
.jpg)
.jpg)
Ruit hora. È trascorso molto tempo dalla mia precedente visita allo Showroom Fazioli di Milano, il prestigioso spazio sito a due passi dal Conservatorio, non molto distante dal Teatro alla Scala e dal centro della città. C'ero stato il 4 ottobre 2018, in occasione della presentazione del 31° Concorso Pianistico Internazionale "Antonio Casagrande". Otto anni quindi, un lasso di tempo sufficiente a deformare i contorni mnemonici di quanto vissuto e farmi vedere diversamente la realtà di oggi: se il luogo è rimasto il medesimo, sono io a essere cambiato in questi anni. Per questo il giorno 9 dicembre U.S. ho varcato con rinnovata emozione la soglia dello storico negozio che dal 1919 è un punto di riferimento per studenti, professionisti e appassionati di musica. La sede, che sarebbe riduttivo considerare solo come punto vendita, è stata tempo fa rinnovata su progetto dell'architetto Domenico Fazioli, con lo scopo d'incarnare la qualità e la filosofia dell'azienda. Un luogo anche di arte, con un'area espositiva di 180 metri quadri, dove si sono esibiti e continuano a esibirsi eminenti personaggi del mondo musicale. Proprio come quelli di stasera: il violinista Alessio Bidoli e il pianista Bruno Canino, protagonisti dell'evento di presentazione del loro nuovo CD "Johannes Brahms - The Violin Sonatas".
.jpg)
Chiamati in questa sede a narrare le scaturigini del loro nuovo progetto discografico e affascinare il pubblico con le loro sopraffine doti interpretative, presente Andrea Milanesi, giornalista e critico musicale, in veste di moderatore. Tra Bidoli e Canino si è stretto un sodalizio artistico che ha già largamente sorpassato i dieci anni, tredici per la precisione. Forti di questa lunga frequentazione, si ritrovano oggi a collaborare in questo disco dove si cimentano in un "corpus" completo di sonate, quelle per violino e pianoforte di un grande autore come Johannes Brahms. Il duo cameristico in passato ha registrato dischi che proponevano anche repertori poco battuti, mentre ora sono al cospetto di tre autentici monumenti della letteratura musicale. Cosa li abbia spinti ad arrivare a Brahms è la prima domanda che è lecito porsi. Da grande ed entusiasta paladino di cultura musicale, Bruno Canino accetta quasi sempre con piacere le varie pianificazioni che gli vengono avanzate, anche se si tratta di scelte abbastanza eterodosse, mentre questa di Brahms è certamente considerevole, accolta dunque da lui con gioia. Non è il primo lavoro monografico al quale il duo si approccia, avendone già fatti su Camille Saint-Saëns e Nino Rota con i loro repertori cameristici per violino e pianoforte.
.jpg)
Per Alessio Bidoli l'approdo al compositore tardoromantico riveste un'importanza particolare, lo considera un momento clou nell'avvicinarsi a una musica che è assoluta già nell'espressione di un linguaggio estetico. Il repertorio brahmsiano non può essere considerato come frutto di una vera e propria scelta, ma il riflesso dell'esigenza di alternare il grande con quello meno blasonato, nel tentativo di formarsi in una certa direzione. Se un interprete fa troppa ricerca, rischia di non misurarsi con il repertorio importante, e viceversa. Essere arrivato a un compositore come Brahms, che simboleggia l'apoteosi del tardo romanticismo, da un lato è stato motivo di paura perché il paragone con cui confrontarsi era molto alto, anche in considerazione di tutte le interpretazioni che già ci sono, dall'altro è stato motivo di soddisfazione per aver fatto un lavoro si spera dignitoso. Almeno, le prime critiche al CD sono positive. C'è stata dopo la registrazione una divergenza tra lui e il maestro Canino, emersa nel corso di un'intervista a due, in cui Bidoli definiva Brahms un musicista sentimentale, cosa che Canino riteneva assolutamente corretta ma con la doverosa precisazione che lui fosse anche un accademico.
.jpg)
Un grande autore quindi, che guarda al passato implementando un rigorismo formale che parte da J.S. Bach (ricordiamo le famose tre "B": Bach, Beethoven e Brahms), sostanziato in un'attenzione al contrappunto, passando da Beethoven per giungere al "reazionario" Johannes Brahms, un compositore ritenuto al contrario progressista da Arnold Schönberg nel suo celebre saggio sulla "variazione in sviluppo", concetto tecnico centrale dello scritto, in cui il compositore non si limitava a ripetere i temi, ma li trasformava continuamente a partire da una singola cellula motivica. Si è formata allora una duplice visione su di lui, figura vissuta in un periodo storico impregnato di quell'antiwagnerismo che fu convintamente portato avanti dal critico musicale Eduard Hanslick. È indubbio come la sua "palette" espressiva attingesse a un sentimento intimo, nostalgico, intriso di "sehnsucht", cioè di un profondo e struggente desiderio, nostalgia per qualcosa d'indefinito, irraggiungibile o sconosciuto. Una passione che attraversa la mente per arrivare al cuore e non viceversa. Ne abbiamo l'avvisaglia già nel primo movimento dell'Op. 78 (Vivace ma non troppo), come d'altronde in tutta l'opera tarda.
.jpg)
Ecco che la scelta di quest'autore ha acquistato particolare rilievo, anche per cogliere l'occasione di uno scandaglio sull'affinità caratteriale, definendosi Bidoli una persona solitaria, proprio come il compositore, che era piuttosto lontano dalla mondanità. Fuori dalla ruvidezza che poteva palesare, il suo essere burbero, dietro Johannes Brahms c'era in realtà una forte emotività, espressa da un'architettura compositiva legata a un cromatismo centripeto, e non centrifugo come fu quello di Wagner. "Certe volte non si sceglie", afferma il violinista milanese, "ma si è scelti." Il periodo storico nel quale visse Brahms fu molto fecondo, animato dall'idealismo di Hegel. Già la forma sonata, da lui portata all'apoteosi, è foriera della dialettica triadica hegeliana di tesi-antitesi-sintesi, rendendo plausibile il paragone tra filosofia e musica in tale avvicendarsi di idee. Il "geist" come spirito, sintesi di mente, intelletto e animo. Passando "d'emblée" alla pratica concertistica, Bidoli confessa che quando si suona sul palco si esce da questo con una certa consapevolezza: è la nostra parte razionale che ce lo suggerisce. In altre occasioni però si va via senza capire quello che si è fatto, come se la propria dimensione finita potesse diventare una parte dell'infinito.
.jpg)
Anche Bruno Canino vuol dare il suo contributo al dialogo desiderando dire qualcosa sul grande compositore tedesco. In questo momento sta riprendendo dei pezzi che non suonava da quarant'anni, le meravigliose Ballate Op. 10. Brahms è nato come Schubert e nei primi numeri d'opera, sino al venti, lo è pienamente, poi l'hanno costretto a fare Beethoven, certo con i suoi vantaggi. Però la sua natura era più innocente, da antico tedesco poco disposto all'internazionalità. Era d'accordo un bismarckiano, ma aveva una spiccata sensibilità armonico/melodica e il senso della leggenda, molto romantico ma non evidentemente in senso beethoveniano. Tali caratteristiche inerenti alla musica alto tedesca si ritrovano anche nelle opere successive, come per esempio nel doppio concerto per violino e violoncello Op. 102, sua estrema creazione sinfonica. In lui si agitava il fantasma di Beethoven, la sua prima sinfonia fu considerata da Hanslick la decima di Beethoven, come in un ideale prosieguo. Dicevamo dei suoi empiti di generosità: Brahms e Mahler erano due compositori che più diversi non potevano essere, eppure il primo sostenne e aiutò molto il secondo.
.jpg)
Sarebbe a questo punto desiderabile sapere se e come si è evoluto il dialogo musicale tra Canino e Bidoli nel corso di questa ultradecennale collaborazione e quale sia la qualità che ritengono più preziosa per poter lavorare in buona sintonia. A riguardo Canino rammenta di aver eseguito la Sonata Op. 108, il cui finale abbiamo sentito dal duo in serata, in una settimana con tre diversi violinisti. Si tratta allora d'intuire, in un rapporto di amicizia, quali siano le capacità dell'altro interprete, le cose belle e quelle dalle quali si può ricevere un qualcosa di fruttuoso. Si verifica in buona sostanza uno scambio che si compie non parlando, ma suonando. Queste sonate hanno avuto man mano un'evoluzione nella mente di chi le esegue. "Mi considero un funzionario della musica" dice Canino, "non pretendo di essere un creatore ma cerco di fare in modo che questo rapporto d'interscambio e amicizia emerga, altrimenti non vale la pena suonare insieme." Alessio Bidoli ricorda con emozione la prima volta che è entrato in casa di Bruno Canino, fu per lui un vero onore. All'inizio il loro rapporto era sbilanciato, come può esserlo quello di un ventitreenne che incontra un grande maestro settantaquattrenne, uno squilibrio che tuttavia non si è mai manifestato all'atto dell'esecuzione.
.jpg)
Il giovane violinista prendeva come oro colato le cose che diceva l'anziano pianista, però poi sul palco il rapporto era assolutamente paritetico. Adesso ci sono anche dei momenti di discussione poiché le cose sono cambiate. La loro collaborazione ha portato in ogni modo a ottimi frutti, con tantissimi concerti (molti solo in questo anno) e otto pubblicazioni in disco. Quando si suona in duo è come contrarre matrimonio, nel corso delle prove uno porta un qualcosa che magari può essere confutato dall'altro, ma comunque si cerca di trovare una soluzione comune e questo per il bene della musica. "Io ho una visione un po' diversa da quella del maestro Canino", dichiara Bidoli, "per me la prassi, l'esegesi, la dimensione testuale sono la prima cosa da rispettare." Nel momento in cui si sale sul palcoscenico per suonare, può avere il sopravvento la tensione, una sorta di "über interpretieren". Distinguo fondamentale: per Canino una cosa è suonare sul palco, un'altra è farlo nel corso della registrazione di un disco, dove non si possono avere quelle accensioni che poi vengono pagate care. Possiamo crederci perché lui ha un'esperienza in merito da far tremare le vene e i polsi, avendo fatto alcune centinaia d'incisioni; non ama però riascoltarsi per non rivivere tutte le sgradevolezze, gli errori, le velleità in cui gli capita d'imbattersi.
.jpg)
In quest'ottica pure il combattere contro la tecnologia è una noia. Una cosa è certa, la musica è ineffabile, soprattutto se affrontiamo compositori della caratura di Brahms, che sono a volte più diretti di quanto possano sembrare, anche se nascondono delle geometrie, delle giustapposizioni che sono molto complesse. Per Bidoli questo CD è stata una sfida, non nega di essere più incline al repertorio romantico francese, tardoromantico o del primo '900. Il risultato finale di un disco probabilmente non è la somma delle qualità di esecuzioni presenti e future, ma è un'altra cosa. In "Johannes Brahms - The Violin Sonatas" vengono affrontate le nobili pagine di un compositore maturo, musica assoluta quasi impossibile da decifrare a parole, molto più facile è parlare delle sue sonatine apocrife trovate nella Bibliothèque nationale de France a Parigi, scritte quando il compositore aveva solo cinque anni. Con lui tocchiamo i vertici della civiltà cameristica agguerrita, "una sfida o forse un harakiri, non so", dice scherzosamente Alessio Bidoli. Il CD è stato registrato nel 2024, dunque in un dato periodo, ma possiamo constatare che esistono non delle mode ma degli stati di fatto attinenti alle esecuzioni. Ci sono dei periodi in cui tutti suonano più lentamente, grandi lentisti sono stati Arrau, Serkin.
.jpg)
Ma ci sono altri frangenti storici in cui si va molto più veloci e altri ancora in cui si suona Brahms con grande libertà espressiva. "Ora", dice Canino, "mi sembra che stiamo vivendo un momento in cui si rispetta la lettera del testo, ma probabilmente le cose cambieranno ancora. Il Brahms contenuto in questo progetto discografico è foriero di un messaggio fatto per gli ascoltatori di adesso, non pretendiamo che fra trent'anni sia ancora valido. Non so in realtà che fase stiamo attraversando, però credo, anche come insegnante, che non si suoni tanto alla francese." Nel portare un fraseggio, un'agogica sullo strumento, il maestro Bidoli cerca di non esasperare la tensione insita in questi superlegati che oggi vanno di moda, alla Karajan per capirsi, distanziandosi da un violinismo che lui ritiene un po' antico, oggi decisamente "démodé" e quindi tabù. "Ma chi lo dice?", afferma dubbioso, "Chi ha la verità? Dov'è la maieutica?" Sono partiture certamente complesse, che esigono un impegnativo lavoro a monte. Nella musica delle tre "B" (Bach, Beethoven e Brahms), aggiungiamoci anche Schubert, tutto è molto scoperto e in questo consiste la difficoltà tecnica principale, non come avviene in tanti pezzi affrontati dal nostro duo, per esempio le parafrasi d'opera o brani virtuosistici.
.jpg)
Sono anche loro difficili ma hanno un altro "imprinting" per i violinisti, vale a dire che contengono una problematicità pirotecnica ma tutto finisce lì. Dal punto di vista musicale invece, quella variazione e sviluppo che portò Schönberg a definire progressivo Brahms nel suo celebre saggio, queste cellule tematiche che si sovrappongono, il contrappunto che richiama J.S. Bach, impongono all'interprete il superamento di uno scoglio ben diverso. Le Sonate per violino e pianoforte N. 2 e N. 3 (Op. 100 e Op. 108) furono entrambe scritte nella pittoresca città svizzera di Thun durante uno dei soggiorni estivi del compositore. L'Op. 100 ha un'indole molto riflessiva, contemplativa. In queste opere l'autore dimostra di essere in grado di sublimare quella che i tedeschi chiamano "strebe", la tensione, generata anche dal rapporto platonico che ebbe con Clara Schumann. Bruno Canino da molti violinisti o archisti ha spesso sentito dire che Brahms scriveva male per il violino, ma lui non la pensa affatto così, anzi ritiene meravigliosa la sua scrittura e non capisce perché ci sia questa leggenda. A sfatarla c'è l'incontestabile dato di fatto della collaborazione con il grande violinista Joseph Joachim, in una scrittura a quattro mani, e se ciò non bastasse si pensi alla feroce autocritica esercitata dallo stesso Brahms sulle sue composizioni, ne cestinò diverse perché le riteneva insoddisfacenti.
.jpg)
Resta il fatto che la difficoltà maggiore nella parte del violino non è un certo virtuosismo (Bidoli fa un esempio suonando un veloce balzato, detto anche ricochet), ma un qualcosa di squisitamente musicale legato alle dense giustapposizioni, al complesso e strutturato sviluppo, le cellule motiviche in continuo cambiamento. Non quindi una complessità di natura meramente tecnica. Diverso il discorso per le opere giovanili, dove si affaccia una spiccata propensione per il liederismo, per la liricità, che è comunque una componente presente pure in queste tre sonate per violino e pianoforte, anzi per pianoforte e violino, precisa Canino in maniera forse un po' corporativistica ma sicuramente aderente al vero. L'autore stesso le definì tali per il ruolo di dialogo paritario sostenuto dal pianoforte, a differenza delle sonate precedenti dove questo sovente si limitava ad accompagnare il solista. In esse la scrittura pianistica emerge come mondo a sé, dove Brahms aveva subito individuato il modo peculiare di usare il pianoforte, con questi bassi espansivi e gli ampi accordi. Il suo pianismo è straordinario e inimitabile, afferma convinto il maestro Canino, non permutabile con altri stili, come il francese o l'italiano.
.jpg)
Da evitare suonando queste opere è quel protagonismo talvolta tipico dell'interprete, dove il pianoforte come detto assume una dimensione non meno importante di quella del violino. Il notevole volume sonoro, proprio dello strumento a tastiera, se non ben governato può portare a uno sbilanciamento, a questo bisogna stare attenti durante l'esecuzione, anche se può più facilmente accadere in opere come i quartetti con pianoforte o nel quintetto. "Dal canto suo il pianoforte non deve tirarsi troppo indietro", dice Canino, "cosa che io forse faccio in modo eccessivo." Ma, si sa, con il tempo cambiano i costumi, anche quelli della musica. Particolarmente arduo risulta il tempo lento dell'Op. 108, l'Adagio. C'è poi da fare un'importante distinzione tra violino e pianoforte, poiché Bidoli suona il suo, che è sempre quello, mentre Canino per forza di cose deve adattarsi a quanto gli viene offerto. "Avrei dovuto prendere certe misure su questo gran coda Fazioli, per valutare il volume che riesce a esprimere, la resistenza che oppongono i suoi tasti, ma non ho potuto farlo". Un magnifico Fazioli gran coda del 1996 apparso in gran spolvero, restaurato l'anno scorso in fabbrica. Ma quanto conta la dimensione umana nel fare musica da camera?
.jpg)
Secondo il pianista napoletano occorre senz'altro allacciare un rapporto amichevole, di reciproca stima, il quale però non deve impedire l'esternazione di cose anche sgradevoli, ma sempre in amicizia. Non bisogna mai essere provocatori. Se in certe musiche è ammissibile che venga fuori un certo ego da parte di chi interpreta, in questa assolutamente no. Si parla anche della guerra tra romantici, in Brahms c'è tutto fuorché il titanismo di Wagner, non nutrivano simpatia l'uno per l'altro anche se in fondo si stimavano, nonostante una comprensibile rivalità. Possiamo ipotizzare un Brahms più reazionario, cosa però contraddetta nel famoso saggio schönberghiano che abbiamo citato. Le funzioni armoniche in lui sono sempre sapienti, mai banali, basate su intervalli stabili, i buoni primo, terzo, quarto e quinto. A Bruno Canino sarebbe piaciuto se il compositore tedesco avesse preso un'altra via, quella di Schubert. Nella prima fase della sua vita, ad Amburgo, suonava nei bar, c'è quindi una componente folcloristica molto viva nella sua opera, rievocando quella della Germania del nord, viennese e anche del mondo tzigano, un po' meno l'italiana. Ha rappresentato differenti realtà musicali, sempre con enorme nobiltà e conoscenza di quello che stava facendo.
.jpg)
La terza sonata fu dedicata ad Hans von Bülow, direttore d'orchestra, pianista e compositore tedesco, marito di Cosima Liszt, figlia del grandissimo virtuoso ungherese. La stessa indole di Johannes Brahms era complessa, contraddittoria. Dal temperamento introverso, riservato e a tratti burbero, lui stesso si definiva "un uomo in disparte" ("ein abseiter"), ma in realtà era fondamentalmente buono, generoso, capace di una grande dolcezza, profonda introspezione e una malinconia sottile, come d'altronde testimoniano con evidenza le sue composizioni. Il nuovo disco del duo Bidoli/Canino contiene un'aggiunta, lo Scherzo. Allegro-Trio. Più Moderato, terzo movimento della Sonata F.A.E. (Wo0 2). Un'eventuale approfondimento avrebbe potuto riguardare le Sonate per clarinetto Op. 120 N. 1 e 2, che l'autore trascrisse poi per il violino. Per inciso, F.A.E viene sovente interpretato come l'acronimo di "Frei aber Einsam" (Libero ma solo). Si tratta di una composizione per violino e pianoforte scritta a sei mani da Robert Schumann, Albert Dietrich e Johannes Brahms, in cui la sequenza di note F (Fa), A (La) e E (Mi) costituisce il fondamento tematico dell'opera. "In essa troviamo", dice Canino, "un po' il mondo antico, nel Trio per esempio."
Al termine della presentazione c'è stato, al piano inferiore dello Showroom Spazio Fazioli, un brindisi offerto dai due musicisti. Un momento conviviale per concludere in bellezza questa memorabile serata.
.jpg)
.jpg)
BRANI SUONATI.
Johannes Brahms (1833 - 1897)
- Sonata N. 2 in la maggiore per violino e pianoforte Op. 100: 3 - Allegretto grazioso quasi Andante.
- Sonata N. 3 in re minore per violino e pianoforte Op. 108: 4 - Presto agitato
Alfredo Di Pietro
Dicembre 2025