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venerdì 17 ottobre 2025 ..:: Alfonso Rendano Piano Concerto ::..   Login
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 Alfonso Rendano Piano Concerto. Daniela Roma, piano - Oldenburg State Orchestra diretta da Vito Cristofaro Riduci


 

 

Mi sono fatto l'idea che la pianista Daniela Roma è una di quelle personalità la cui attività si può paragonare a quella di un pescatore di perle, nel senso metaforico di un'artista dalla straordinaria sensibilità che cerca e raccoglie tesori musicali nascosti sul fondo del mare. Un disco come questo "Alfonso Rendano Piano Concerto", registrato in prima mondiale e pubblicato dall'etichetta Dynamic, lo dimostra senza dar adito a dubbi di sorta. Si riconosce in lei una strumentista dall'indole sobria ma generosa, che non ama essere portata sul fercolo di Sant'Agata ma si pone all'ascoltatore con grande semplicità e apertura mentale, senza far assolutamente pesare il suo curriculum. E che curriculum... Qualche cenno biografico ci mette subito al corrente della sua rilevanza nel panorama musicale. Pianista di fama mondiale, figlia di papà calabrese e mamma napoletana, vive attualment nel Rhode Island (USA). Corposa e in continuo arricchimento è la sua attività, essendosi esibita in concerti di musica da solista e in ensemble cameristici in prestigiosi teatri d'Italia e del mondo. Un percorso in crescendo avviatosi dopo la laurea con lode in pianoforte presso il Conservatorio "F. Torrefranca" di Vibo Valentia, seguito da corsi di perfezionamento con Aquiles Delle Vigne e alla Internationale Sommerakademie Universitat Mozarteum di Salisburgo.

Ha conseguito un Master in pianoforte presso la Hogeschool voor Muziek, all'Università di istruzione professionale di Rotterdam e seguito lezioni di perfezionamento con insegnanti del calibro di Daniel Rivera, Gabriel Kwok e Choon-Mo Kang. Non paga, si è inoltre laureata al DAMS (Dipartimento di Arti, Musica e Spettacolo) con il massimo dei voti, presso l'Università della Calabria, con una tesi chiamata "The Synesthesia in Aleksandr Scriabin e Vasily Kandinsky". Legato a doppio filo a questa tesi è certamente l'album precedente, che ho avuto il piacere di recensire nel maggio 2025, "Scriabin - Visionary and Poet", dove la nostra interprete ha dimostrato di che pasta sia fatta la sua sopraffina arte pianistica, per di più alle prese con un autore complesso, tutt'altro che facile da affrontare. Non manca per'altro un collegamento tra la sua attività di direttrice artistica dell'Associazione culturale "Alfonso Rendano" di Carolei e questa sua ultima fatica discografica, dedicata a un autore che, è bene dire subito, meriterebbe molta più risonanza di quella che in realtà ha. Parliamo di un pianista e compositore nato a Carolei nel 1853 e deceduto a Roma nel 1931, un vero "enfant prodige" che imparò a suonare da autodidatta su una vecchia spinetta di famiglia e sull'organo a canne della chiesa dell'Immacolata Concezione del suo paese natale.

Fu particolarmente precoce, visto che iniziò a comporre musica sin dall'età di otto anni e a soli dieci sostenne l'esame di ammissione al Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, dove suscitò il vivo interesse di Sigismund Thalberg. L'eccezionale virtuoso austriaco lo indirizzò poi a Parigi raccomandandolo a Rossini, il quale a sua volta gli fece ottenere una borsa di studio. Per circa quindici anni svolse un'intensa attività concertistica, dedicandosi pure all'insegnamento prima presso il Conservatorio di Napoli, dove creò un "Istituto musicale", e in seguito a Roma. Lasciò il suo contributo anche in ambito lirico con "Consuelo", un'opera su libretto di Francesco Cimmino tratta dal romanzo omonimo di George Sand. Che il lettore mi perdoni se esprimo il mio disappunto e, dopo aver ascoltato questo CD, anche la mia incredulità sulla scarsa notorietà riscossa da Alfonso Rendano. Non dobbiamo dimenticare il lusinghiero giudizio che su lui espresse Thalberg: "Un enfant prodige che suona come un angelo" o la stima dimostrata da Franz Liszt, di cui divenne amico e che favorì alcune sue composizioni, fra cui la prima esecuzione del Quintetto e del Concerto per pianoforte e orchestra, oggi magnificamente restituito dalla nostra pianista e Vito Cristofaro, apparso in questo progetto nella doppia veste di direttore della Oldenburg State Orchestra e co-esecutore dell'Allegro in la minore per due pianoforti.

A firma di Franz Liszt è la versione del Concerto per due pianoforti, eseguita nel 1880 a Weimar dall'autore e Rendano limitatamente al primo movimento. In una lettera indirizzata alla baronessa Olga von Meyendorff Liszt stesso dichiarò di aver abbordato una composizione "vigorosa, degna di nota, che apprezzo molto". Alfonso Rendano fu talento dai molteplici aspetti, da preclare doti inventive anche non strettamente legate alla composizione se pensiamo che si distinse pure per l'innovazione del "terzo pedale", definito indipendente o "pedale Rendano", il quale consente di prolungare il suono di una nota o di un accordo in modo da accrescere le risorse interpretative dello strumento. Fu riconosciuto pianista di grande valore, all'altezza di esibirsi con l'eminente violinista Joseph Joachim, forte di un vasto repertorio che spaziava da J.S. Bach agli autori di fine Ottocento. Spiace che ancora oggi non esista un catalogo tematico attendibile della sua opera, né ci si adoperi per una sua redazione, nemmeno le partiture delle sue composizioni sono agevolmente reperibili in rete, a differenza di quelle di altri autori. Sono dati storici incontestabili che ne fecero uno dei principali araldi di quel rinascimento che vide il rifiorire in nuove forme della composizione strumentale in Italia alla fine del XIX secolo, opera che condivise con i più noti suoi contemporanei Giovanni Sgambati e Giuseppe Martucci.

Quell'Italia che sino alla prima metà del XVII° secolo assurse al ruolo di protagonista nella musica strumentale in Europa. È nel nostro Paese, infatti, che apparvero tutti i principali generi musicali: opera, cantata, sonata, sinfonia e concerto. È nell'ambito di questo clima culturale che l'opera di Alfonso Rendano s'inserisce, in un periodo che fece da stimolo per una febbrile ricerca, iniziata nei primi anni del Novecento e tesa alla riconquista del ruolo primario che storicamente spetta di diritto alla musica strumentale italiana. Uno dei risultati di questo strenuo impegno fu il liberarsi dal crescente senso di sudditanza accumulato nei confronti della produzione austriaca e tedesca. E il musicista calabrese sotto questo punto di vista assume il valore di paradigma della musica strumentale italiana di fine Ottocento. Tratta dal cuore della sua più significativa produzione, la musica contenuta nelle quattro tracce di questo disco è sintomatica di una squisita sensibilità, delle ampie vedute consentite dalla formazione culturale cosmopolita dell'autore, prima in Italia, poi in Francia e Germania, sempre accompagnato da una forte tensione verso la modernità. Il tessuto armonico ricco di cromatismi deriva anche dalla volontà di approdare a un linguaggio originale, di far veleggiare l'arte musicale verso un qualcosa di non ancora detto.

Una volta entrati nella tavolozza emozionale di Alfonso Rendano, nella particolare luminescenza che emanano le sue opere, ci accorgeremo che tutto in quest'album è inconfondibilmente suo. Il Concerto per pianoforte fu ultimato nel 1881 ed eseguito per la prima volta a Roma nel 1884, il merito della sua accurata revisione critica e trascrizione dal manoscritto va riconosciuto al direttore d'orchestra Vito Cristofaro. In questo Concerto, come nell'Allegro in la minore per due pianoforti, possiamo capire le ragioni dell'appellativo di "Beato Angelico della musica" datogli dai suoi estimatori. Allora come oggi non possono sfuggire all'ascolto quelle caratteristiche di profondità espressiva, di attenzione alla prospettiva e quella luce tutta speciale che emana la tessitura sonora. Anche l'attributo di una ieratica solennità favorisce un accostamento tra questi due grandi artisti, insieme alla cura meticolosa dei dettagli. Annunciato solennemente da un rullo di timpani, il primo movimento Largo, Allegro risoluto rivela un felice innesto tra stilemi propriamente lisztiani con quelli della musica romantica centroeuropea che aveva come principale riferimento Brahms, Schumann e anche Wagner. In fondo questi stili, da lui ben assimilati, non sono che il "pretesto" per esprimere la sua forte personalità, il suo essere molto poco propenso a non sacrificarla in nome di atteggiamenti di maniera, se non "A la page".

Alfonso Rendano, come qualcuno potrebbe congetturare, non è affatto un epigono ma un sagace coniatore di tematiche e sviluppi personali, senza dimenticare che a certe influenze del tempo non furono insensibili anche artisti come Giovanni Sgambati e Giuseppe Martucci. Nell'ambito di questo primo movimento assistiamo a un continuo fiorire d'interrogativi, a frequenti momenti d'interlocuzione forieri di tensione e un senso di sospensione che crea delle aspettative di risoluzione. E lo scioglimento arriva calando chi ascolta in confortanti momenti di liricità. A quei soprassalti drammatici di ampio respiro, che in qualche occasione assumono carattere di eroicità, si alternano momenti d'intima riflessione. Dove l'attitudine alla cantabilità corre a briglia sciolta è nella sublime Romanza, nei fatti un indicibile misto di fantasia, tenerezza, una sorta di confessione in musica fatta con il cuore in mano, dove Rendano non incorre mai nelle secche della ripetitività ma varia di continuo, ora sottilmente ora in modo più eclatante, l'eloquio musicale, in accordo con i moti erranti del suo animo. Volute musicali di ampio respiro, sovente di schietta ispirazione operistica, sono la prova provata di una grande attenzione tanto all'affresco nel suo insieme quanto ai suoi più piccoli dettagli. Su tutto impera un senso di sotterranea inquietudine che conduce a un portamento inquieto, a continue fluttuazioni di proiezione epressiva. Così possono affacciarsi carezzevoli echi schumanniani intrisi di pensosità, ma anche alate melodie di suggestione chopiniana.

La dialettica non è mai statica ma cangiante, oscillante tra momenti di umbratilità e vaste aperture verso l'azzurro che suggeriscono l'interiorizzazione di una schiva solitudine. Sono atmosfere malinconiche sulle quali l'autore tuttavia non ama macerarsi, avvicendandole con iridati frangenti espressivi. Ascoltando e riascoltando questo Concerto per pianoforte ho ricevuto la netta impressione di trovarmi di fronte a un'opera dalla notevole densità sonora, dall'inconsueta originalità di accenti, dove pianoforte e orchestra mostrano un grande rispetto reciproco, liberi di esprimersi senza fumose sovrapposizioni e nella piena osservanza dialettica e timbrica che sono di pertinenza a entrambi. Nei tre movimenti considerevole è l'attenzione verso lo sviluppo sinfonico, architetturalmente realizzato con dei mattoni episodici, rapsodici. Il Vivace è il terzo e ultimo movimento, davvero un gran finale, trascinante nella sua veemenza ma anch'esso screziato di momenti in cui il tono diventa più riflessivo, interrogativo. Scorre turbinoso come una sorta di luciferino Scherzo (Scherzo o Pasquinata, come lo definì l'autore stesso), tecnicamente credo molto impegnativo per gli esecutori.

Non dobbiamo in alcun modo pensare che l'Allegro in la minore, riscoperto nel 1969 e risalente alla maturità artistica dell'autore, sia un brano accessorio o di "riempimento" nell'economia del CD, poiché esso rappresenta forse con ancora maggior chiarezza del Concerto certi impeti drammatici cari all'autore, regolarmente seguiti da plaghe di ripiegamento espressivo che suggeriscono un atteggiamento interlocutorio di meditazione. Con questa composizione, arrivataci in forma manoscritta poi riportata a nuova vita grazie all'impegno di Daniela Roma, si chiude l'album. Qui Alfonso Rendano risalta come un abilissimo tessitore di forme, salde, costruite con ingegno e grande perizia, dal sapore a tratti vagamente schumanniano. Si tratta di un pezzo in 4/4 con indicazione Allegro animato (132 alla semiminima) dove l'autore esterna una drammaticità non plateale ma tutta interiore e contrassegnata da una certa enigmaticità, lo aiuta una scrittura fortemente caratterizzata da cromatismi. Il motore del brano sta nella cellula iniziale con le tre crome in anacrusi (forse è il destino che batte alla porta, alla stregua dell Quinta beethoveniana?), un impulso iniziale che sin da subito crea slancio e coinvolgimento. Minuziose sono le indicazioni dinamiche ed espressive, anche queste richiamano quell'accuratezza di scrittura tipica della letteratura romantica, sono significative della volontà d'indirizzare con precisione lo sviluppo emotivo di questo non semplice brano.

Composizione dalla forte teatralità, l'indicazione "lievitare gradualmente" porta a un icastico "energico" alla battuta 23. La travolgente spirale in cui si avvita la dialettica trova sfocio nel "drammatico sostenuto", rinforzato da un "incalzando", poi interviene lo scioglimento lirico nelle terzine di semiminime del "sereno". Con le originali armonie degli accordi di minime ("organistico") veniamo trasportati in una nuova sfera dove sotto l'implacabile pulsare ritmico della cellula iniziale scorrono intrecciandosi i temi già visti, si verificano degli apogei di esacerbata drammaticità ("drammatico intensamente"). L'atmosfera scivola verso imprevedibili passaggi con l'indicazione "evanescente", che raccoglie suggestive istanze impressioniste. Al di là di questa mia descrittiva analisi, ciò che vieppiù emerge è la sensazione che questo meritorio progetto discografico abbia recuperato delle perle lucenti per troppo tempo lasciate quiescenti sul fondo del mare. Alfonso Rendano balza alla luce come un autore non solo dalle capacità tecniche formidabili, ma anche un abilissimo "manipolatore" di temi, piegati volta per volta alle sue desiderata espressive. Va dato atto a Daniela Roma di aver restituito con la sua volenterosa e appassionata attività un grande impulso alla figura di questo musicista, definibile senz'ombra di dubbio come un grande autore, averlo risollevato dalla polvere del tempo e fatto brillare di una luce scintillante.

A lei si deve la sua recente riscoperta, corroborata anche da una serie d'importanti iniziative. La nostra pianista ha eseguito il Concerto per pianoforte allo Staatstheater di Oldenburg, in Germania, il 2 e 3 febbraio 2025, da cui è stata tratta la registrazione per l'attuale CD, ufficialmente uscito il 19 del corrente mese, proprio il giorno in cui ho il piacere di pubblicare questa mia recensione. Una parte da co-protagonista ha avuto Vito Cristofaro, per l'occasione direttore d'orchestra e secondo esecutore dell'Allegro in la minore per due pianoforti. Anche violinista di vaglia, pure lui possiede un curriculum d'eccellenza, ricordiamo il lusinghiero giudizio che su di lui ha espresso la cantante lirica tedesca Brigitte Fassbaender: "Un giovane direttore d'orchestra eccezionale con brillantezza, naturale autorità e straordinaria abilità elementari". Nato a Catanzaro, è il primo maestro di cappella e vicedirettore generale della musica all'Oldenburgisches Staatstheater a Oldenburg, dove ha diretto balletti, concerti e opere come Rigoletto, Falstaff, Die tote Stadt, Le nozze di Figaro, Cenerentola, Die lustige Witwe, Rusalka, Die Walküre, Götter-dämmerung e Der Rosenkavalier. Dal 2010 al 2014 è stato maestro di cappella del Direzione d'orchestra al Tiroler Landestheater di Innsbruck produzioni come Idomeneo, La Wally, Il bar-biere di Siviglia, Les pêcheurs de perles, La forza del destino, Tiefland e Don Pasquale.


Alfredo Di Pietro

Settembre 2025


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