Suchen English (United States)  Italiano (Italia) Deutsch (Deutschland)  Español (España) Čeština (Česká Republika)
Freitag, 19. April 2024 ..:: The Late Debussy - Axel Trolese ::..   anmelden
Portalstruktur

 The Late Debussy - Etudes & Epigraphes Antiques - Axel Trolese minimieren

 

 

"La musique c'est un mystérieux accord entre la nature et notre imagination"

Claude Debussy

 

Al diciannovenne pianista Axel Trolese non deve davvero difettare il coraggio. Il due luglio scorso balza all'attenzione delle cronache musicali partecipando all'Amiata Music Master, originale "Format" dell'Amiata Piano Festival dove mostra i segni di una personalità "leonina", non ostentatamente spavalda ma sicura delle proprie capacità. Nella splendida cornice del Forum Fondazione Bertarelli suona senza alcun timore reverenziale accanto ai maestri Maurizio Baglini e Roberto Prosseda, entrambi concertisti di acclarata fama internazionale. In sua compagnia un altro valentissimo allievo, appena diciassettenne: Gabriele Strata. Dà prova di un indubbio sprezzo del pericolo anche a distanza di qualche mese, oggi, esordendo nella sua prima prova discografica con un autore e delle composizioni che per molti artisti rappresentano un punto d'arrivo, non di partenza. Per l'osservatore esterno non è facile sapere cosa in realtà alberghi nel cuore di un artista come lui, quella che con una punta di faciloneria chiamiamo ardimentosità, in fondo può essere semplicemente la consapevolezza delle proprie facoltà. Una volta sedutosi al pianoforte però, la gestualità assorta, l'accuratezza e profondità delle sue interpretazioni, il modo di porsi al pubblico depongono per la seconda ipotesi. Non da oggi penso che un concertista vada veduto oltre che ascoltato e più trascorre il tempo più questa mia congettura si trasforma in certezza. Non può passare inosservata la sua estrema concentrazione, il rispetto che dimostra per la partitura, il tenersi alla larga da ogni forma di divismo. Un veloce "rewind" biografico ci dice che Axel Trolese, nonostante l’età molto giovane, ha già raccolto un buon numero di successi. Nato nel 1997 a Genzano (RM), ha iniziato in tenerissima età gli studi musicali: a cinque anni comincia a prendere dimestichezza con la tastiera, mosso, come dichiara in un'intervista, dalla curiosità.

 

In casa c'era questo "mobile" (un pianoforte) che la madre non suonava più ma che attirava la sua attenzione. Desiderava conoscerne il funzionamento e chiese ai suoi genitori d'imparare a usarlo. Il passo successivo fu l'iscrizione a una scuola di musica della sua città. Passano quattordici anni... Axel ora vive a Parigi, dove frequenta il Conservatorio Nazionale Superiore nella classe di Denis Pascal; studia allo stesso tempo con Benedetto Lupo all'Accademia di Santa Cecilia di Roma. Nel 2014 si diploma con dieci, Lode e Menzione d'Onore presso l'Istituto Superiore di Studi Musicali "Monteverdi" di Cremona con Maurizio Baglini. Segue contemporaneamente anche gli insegnamenti di Roberto Prosseda e Alessandra Ammara. Il suo percorso formativo è uno di quelli importanti, ha seguito numerose masterclass e corsi di perfezionamento con artisti e insegnanti del calibro di Aldo Ciccolini, Wolfram Schitt-Leonardy, Yun Sun, Inna Faliks, Enrico Elisi, Joaquín Achúcarro, Piero Rattalino e Giovanni Bellucci. Nel 2015 arriva il primo insigne riconoscimento: risulta vincitore del "Premio Alfredo Casella" al Concorso Pianistico Nazionale "Premio Venezia 2015". È l'avvio di una notorietà che soltanto un anno dopo, nel 2016, lo porta al conseguimento del "Premio EduMus", dedicato ai migliori giovani musicisti italiani. Tra le esperienze più rilevanti c'è l'invito a suonare al Teatro La Fenice e all'Ateneo Veneto a Venezia, al Forum Fondazione Bertarelli durante l’Amiata Piano Festival, al Teatro Verdi di Pordenone, al Teatro Ponchielli di Cremona, all'Istituto Culturale Italiano di Parigi, alla Fazioli Concert Hall di Sacile, al Festspielhaus di Füssen, alla Sala dei Giganti di Padova, nella stagione di Roma3Orchestra, al Museo del Violino di Cremona, all’Accademia Musicale Romana, all’auditorium di Tignes e all’Eglise Saint-Marcel di Parigi.

 

Accanto a una già ponderosa attività solistica, si affianca quella da camerista, che lo ha visto impegnato col Quartetto di Cremona e col Quartetto Guadagnini, con Maurizio Baglini, Silvia Chiesa, Guido Corti, Aleksandra Lelek, Clément Peigné, Anastasiya Petryshak, Lorenza Baldo e Andrea Nocerino. Ha suonato il primo Concerto di Chopin con direttori come Jesús Medina e Pasquale Veleno e il terzo di Beethoven con Gabriele Pezone. Come naturale esito di una messe di esperienze così ragguardevole si affaccia il suo primo disco: "The Late Debussy: Etudes & Epigraphes Antiques", registrato per l'etichetta Movimento Classical. Ad aprire le danze ci sono "Le Six Épigraphes Antiques", opera per pianoforte a quattro mani di Claude Debussy, successivamente trascritta per pianoforte solo. Scritta a Parigi nel 1914, quattro anni prima della morte dell'autore, fu pubblicata dall'editore Durand nel 1915 sempre a Parigi, come anche qui fu eseguita per la prima volta, nella Salle Pleyel, il 17 marzo 1917. I sei brani seguono uno sviluppo quasi lapidario, in concordanza con il loro carattere di epigrafi (la più lunga, "Pour un tombeau sans nom", non supera i tre minuti e mezzo). Non sono una novità assoluta nella produzione di Debussy perché adattamento pianistico delle musiche di scena per due flauti, due arpe e celesta scritte come intermezzi per una recitazione dei poemi "Chansons de Bilitis" di Pierre Louys. Il sapore arcaico, a tratti ellenico di questi "aforismi" in musica è ottenuto con l'uso della scala pentatonica ed esatonica. In modo pentatonico è infatti composta la prima delle sei epigrafi: "Pour invoquer Pan, dieu du vent d'été". Sulla partitura si legge: "Modéré - dans le style d'une pastorale". Axel Trolese rievoca magistralmente un'atmosfera evanescente dalla quale affiorano sensazioni intimamente delicate e sommesse.

 

È un po' come l'effetto "flou" in fotografia, quella sfocatura controllata che porta alla percezione d’immagini dai contorni incorporei ma dotate di grande luminosità. Il clima trasognato non si ottiene ovviamente con l'approssimazione o la vaghezza dell'esecuzione. Questa "indefinitezza" impone all'interprete di farsi stregone con le sue arti "magiche", abile preparatore di una pozione che ha come principali ingredienti l'estrema cura nel calibrare le dinamiche e la sapienza agogica. Basta sbagliare, anche di poco, il "dosaggio" e l'incantesimo è irrimediabilmente perso. La seconda epigrafe "Pour un tombeau sans nom - Triste et lent" rivela un incedere livido e dilatato, qui l'aspetto epigrafico e tombale coincidono perfettamente, l'anonimia del defunto (sans nom) rafforza l'astrazione del messaggio che si vuole lasciare. All''indicazione "sans riguer" in partitura nelle prime due battute, segue un "mesuré". La ripresa del ritmo dopo la libertà dell'esordio viene colta come prolusione a una marcia funebre appena accennata. Si ripresenta la frase iniziale ma sotto una nuova indicazione di "mesuré", accompagnata da un ritmo puntato. Nelle successive battute il clima diventa ancora più rarefatto. Tutto il brano è costruito sulla continua alternanza di funerei stati d'animo, l'instabilità diventa espressione di un'angosciante precarietà. Si giunge cosi agli ultimi sospiri "trés retenu" come presagio della fine incipiente. In questo brano si raggiunge una delle massime punte espressive dell'intero CD, testimonianza della sorprendente maturità interpretativa conquistata dal giovane pianista. L'approfondita ricerca coloristica sortisce dei risultati di singolare efficacia, nel "pp lointain" gli accordi diventano tenuissima eco mortale, prima della fine fa la sua comparsa un flebile pianto, indicato in partitura da "comme une plainte lointaine".

 

Nel fascinoso "Pour que la nuit soit propice - Lent et expressif" c'è un susseguirsi di variazioni di tempo che obbligano l'esecutore a un raffinato equilibrismo, quasi una costante nella poetica debussyana. "Lent et expressif", "en serraunt un peu", "animez progressivemente", "animez toujours", "cedez" e il "retenu" finale indicano uno svolgimento a elastico. Anche il carattere di danza rituale della quarta epigrafe "Pour la danseuse aux crotales" si realizza tramite un ritmo dall'andatura altalenante, dipanantesi tra le ampie volute disegnate dalla mano sinistra "souple et sans rigueur". Su queste s'innestano le terzine di crome "en serrant" sino al perentorio e fulmineo glissando. I rapidi gruppi di biscrome rievocano quasi onomatopeicamente il guizzante e sinuoso movimento del serpente. L'ipnosi è assicurata ancora una volta non solo dall'audacia delle relazioni armoniche tra le note, ma anche da un ritmo che varia perpetuamente, inafferrabile, sfuggente, insieme a una ricerca coloristica portata a livelli estremi. Penultima epigrafe è l'orientaleggiante "Pour l'égyptienne - Très modéré", ulteriore testimonianza del sottile e raffinato intellettualismo simbolista di cui Claude Debussy fu insuperabile paladino. Un lunghissimo pedale di mi bemolle (ventisei battute), "Aussi doux que possible", costituito da semiminime in controtempo, fa da sottofondo alla tessitura melodica in cui balenano dei fulminei lampi e arabeschi che simulano veloci movimenti di danza. Nel brano finale "Pour remercier la pluie au matin" il ritmo si mantiene invece più regolare in una calcolata costruzione formale che fonosimbolicamente imita il cadere delle gocce di pioggia, rese corporee da una serie di quartine di semicrome, una sorta di moto perpetuo che supporta la melodia.

 

L'impressione è che non si tratti di una pioggia ristoratrice quanto piuttosto l'affermarsi di un linguaggio enigmatico, il quale si snoda e penetra sottilmente nella coscienza. Il tema proposto nella prima epigrafe ritorna nel finale dell'ultima, quasi a voler suggerire una fine che coincide con l'inizio. Dopo l'incantesimo delle Epigraphes Antiques veniamo introdotti in un mondo sonoro che, almeno nei presupposti, apre a orizzonti affatto diversi: gli studi. Premesso che tra "studio" ed "esercizio" musicale esiste una non piccola differenza, basta poco per capire che la valenza di questi dodici "Etudes" va ben oltre quella del mero addestramento tecnico. Qui la destinazione didattica non esclude in nessun modo un'elevata sostanza artistica, dov'è riconoscibile in pieno la poetica del grande autore francese. Il superamento dell'intento didattico è un dato che però la critica ha fatto fatica a comprendere, forse disorientata dai precisi riferimenti tecnici cui ogni studio riconduce. Molto più rivelatore è invece guardare alle indicazioni espressive e di tempo, le quali tradiscono la richiesta di un approfondimento interpretativo che potrebbe sembrare a prima vista eccessivo per la natura di queste composizioni. Così il riconoscimento della critica tardò ad arrivare e le valutazioni positive hanno una storia piuttosto recente. I "Douze Ètudes L 143" rappresentano l'ultimo lascito pianistico di Debussy, spentosi nel 1918, composti di getto tra l'agosto e il settembre del 1915 a Pourville, nella villetta «Mon coin», dove trascorse le vacanze estive. La loro pubblicazione (a cura dell'editore Durand) avvenne a breve distanza, nel 1916, con dedica: "À la mémoire de Frédéric Chopin" mentre la prima esecuzione ebbe luogo esattamente il 14 dicembre 1916, a Parigi, protagonista Walter Rummel, pianista francese di origine tedesco-americana.

 

Anche nell'affrontare questi dodici studi Axel Trolese compie un atto di coraggio, forse ancor più notevole che nelle Epigrafi. La ragione per cui è appropriato considerarlo un "braveheart" si evince dall'ispezione della partitura (sarà una mia fissa ma la leggo sempre mentre ascolto...) e soprattutto dal modo - brillantissimo - con cui il nostro pianista risolve tutte le notevoli problematicità tecniche, cui si aggiungono quelle squisitamente interpretative già ravvisate ne "Le Six Épigraphes Antiques". Axel si dimostra ancora una volta abile ritrattista, dotato di una formidabile tavolozza di colori, sempre sapientemente dosati. Nel rispetto delle suggestioni chopiniane, altro autore che lui ama molto, riesce a fondere le due sensibilità nel crogiuolo della sua. Il "rapporto sentimentale" tra i due autori è nitidamente riconoscibile in "Pour le sixtes", perfetta amalgama delle reminescenze chopiniane e il mesmerico universo debussyano. Nell'iniziale "Pour les cinq doigts d'après monsieur Czerny" l'atmosfera ipnotica è spezzata dalla sferzata di biscrome che precede la terzina finale nella dodicesima e quattordicesima misura, come una piccola scossa elettrica preparatoria all'articolato "animé". Il primo studio termina con un fulmineo "strepitoso". "Legato e sostenuto" si avvia l'iridato "Pour les tierces", una nenia che si snoda tra il fluire di quartine di semicrome, foriera di mutevoli stati d'animo, a tratti corrosa da tratti sottilmente ironici. Il brano contiene anche un'autocitazione: il celeberrimo "Clair de lune". Come nel precedente c'è un punto culminante, "con fuoco" e "molto stretto", che chiude perentoriamente lo studio. In "Pour les quartes" un dolce "andantino con moto" iniziale viene subito turbato alla settima misura da uno "stretto" di rapide sestine di semicrome, uno dei frequenti, improvvisi soprassalti, che coglie di sorpresa l'ascoltatore immerso in un clima solo in apparenza pacioso.

 

Lo studio prosegue alternando momenti di rarefazione (anche estrema) a guizzi subitanei e scampoli di narrazione. Inizia in maniera sorniona "Pour les sixtes", per poi progressivamente animarsi sino al successivo "au movement, in poco agitato" e al culmine provvisorio dello "stringere". Un delizioso episodio "rubato" prelude a un nuovo "au movement, in poco agitato", nella parte finale si ristabilisce la calma iniziale. "Ritenendo poco a poco e calando" e "ritenendo, più lento" fanno dolcemente scivolare il brano verso la conclusione. Sprizza una contagiosa vitalità "Pour les octaves", uno studio in grado di mettere alla corda le possibilità tecniche del più virtuoso dei pianisti. L'impeto con cui Axel Trolese affronta il "sourdement tumultueux" e il crescendo che conduce allo "strepitoso" per poi avviarsi verso il pirotecnico finale è davvero straordinario e non mi fa ritenere esagerato il "leonino" che ho usato per definire la sua personalità all'inizio di questa mia recensione. Il sesto e conclusivo studio del Primo Libro: "Pour les huit doigts" si presenta ritmicamente molto regolare, l'ascoltatore si sente avvolto da un inarrestabile turbine di note, dov'è possibile apprezzare l'uguaglianza delle dita nella velocità e la costanza nel mantenerla al variare delle dinamiche, un altro discreto "tour de force" che impegna a fondo il pianista. Il caleidoscopico mulinare di quartine di biscrome si oppone nettamente all'"instabilità", a quell'andamento a elastico che sovente riscontriamo in Debussy. Uno studio davvero difficile ma eseguito a perfezione dal nostro giovane artista, come d'altronde tutti gli altri. Nel primo brano del Secondo Libro Axel conferma quella fantastica scioltezza di esecuzione già mostrata nel finale del Primo. "Pour les degrés chromatiques" ci riconduce sul terreno di una funambolica agilità digitale, tanto piacevole per noi quanto perigliosa per l'esecutore perché mette impietosamente a nudo ogni minima incertezza o inceppo.

 

Nel successivo "Pour les agréments" viene suggerito l'ondeggiare di un'imbarcazione, non per nulla si tratta formalmente di una "Barcarola", composizione originariamente usata da barcaioli e gondolieri. Qui la screziata poetica debussyana vira verso la pigrizia, verso la rilassatezza che provoca l'ondeggiare della barca sull'acqua. Un mefistofelico ripicchiare di note sulla tastiera si manifesta in "Pour les notes répétées", brano ambiguo e non privo di una sottile ironia che mette in luce il lato diabolico della poetica debussyana. Un capitolo a parte meriterebbe "pour les sonorités opposées", vertice d’incanto esoterico che, forse non a caso, segue il saltellante "Scherzando" delle note ripetute. Nelle note di copertina, particolarmente ricche d’intelligenti osservazioni, si evince che questo studio non è facile da decifrare dal punto di vista dell'esegesi tecnica. Nella sua disamina si sottolinea il concetto di opposizione tra i registri della tastiera, sulle dissonanze, enarmonie, sulle differenti dinamiche e timbriche create dall'attacco del tasto. Mi chiedo cosa sopravviverebbe della magia di questo brano se Axel Trolese non avesse colto i frutti di un'approfondita ricerca sonora che ha investito a 360° tutti gli aspetti dell'esecuzione. L'ascolto di questo avvincente CD termina con il celeberrimo "Pour les arpèges composés", probabilmente lo studio più conosciuto e suonato nelle sale da concerto, incantevole nella sua felicità armonico-melodica, e "Pour les accords". Quest'ultimo assume il carattere di una sferzante drammaticità, esibita senza mezzi termini nel "décidé, rytmé, sans lourdeur", il quale si spegne gradualmente per raggiungere l'episodio centrale "lento, molto rubato" in 3/8. È solo una pausa in un movimento magmatico, che riprende furioso riportandoci alla temperie iniziale fatta di ritmi fortemente scanditi tra accenti e sincopi.

 

Se il sentimento di una morte non lontana da venire era sfiorato nelle precedenti composizioni, qui emerge con forza dirompente, la mestizia viene soppiantata da una furia cieca che tutto travolge, non credo molto distante nello spirito dalla Danza Sacrificale (l'Eletta) della Sagra della Primavera di Igor Stravinskij. Axel Trolese affronta con sorprendente sicurezza questi dodici studi, per i quali non è indispensabile solo un alto magistero tecnico ma anche espressivo-stilistico. In quest'abbacinante esordio discografico stabilisce con autorevolezza la sua elevata caratura d'interprete. Siamo indubbiamente al cospetto di un artista che, a dispetto della giovane età, dimostra una straordinaria maturità e l'insofferenza a uniformarsi a certe tipologie pianistiche "trendy" dettate dalle tendenze del momento. Claude Debussy appare come un autore a lui assai congeniale, ne sorregge a meraviglia l'opera di smaterializzazione, dilatazione della sostanza tematica. Con altrettanta efficacia è in grado di evidenziare gli improvvisi soprassalti e le parti di più intensa drammaticità.

 

È nato un nuovo genio pianistico?

Non saprei, ma ho il forte sospetto che questo sia avvenuto...

 

Convince la qualità audio di questo CD, molto dinamica e ricca di dettaglio.

La registrazione è avvenuta nell'Auditorium Fazioli Concert Hall di Sacile (PN) il 23 e 24 maggio 2016. Direzione Artistica e Ingegnere del suono: Raffaele Cacciola. Editing e Mastering: BartokStudio di Bernareggio (MB).

 

 

Alfredo Di Pietro

 

Dicembre 2016

 


 Modulinhalt drucken   
Copyright (c) 2000-2006   Nutzungsbedingungen  Datenschutzerklärung
DotNetNuke® is copyright 2002-2024 by DotNetNuke Corporation