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 Amiata Piano Festival 2017 - Dionisus - 24 Agosto Minimize

 

 

SCHUMANN: RÉCITAL MUTIMEDIALE

Robert Schumann (1810-1856)
Davidsbündlertänze Op. 6, diciotto pezzi caratteristici
   1. Lebhaft
   2. Innig
   3. Mit Humor
   4. Ungeduldig
   5. Einfach
   6. Sehr rasch
   7. Nicht schnell
   8. Frisch
   9. Lebhaft
   10. Balladenmässig - Sehr rasch
   11. Einfach
   12. Mit Humor
   13. Wild und lustig
   14. Zart und singend
   15. Frisch
   16. Mit gutem Humor
   17. Wie aus der Ferne
   18. Nicht schnell


Carnaval, scènes mignonnes sur quatre note Op. 9
   1. Preambule
   2. Pierrot
   3. Arlequin
   4. Valse Noble
   5. Eusebius
   6. Florestan
   7. Coquette
   8. Réplique
   9. Sphinxes
   10. Papillons
   11. A.S.C.H. - S.C.H.A. (Lettres dansantes)
   12. Chiarina
   13. Chopin
   14. Estrella
   15. Reconnaissance
   16. Pantalon et Colombine
   17. Valse allemande
   18. Intermezzo: Paganini
   19. Aveau
   20. Promenade
   21. Pause
   22. Marche des Davidsbündler contre le Philistins


Jean-Yves Clément: voce recitante
Maurizio Baglini: pianoforte
Giuseppe Andrea L'Abbate: progetto multimediale

 

 

Un canto di te perché tu
sei senza motivo e perché soltanto senza motivo
può cantarsi, l’amore è
senza motivo come lo sono
la musica e i sogni, tutto ciò
che non può dirsi ma all’infinito
cantare e rispondersi,
come si sposano le nuvole
e il tuo respiro nel mio respiro ricordatene,
sì, ricordatene.

"Le chant de toi"
Jean-Yves Clément

 



Giovedì 24 agosto. Dopo la presentazione di rito da parte di Vittorio Introcaso, Maurizio Baglini guadagna il centro palco, gli piace calare il pubblico nell'atmosfera di una serata che si rivelerà memorabile suonando "Träumerei", il celeberrimo "Sogno" di Schumann, settimo dei tredici brani delle "Kinderszenen" Op. 15. Lo suona in modo accorato, intimo, senza che il minimo accenno di teatralità trapeli, così vuole salutare una grande amica dell'Amiata Piano Festival recentemente scomparsa, Nara Salustri. E il sogno è il "veicolo" più bello per ricordarla. Credo però che il dolore e la malinconia per la perdita di una persona a lui così cara abbiano aleggiato non soltanto nel brano introduttivo, ma costantemente nel corso di tutto il concerto. Si tratta di un progetto che al direttore artistico sta molto a cuore da tanti punti di vista. Innanzitutto perché autenticamente culturale, quasi filosofico, legato a quel Robert Schumann che lui sente così profondamente. Un compositore che, in pieno romanticismo, lotta contro tutto il passato, contro la tradizione e l'accademismo nella ricerca di una forma d'arte completa. Da questo impulso è venuto fuori un programma molto articolato, diverso e alternativo, dove però l'interprete al pianoforte non ha toccato una sola virgola dello spartito originale. Nella prima parte protagonisti sono la musica e la poesia, con le Davidsbündlertänze Op. 6 di Robert Schumann e "Le chant de toi", poema "d'amour et d'amour de la musique". Perché è stata scelta una raccolta di poesie in francese?

Perché tutte le didascalie scritte dall'autore per questa composizione erano scritte in questa lingua. La Francia in quel periodo era il paese di riferimento, innovatore nel linguaggio romantico, e lui soffriva del fatto che la Germania non avesse un pari prestigio e credito. Le Davidsbündlertänze sono ispirate alle danze della lega dei fratelli di David, un'associazione immaginaria scaturita dalla fervida fantasia letteraria del compositore e costituita da "condottieri" che cercavano la rivoluzione culturale. Il poema "Le chant de toi", tradotto in italiano da Luca Ciammarughi, canta della "sensorialità" e di tutto quello che Schumann pensava fosse necessario per sognare. La musica quindi, la più "viscerale" fra le arti, nel suo connubio con la poesia diviene quella che si suole definire come "Gesamtkunstwerk", l'arte totale (già ventilata nell'antica Grecia) dove convergono musica, poesia, arti figurative, allo scopo di realizzare una simbiosi delle diverse forme d'arte. Nell'originale formula concertistica di stasera musica e poesia, musica e immagini rispettivamente si alternano e si sovrappongono. L'incipit è affidato alla prima combinazione, dove esordisce la danza iniziale, quel "Lebhaft" (Vivace) che s'impone come una sorta di baldanzoso proclama interrotto alla sesta misura da un'elegantissima melodia cromatica. In tutto il corso della composizione ci troviamo di fronte a una continua alternanza tra stati d'animo ardimentosi, al limite dello sfrontato (quel "Mit humor" tutto schumanniano che è quasi una "scossa elettrica" per i nostri sensi), con altri di un intenso lirismo e sublime tenerezza.

 



Questo ciclo di miniature è tra i più enigmatici, non fa nulla per nascondere l'intento provocatorio, in aperta polemica contro i "filistei", vale a dire quegli artisti difensori di una cultura obsoleta, retrograda, che Schumann combatte apertamente e con sprezzo del pericolo. A lui il coraggio non mancava certamente! Cacciato nel 1831 dalla "Allgemeine Musikalische Zeitung" per un suo articolo a favore di Chopin, si rialzò prontamente - e orgogliosamente - fondando la "Neue Zeitschrift fur Musik", primo esempio di rivista critica indipendente. Da quell'episodio la lotta contro i gretti e retrivi "filistei" si andò inasprendo. Tuttavia, insieme all'aspetto bellicoso Schumann traccia nelle sue composizioni un percorso di rara intimità, mette allo scoperto anche il suo lato più privato in una dicotomia che è costantemente presente nella sua produzione musicale. È l'eterno alternarsi tra due stati d'animo, efficacemente simbolizzati dai personaggi di Florestano (il sanguigno combattente) ed Eusebio (il timido introverso). Il compositore tedesco amava gli enigmi letterari e le cripto-citazioni: nei diciotto piccoli pezzi che costituiscono questa composizione, sono sempre presenti in calce a ognuno di loro le lettere F o E (o entrambe), a indicare i due differenti stati d'animo cui sono ispirati. Va da sé che "F" sta per Florestano ed "E" per Eusebio. Un dualismo reale e drammatico, letterariamente attinto dal romanzo del 1805 di Jean Paul: "Flegeljahre" (Anni acerbi), in cui, analogamente, si muovevano le opposte figure dei due fratelli Walt e Vult.

Ancor più eloquente è quella mescolanza tra gioia e dolore nella citazione iniziale dell'opera: "Vecchio detto. In ogni età gioia e dolore si mescolano: resta pio nella gioia e sii pronto per il dolore con coraggio". Le Davidsbündlertänze, contravvenendo alla regola dello stile classico, iniziano in una tonalità (sol maggiore) per terminare in un'altra (do maggiore) nel finale "Nicht schnell". La parte poetica è affidata a Jean-Yves Clément con il suo poema "Le chant de toi", sul palco del Forum Bertarelli è lo stesso autore a declamare i versi. Personaggio complesso, Clément studia il pianoforte e la musica ma mostra affezione anche per la filosofia, laureandosi con la tesi "Nietzsche e l'arte". Con il tempo diviene un personaggio di spicco della cultura europea. Dal 1990 al 2012 è "collection manager" per la "Cherche Midi", dal 1995 direttore artistico delle "Fêtes Romantiques de Nohant" e successivamente del "Rencontres Internationales Frédéric Chopin", creato nel 1997. In questo particolare contesto fonda il Premio Pelléas, da assegnare al "miglior pezzo di scrittura dedicato alla musica". Nel 2000 crea "Les Romantiques d'Ars", un evento multidisciplinare basato sul Castello di Ars. Nel 2002 istituisce le "Lisztomanias of Châteauroux", un incontro internazionale dedicato a Franz Liszt. Nel suo lungo e articolato curriculum artistico-professionale è stato anche direttore artistico del festival "Chartres en plein chant" (2004 e 2005) e consulente per il "Futurs de l'écrit". Valente oratore di conferenze, presentatore di concerti, creatore di letteratura e spettacoli musicali, recitatore, animatore su un canale di Radio France dal 1996 al 2008.

 



Professore presso la "Michel Onfray Universite", è anche "conceptor" e direttore artistico dei "Journées Nationales du Livre et du Vin", lanciati per la prima volta a Saumur nel 1996. Scrittore e saggista, tra i suoi scritti sulla musica ricordiamo: "Variations Chopin, Nuits de l’âme", una raccolta di poesie sui notturni di Frédéric Chopin e il libro "Les Sept dernières paroles du Christ di Haydn". Una tappa importante nella sua carriera rappresenta l'esordio, nel 2013, della sua casa editrice indipendente "Le Passeur éditeur", in cui lavora come vicepresidente e direttore editoriale. I riconoscimenti alla sua intensa attività non sono mancati: nel novembre 2010 J.-Y. Clément ha ricevuto il premio "Doha arabo culturale araba", per i suoi "contributi al romanticismo culturale francese". Nel 2011 è stato nominato "Direttore Generale per Liszt Year in France" dal Ministro della Cultura Frédéric Mitterrand. Ha inoltre ricevuto il premio "Liszt" al Festival di Grottammare, in Italia, per il suo lavoro sul compositore. Sono note biografiche, con le quali spero di non avervi annoiato, molto importanti per comprendere la statura culturale dell'uomo che abbiamo di fronte. Alla luce della sua profonda conoscenza di musica e letteratura, essendo egli stesso un poeta, chi meglio di lui poteva condividere il palco con Maurizio Baglini? Il timbro profondo e ieratico della sua voce ha fatto meravigliosamente da contraltare alle note delle Davidsbündlertänze. Sul grande schermo a fondo sala venivano proiettate le poesie di Clèment, in lingua originale e tradotte in italiano, una scelta oculata che ha dato la possibilità di seguire entrambe per non smarrire quella musicalità che solo la lingua francese poteva rievocare.

Altro capolavoro, altro incrocio con le arti (grafiche in questo caso), è il tanto atteso Carnaval Op. 9, seconda parte del "Récital Multimediale", la cui idea risale al 2006. Parma, Cantù, Chiusi, Carpi, sono solo alcune delle dodici tappe in cui questo "visionario" progetto ha preso vita, prima di approdare all'Amiata Piano Festival, dove le immagini non si alternano (come nel caso della poesia) ma scorrono insieme ai vari brani. In realtà non si tratta della prima volta in assoluto al festival amiatino perché già nel 2008, in occasione del programma inaugurale di Dionisus al Castello di Colle Massari, furono eseguiti i "Quadri" di M. Mussorgsky in un collegamento figurativo con il progetto presente sul Web. Non solo Schumann ma anche Mussorgsky, Liszt, Debussy e Bartok sono gli autori presi in considerazione. "Webpiano" nasce grazie a un'idea venuta in mente a Maurizio Baglini e Giuseppe Andrea L'Abbate, nei fatti un progetto ad alto tasso di sperimentazione, volto a sfruttare le grandi potenzialità della tecnologia multimediale, abbinata alla musica classica suonata sul palco e diffusa sul Web (da cui "Webpiano"). Arte musicale e arte digitale si coniugano quindi in un contesto culturale interdisciplinare, valorizzato da diverse forme di linguaggio ed espressione. Una scintilla che forse non sarebbe scoccata nella mente di un concertista incline al tradizionale, tutto palco e pianoforte, ma che in Baglini ha trovato terreno fertile. Il bello è che la "strana coppia" (musica e immagine) non accetta fenomeni "degenerativi" di alcun tipo.

 



La musica rimane tale, suonata non mutando alcunché dello spartito originale, il quale viene fedelmente e integralmente proposto dal pianista mentre le immagini create dal computer si susseguono sotto gli occhi dello spettatore. Due binari paralleli e indipendenti che, scomodando il "politichese", potrebbero essere definiti come "convergenze parallele". La narrazione, musicale e visiva, convive generando un "surplus" di visionarietà grazie alle immagini in movimento proiettate su grande schermo. Così in "Préambule", prima delle ventidue "scènes mignonnes" del Carnaval Op. 9, sullo schermo appare un paesaggio urbano, due sfere si toccano e una entra, sospinta dall'altra, in una piazza dove le persone che la popolano sono staticamente rappresentate da statue. Rettangolini blu e rossi si muovono in maniera casuale su uno sfondo urbano nero. "Venite pure avanti vezzose mascherine". La visione a un certo punto si fa mortifera: uno scheletro siede su una poltrona, due ciminiere sullo sfondo sputano fuori sfere rosse, in basso si vede un David di Michelangelo. In "Pantalon et Colombine" due volti, uno maschile e uno femminile, cambiano rapidissimamente espressione e acconciatura in un "loop" iterativo, tecnica spesso utilizzata da Giuseppe Andrea L'Abbate. Un uomo con in mano un teschio cammina, dietro di lui uno scenario di personaggi variamente stilizzati, tra cui si riconosce L.v. Beethoven, fanno da fondale nel meditativo "Eusebius". Poco dopo, l'oggetto tenuto in mano dall'uomo cambia in uno schermo televisivo che propone delle immagini statiche, sempre le stesse, in un rapido alternarsi.

La furia iconoclasta in "Florestan" si risolve nell'immagine di un moderno boia che taglia delle teste, grandi macchie di sangue riempiono lo schermo. Nel vorticoso "Pause - Vivo, precipitandosi" ancora un paesaggio urbano, scenario pressoché costante, in cui ricompare la velocissima alternanza d'immagini. Un turbinare di elementi grafici accompagna ognuna delle piccole scene sulle quattro note, deciso a sottolinearne l'ironia, la tendenza iconoclastica e tutto il mondo schumanniano che qui, forse più che in altre opere, trova perfetta e compiuta rappresentazione. Ed è proprio la città che, con i suoi stridenti contrasti, fa da contorno rivelatore dell'impietosa satira sociale del Carnaval, spaccato di un futuro che tanto acutamente, direi acuminatamente, il genio di Zwickau aveva prefigurato. Dietro le sue maschere si cela una puntuale analisi sociale, politica e culturale, un mondo ingiusto che con le sue convenienze, opportunità e cinismi di ogni sorta si scontra con il vissuto personale dell'uomo integro, delle passioni che albergano in ognuno di noi. Le icone create dal PC rendono perfettamente il senso di falso, quel "Plastic People" contro cui anche Frank Zappa si era scagliato (e la vicinanza tra Schumann e Zappa è per certi versi maggiore di quanto non si possa credere...). I colori artificiali, carichi e senza sfumature, la meccanicità delle immagini cozza contro il fraseggio vivo e sinuoso offerto da Baglini, creando un contrasto tra i diversi elementi espressivi. Ma la musica di Schumann non cede mai alla disperazione, allo sconforto, ricca com'è di un anelito insopprimibile verso un futuro più roseo, di stampo quasi idealistico.

 



La speranza è "geneticamente" insita nella "Marche des Davidsbündler contre les Philistins", dall'andamento gagliardamente trionfale, emblema della tensione verso la costruzione di un mondo migliore. Maurizio Baglini suona anche le "Sphinxes", tre enigmatiche sezioni di una sola misura ciascuna, senza indicazione di chiave, tempo e dinamica, dove viene ripresa la combinazione delle quattro note A.S.C.H (nella notazione tedesca la-mi bemolle-do-si naturale), vero fulcro della composizione. Quasi sempre vengono omesse nei concerti, tuttavia alcuni pianisti, anche grandissimi come Sergei Rachmaninoff o Alfred Cortot, le hanno suonate. Non credo che il fascino di questo concerto risieda nel tentativo di rendere più intense le emozioni che dispensano questi due capisaldi della letteratura pianistica (la musica è già di per sé eloquente e non avrebbe bisogno di altro), quanto in un esperimento, a mio parere perfettamente riuscito, di contestualizzarli in una temperie moderna. In realtà quasi senza tempo perché la poesia e le immagini "sintetizzate" al PC donano un'aura di epicità a queste composizioni. Questa musica quindi, dotata di un'alta e autonoma espressività, acquista così il sapore della grande narrazione, in versi e immagini, si staglia in una dimensione plastica che aiuta a scoprirne nuovi e più evoluti risvolti. Non che in altri autori Maurizio Baglini sia meno bravo, ma con Schumann naviga davvero nelle sue acque. Eleganza e nobiltà di fraseggio, estro agogico, pieno dominio della dinamica e delle possibilità coloristiche della tastiera, capacità di articolazione e di conferire il peso voluto a ogni nota fanno di ogni sua "performance" un qualcosa di rivelatore, analitico ma non freddo.

Sono doti che, da sole, non sarebbero sufficienti se Baglini a queste non unisse una straordinaria abilità a esternare i suoi umori e stati d'animo del momento, vissuti però nell'ambito di una sempre rimarchevole fedeltà al testo scritto. Delicatissimo nei momenti più intimi (forse stasera venati da una punta di malinconia...), il pubblico ha potuto apprezzare la calibrazione dei suoi pianissimo, eterei, nascenti quasi dal nulla, eppur così intensamente espressivi. Forte e orgoglioso nelle danze più umorali, come pochi è riuscito a incarnare lo spirito di Schumann nell'indicazione "Mit Humor". Alla fine del concerto, degli applausi scroscianti e interminabili con "standing ovation" hanno convinto Maurizio Baglini a regalarci ben tre bis: "Angélus! Prière aux anges gardiens" dal Terzo Anno degli "Années de pèlerinage" di Franz Liszt, "Reflets dans l'eau" dal primo libro delle Images di Claude Debussy e il Corale "Ich ruf zu dir, Herr Jesu Christ BWV 639" di Bach-Busoni. I primi due sono accomunati da un'atmosfera rarefatta, di grande raffinatezza timbrica. All'inizio del primo la voce di Jean-Yves Clément e la musica del pianoforte si sovrappongono. Ieraticamente Baglini affronta il corale bachiano, con la stessa vivezza di suono e profondità d'ispirazione con cui ha suonato le altre opere. Questa splendida serata si conclude così, tra le fascinazioni incrociate di musica, poesia e immagini.

Se fosse stato tra il pubblico, magari in un posto riservato in prima fila, sono sicuro che Robert Schumann avrebbe apprezzato senza riserve...

 

 

INTERVISTA AL MAESTRO MAURIZIO BAGLINI, DIRETTORE ARTISTICO DELL'AMIATA PIANO FESTIVAL

 

 

Alfredo Di Pietro: Maestro, il progetto Web Piano e la sua collaborazione con l’artista multimediale Giuseppe Andrea L’Abbate risale a cinque anni fa. Era il 2012 quando lei ha esordito con questo originale "format", in cui l’interpretazione dal vivo di grandi pagine pianistiche si fonde con una narrazione visiva fatta d'immagini in movimento. Il prossimo 24 agosto all'Amiata Piano Festival si svolgerà "Schumann Récital Multimediale", con l'aggiunta di un terzo elemento: la voce recitante di Jean-Yves Clément. Come mai ha deciso di introdurre questo nuovo elemento accanto a musica e immagini?

Maurizio Baglini: Voglio sperimentare una forma d'arte consolidata, ovvero la recitazione in musica, con un poema appositamente scritto su ispirazione dei Davidsbündlertänze di Schumann: quando parlo di multimediale, intendo esplorare una forma d'arte contemporanea in senso lato. Per fare un esempio: se avessimo deciso di inserire la voce recitante in streaming, anziché dal vivo, sarebbe stato subito inteso come progetto multimediale, ma di fatto la recitazione con proiezione di sovratitoli rientra nel desiderio espresso già dallo stesso Schumann di far incontrare le arti fra di loro al fine di aumentare la fruizione del messaggio intellettuale ed emotivo della musica. Se ci aveva pensato un genio come Schumann duecento anni fa, tanto più bisogna oggi sperimentare soluzioni culturali che vadano in questa direzione. Il Carnaval Op. 9 è invece un progetto ormai consolidato e suscettibile di continue evoluzioni anche nella sincronizzazione fra musica dal vivo e algoritmi che creano immagini. Di fatto, il mio recital amiatino è una venerazione pura nei confronti del genio Schumann che aveva già previsto tutto ciò!

ADP: Esistono dei compositori la cui musica meglio si presta a questo tipo di récital, nella forma e nelle finalità in cui lei lo intende?

MB: Tutta la musica cosiddetta a programma ha maggiori possibilità di successo in questo campo: con L'Abbate abbiamo già sperimentato Mussorgsky (Quadri), Images di Debussy, la sonata per violoncello e pianoforte dello stesso Debussy, la lugubre gondola di Liszt, il Bartok con la sonata per due pianoforti e percussioni. In Ottobre proporremo anche il secondo ciclo Lisztiano degli Anni di Pellegrinaggio.

ADP: Credo che la tensione avveniristica contenuta nella musica di Robert Schumann tragga vantaggio da immagini sintetizzate al computer, nel senso che queste ne esaltano la modernità calandola in una realtà si virtuale, ma anche intensamente poetica. Ritiene che anche la forza onirica di questa musica possa uscirne rinvigorita?

MB: Sì: se non la pensassi così, mi limiterei a suonare una musica che di fatto è compiuta e sublime e vive in autonomia. Il mio progetto di commistione di forme d'arte, in particolare l'uso del supporto multimediale, serve a dare una nuova chiave di lettura, attualizzata, ad un pubblico scevro di pregiudizi e fornito di spirito di curiosità.

ADP: Ho trovato il suo Debussy "multimediale" assolutamente incantevole! Proprio meditando sulle fascinazioni ricevute da "Reflets dan l'eau" da Images, ho pensato all'eventuale influsso che il musicista stesso può ricevere nel corso di questa particolare forma di récital. Secondo il suo parere, l'interpretazione potrebbe essere suggestionata dalle immagini e dalla particolare poetica che queste esprimono?

MB: Certamente! Per me la suggestione esiste, anche se non sempre posso, mentre sto suonando, ammirare le immagini che mi fanno da sfondo! Soprattutto, bisogna considerare che le immagini saranno sempre chiavi interpretative per il pubblico che diventa esso stesso interprete dell'esecuzione, potendo scegliere di limitarsi ad ascoltare la musica o di farsi invece magari suggestionare dalle immagini.

ADP: Auspica eventuali futuri sviluppi del Récital Multimediale? È una forma d'arte in cui c'è ancora margine di scoperta?

MB: Siamo solo all'inizio: così come siamo solo al mio terzo CD dedicato a Schumann, autore che, come Liszt e come molti simbolisti, mi offrirà molti spunti per nuovi progetti multimediali!


Alfredo Di Pietro


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