello di Granados, diversamente da quanto riportato nel programma di sala. Abbiamo riconosciuto un Alkan molto diverso dai precedenti Le Premier billet doux e Aime-moi.



E lei dunque indiscutibilmente la vincitrice, la giovanissima interprete che ha reso questa serata letteralmente unica, assolutamente memorabile, senza nulla togliere ai bravissimi pianisti delle scorse edizioni. Parliamo di un'artista nata a Milano il 28 novembre 2012 che ha iniziato gli studi pianistici all'età di sei anni con Irina Bogataia presso la Scuola d'Arte "A. Starcea" di Chisinau, in Moldavia. Nel 2022 è poi ritornata in Italia ed è stata ammessa al Conservatorio di Milano, dove studia attualmente con Silvia Limongelli. Giovanissima, quindi, s'impone in diverse competizioni pianistiche tra cui "Admiralty Star" di San Pietroburgo, "Vladimir Horowitz" in Ucraina e "Piano Talents" di Milano. Nel marzo 2025 ha vinto il primo premio al Concorso "Jeune Chopin" di Lugano, con una giuria presieduta da Martha Argerich, la quale è stata vivamente colpita dal modo di suonare di Martina. Partecipa inoltre a masterclass tenute da Evgeny Kissin e Lilya Zilberstein. Nel 2023 si è aggiudica il primo premio nella categoria "Giovani Talenti" del Conservatorio di Milano ed è invitata ad eseguire il Concerto N. 1 di Beethoven durante l’European Political Community Summit Chisinau Moldova. Ultimamente, nel 2024, ha eseguito il Concerto N. 3 di Beethoven nella Sala Verdi del Conservatorio di Milano insieme alla Youth Orchestra diretta da Daniele Moles.



Si è esibita, inoltre, a Firenze, Roma, Monaco, Bruxelles, Parigi, per la Società dei Concerti di Milano e per la Steinway & Sons. Ho deliberatamente voluto citare per intero il suo curriculum, così come presentato nel programma di sala, perché ha davvero dell'incredibile come una "ragazzina" di soli dodici anni abbia potuto accumulare una tale mole di esperienze e riconoscimenti. Uno stupore che si è rinnovato sul palco della Sala Puccini, dove la nostra Martina ha letteralmente incantato il pubblico. Da frequentatore di concerti, mai mi è capitato di ascoltare una tecnica talmente cristallina (in considerazione della tenera età), una superiore levigatezza di suono che viene conservata anche nei frangenti tecnici più difficili, scioltezza di polso, fulmineità nelle rapide volate di note e una padronza della tastiera che le consente l'espressione di una tavolozza timbrica di rara ricchezza. Non solo tecnica ieri sera, e questo potrebbe essere ancora plausibile, ma anche una profondità artistica che potremmo aspettarci da un maturo e consumato concertista, non certamente da una dodicenne, il tutto condito con un'esaltante freschezza. Il primo, Barcarolle, è un pezzo dall'indole tipicamente romantica di metà Ottocento, prelude Eric Véron, che richiama il movimento ondulatorio di una barca sottoposta al moto delle onde, a suggerire una serena meditazione.



Affiora in questa composizione la vocazione poetica, onirica, l'altra faccia della medaglia Alkan, altrove creatore di pezzi dall'esasperato virtuosismo meccanico. Il secondo, Esprits Follets, ha un carattere nettamente differente, effervescente e altamente virtuosistico per l'agilità richiesta alle mani e per la rapidità con cui le note vanno eseguite. Il "fuoco fatuo" è un fenomeno luminoso di origine naturale, costituito da fiammelle fluttuanti di colore blu o azzurro che appaiono in luoghi umidi come paludi e cimiteri, specialmente durante le calde sere d'estate. In certe mitologie rappresenta le anime di bambini deceduti che giocano insieme. Dopo la la grande levità dimostrata in Esprits Follets, se vogliamo un altro elemento di virtuosismo insieme al tocco fatato, si entra nel territorio di Enrique Granados con il suo Allegro de Concierto Op. 46, uno dei cavalli di battaglia di Martina, in francese si direbbe un "Pièce de résistance". Qui si esce, dice Luca Ciammarughi, dalla precedente temperie de La Nouvelle Athènes, dalla Parigi di Chopin, Liszt e Alkan, anche se non del tutto. Come sappiamo Granados è un autore spagnolo noto fra i pianisti per la raccolta Goyescas, anche francese d'adozione perché a Parigi studiò in un momento determinante della sua vita, fra i venti e i ventidue anni, col grande pianista Charles-Wilfrid de Beriot, acquisendo un po' della cultura e raffinatezza pianistica francese, che poi unì alla tradizione ispanica.



Per questo Granados è forse il meno folclorico dei grandi compositori spagnoli, come Isaac Albeniz o Manuel de Falla. In questo Allegro de Concierto rinveniamo tutta la sua arte pianistica, l'inizio si presenta vorticoso e molto virtuosistico, con degli arpeggi fulminei che sembrano quasi un'improvvisazione, mentre il secondo tema ha un carattere più lirico. Si riconosce in questo pezzo un pathos di stampo schumanniano, essendo il musicista di Lleida un grande ammiratore di Robert Schumann, oltre che di Chopin e Liszt. Si entra con il terzo e quarto brano, il Valse Op. 34 N. 10 e il temibile Scherzo N. 2 Op. 31, nell'impervio territorio chopiniano, con il quale ci s'immerge in un apice di virtuosismo considerato nel senso più completo del termine. Facciamo ritorno a pieno titolo nella Parigi de La Nouvelle Athènes con uno scintillante valzer e il drammatico, introspettivo Scherzo, quest'ultimo significativo dell'incredibile (nel vero senso della parola) maturità artistica di Martina Meola. Di questo scherzo Wilhelm von Lenz diceva che Chopin a lezione era implacabile con gli allievi, considerando l'inizio come una domanda, un'interrogazione con il ghigno quasi satanico di terzine che devono spaventare chi ascolta, aprire una domanda sul vuoto.



Non dobbiamo dimenticare che il rapporto tra Chopin e Alkan fu di intima amicizia, tanto che il primo scrisse prima di morire nel suo testamento che lasciava gli appunti del suo metodo per pianoforte, in realtà non completato e solo recentemente ricostruito dallo studioso Jean-Jacques Eigeldinger. Alkan ricevette gli studenti che Chopin ebbe in vita e questo fa capire quanto stimasse Alkan, per'altro considerato da Liszt in possesso della tecnica più perfetta che lui avesse mai visto. I due brani chopiniani presentati da Martina rappresentano una valida sintesi poetica dell'autore e un virtuosismo che incarna molto bene i principi elencati da Véron ed esemplificati dal maestro Maltempo, mettendo in conto quell'elemento di eros che il valzer contiene naturalmente "in nuce". Se per noi oggi questa è una danza "vintage", ai tempi era una novità poiché per la prima volta una coppia ballava corpo a corpo, non a distanza come nel minuetto settecentesco. Fu una rivoluzione, quasi uno scandalo che si diffuse a macchia d'olio da Vienna a Parigi; Chopin ne colse non soltanto la sottile valenza erotica ma anche la malinconia. Alla fine un Eric Véron emozionato dona a Martina una copia della nuova edizione Urtext della Sinfonia Op. 39 Nr. 4 - 7 di Alkan, edita dalla casa G. Henle Verlag, alla cui stesura ha collaborato lo stesso Vincenzo Maltempo.



A conclusione della splendida serata c'è l'ormai tradizionale quattro mani tra il maestro Maltempo e il vincitore, quest'anno la Danza ungherese N. 5 di Johannes Brahms, dai due suonata con autentico empito romantico.


Settembre 2025

Alfredo Di Pietro


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