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 17/03/2024 Concerto Inaugurale - Perugia - Auditorium di San Francesco al Prato Minimize



INTRO



Affamato come sono di vita e musica, deciso a utilizzare ogni più piccola goccia del mio tempo per l'ascolto e l'approfondimento dell'arte interpretativa nelle sue molteplici impersonificazioni, non potevo certo perdermi un evento come quello consumatosi il 17 marzo U.S. presso l'Auditorium di San Francesco al Prato, un Concerto inaugurale che celebra l'ingresso di questa bellissima e suggestiva sala nel mondo della musica classica. Come sempre avviene, solo alla fine di un evento è possibile tirare delle somme, azzardare delle conclusioni, assaporare quel retrogusto che rimane dopo aver presenziato a un qualcosa d'importante. La musica è sempre legata a un'immanente contingenza temporale e prende vita in un determinato spazio (Celibidache docet). Man mano che la manifestazione si svolgeva, assistevo alla formazione di una sorta di mosaico, una grande immagine policroma formata da tante tessere, fissate su un solido supporto con una potente colla. Un mastice con la funzione di tessuto connettivo, atto a unificare musica e luogo, a conferire coerenza al viaggio fra autori e brani molto diversi tra loro, una correlazione che le nude premesse sembravano smentire. Tutto alla fine si è conciliato, componendo nella mia coscienza una figurazione dai contorni ben definiti, armoniosi soprattutto, in cui quasi senza soluzione di continuità si avvicendavano caleidoscopici frangenti emotivi.

Alberto Avenoso, entusiasta e competente appassionato di musica, ha avuto un non piccolo ruolo nell'ambito di questo progetto, aiutando l'assessore alla cultura Leonardo Varasano (il quale teneva molto a fare un'inaugurazione che fosse all'altezza) a individuare e invitare i musicisti. Ha pensato anche a un degno cappello introduttivo sui due pianisti, Francesco Libetta e Luca Ciammarughi, che ha voluto affidare all'estro di Anton Giulio Onofri.


L'AUDITORIUM DI SAN FRANCESCO AL PRATO



Incontro Alberto Avenoso nel piccolo "foyer" dell'Auditorium, mi confessa di essere un po' teso, sente evidentemente la responsabilità, condivisa con altri, del tranquillo svolgimento di un evento come questo. M'invita a entrare nella sala per scattare qualche foto preliminare. Quello che subito mi colpisce non appena addentratomi è, oltre alle grandi dimensioni, la commistione, il felice innesto tra secolare e moderno. L'antico Complesso Monumentale di San Francesco al Prato, risalente al XIII secolo, è stato riaperto al pubblico dopo un lungo e delicato intervento di restauro strutturale e di adeguamento funzionale, pensato per offrire la massima flessibilità nell'ospitare eventi culturali multidisciplinari. Ha una gloriosa storia, che val la pena di raccontare sinteticamente. Quella di San Francesco al Prato è una chiesa sconsacrata, oggi adibita ad auditorio, situata a Perugia nell'omonima piazza, accanto all'oratorio rinascimentale di San Bernardino, facente parte del complesso monastico di San Francesco. La sua struttura oggi conserva l'originaria configurazione a navata unica, rimasta per lunghi anni scoperchiata dato il crollo delle volte, causato dai movimenti franosi della collina.



Purtroppo sono andati perduti i monumenti e le cappelle, mentre la facciata policroma è stata ripristinata nel suo antico splendore dall'architetto Pietro Angelini, nel 1926. Il tempo scorre, negli anni trenta e sessanta del Novecento il tempio sconsacrato è stato internamente demolito e solo all'inizio del 2000 è stato intrapreso un radicale restauro che lo ha portato a essere attualmente un "odeon", progettista originario dell'impresa Bruno Signorini. La chiesa è stata tra le prime in Italia a essere costruita dopo la morte di San Francesco, acquisendo nel corso dei secoli una rimarchevole rilevanza politica, sociale e artistica nelle vicende locali. Coraggiosamente, incuranti dei gravi pericoli strutturali, le grandi famiglie perugine la elessero a luogo privilegiato di sepoltura dei propri membri, lo stesso avvenne per capitani, giuristi e letterati che avevano onorato con la loro attività il capoluogo umbro. Notevole è la sua capienza di posti a sedere, ben 510, suddivisi in tre settori modulabili. Nell'enorme sala vedo un corposo numero di sedute (la maggioranza) di fronte al palcoscenico e altre due serie, più piccole, disposte nelle ali laterali. Il palcoscenico è stato installato su una struttura fissa, rialzata rispetto alla quota della platea.



In tutto questo ben di Dio s'integra da par suo La Mea Concerti, un'impresa culturale che da diversi anni opera in direzione della promozione di eventi musicali e artistici. Per i prossimi nove anni avrà in affidamento la gestione completa dell’Auditorium. Nutrivo qualche dubbio sull'acustica ambientale, presagivo dei notevoli riverberi, da chiesa appunto, ma la mia impressione si è rivelata errata, verificando l'arrivo del suono alle mie orecchie non solo nelle vicinanze del palco ma anche spostandomi in fondo (forse una trentina di metri?). Ho quindi potuto constatare l'ottimo lavoro fatto dai tecnici, che hanno avuto cura di non sovvertire l'indole acustica propria di un ambiente del genere, controllando tuttavia il riverbero in modo tale che non compromettesse l'intelligibilità della musica e della parola, e questo da qualsiasi posizione. Quali sono stati gli interventi messi in opera? Sopra al palco sono stati installati dei pannelli riflettenti mentre lungo la copertura della navata ce ne sono altri invece fonoassorbenti, così come a rivestimento della bussola all'uscita di sicurezza. Addirittura i cestelli che alloggiano i corpi illuminanti, appesi alla struttura di copertura, sono rivestiti di tessuto fonoassorbente. La fascia sommitale della navata, infine, è rivestita con un tipo d'intonaco atto ad assorbire il suono. Semplicemente grandioso.




IL CONCERTO
UNA GIORNATA PARTICOLARE

Anton Giulio Onofri

Leonardo Varasano


PROGRAMMA

Franz Schubert (1797 - 1828)
Marcia Militare in re maggiore Op. 51 N. 1 D 733, nella versione per pianoforte a quattro mani
Luca Ciammarughi e Francesco Libetta

Jean-Philippe (1683 - 1764)
- Allemande dalla Suite in La minore RCT 5 - Gavotte et Doubles dalle Nouvelles Suites de Pièces de Clavecin
- Les Sauvages dalle Nouvelles Suites de Pièces de Clavecin
  Luca Ciammarughi

Fryderyk Chopin (1810 - 1849)
Notturno Op. 9 N. 2
Francesco Libetta

Philip Glass (1937)
Morning Passages da The Hours
Luca Ciammarughi

Camille Saint-Saens (1835 - 1921)
Le Cygne (Trascrizione di Leopold Godowsky)
Francesco Libetta

Leopold Godowsky (1870 - 1938)
Studio sull'Etude di F. Chopin Op. 10 N. 12 "La caduta di Varsavia"
Francesco Libetta

Franz Schubert (1797 - 1828)
Improvviso Op. 90 N. 4 D 899 in la bemolle maggiore
Luca Ciammarughi

Ezio Bosso (1971 - 2020)
Split, Postcard from far away
Francesco Libetta

Gioacchino Rossini (1792 - 1868)
Ouverture dal Guglielmo Tell (Trascrizione Franz Liszt)
Francesco Libetta

Bis:

Luca Ciammarughi (1981)
Etonne-moi Valse, per un cortometraggio d'animazione
Luca Ciammarughi

Sergej Rachmaninov (1873 - 1943)
Preludio in do diesis minore Op. 3 N. 2




Un recital oscillante tra fattezze oniriche e muscolose declamazioni, protagonisti due artisti che fanno onore al nostro Paese: Francesco Libetta e Luca Ciammarughi. Quanto mai variegato il programma (e non è la solita formula retorica), con autori i cui dati anagrafici sono compresi tra il 1683 e il 1981, quasi tre secoli di musica che obbligano a temerari salti tecnico/stilistici, superati con impressionante "nonchalance". Come giustamente ha affermato Anton Giulio Onofri nella sua presentazione, Libetta e Ciammarughi sono due pianisti molto differenti tra loro, anche se la definizione di "pianista" nel loro caso sembra stare parecchio stretta. Guardando da vicino i rispettivi curricula, sappiamo che Libetta è anche compositore, direttore d'orchestra, scrittore, direttore artistico, docente e anche attore. Si, in una piccola ma significativa parte di garzone del bar nel film "Musikanten" (2005) di Franco Battiato, il compianto musicista con cui ha collaborato anche successivamente. Tra le sue capacità c'è anche quella, se non ricordo male, di pittore. Non soffre certo di complessi d'inferiorità in tal senso Ciammarughi, oltre che pianista scrittore (anche di note di sala per il Teatro alla Scala e l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia), conduttore radiofonico, compositore, conferenziere e instancabile divulgatore.

Luca Ciammarughi



Giramondo pure, essendo perennemente in movimento. Questo il formidabile "motore" che ha ruggito all'interno della cornice in cui si è mosso il complesso evento. Un percorso musicale carico di suggestioni che si regge sulla singolare attitudine all'equilibrismo dei pianisti in gioco, ulteriore arricchimento per una serata che non voleva assolutamente risolversi in un "contest" tra colleghi, quanto prospettare un armonioso embricarsi tra due personalità artistiche accomunate dall'amicizia, da una grande cultura a monte e da una solida esperienza concertistica, due elementi questi ultimi che hanno sicuramente un valore aggiunto. Talvolta può capitare di assistere a recital pianistici che sembrano scaturiti da un compitino preparato con puntiglio a tavolino. Tal altra le cose vanno diversamente e vi lascio immaginare a quale categoria facciano parte Libetta e Ciammarughi. Con la loro caratura artistica si possono permettere il lusso di esprimere un pianismo che sa di vissuto, capace di adeguarsi agli umori, alle circostanze e anche al pubblico del momento, con il risultato di rendere emozionanti, in presa diretta, dei brani che paiono in quel momento sgorgare dalla mente e dalle mani.



L'esordio del recital a due è affidato alla Marcia Militare in re maggiore D 733 di Schubert, un brano che con la sua forma colloquiale, un quattro mani tra amici, non poteva esprimere meglio lo spirito della serata, quello appunto di collaborazione tra due artisti che si stimano reciprocamente. I musicologi affermano che questa e le altre due marce sono state concepite durante la vacanza del compositore a Zseliz. Una composizione invero singolare, che coglie con efficacia non la drammaticità, l'aggressività di un evento bellico, ma un clima festoso, tambureggiante, colto con quell'elegante e delicata raffinatezza che solo un compositore come Schubert poteva concepire. L'intenzione di questa mia veloce carrellata non è certo quella di "giudicare" gli artisti sul palco, ma soltanto di raccontare le emozioni che hanno attraversato me, semplice appassionato un po' grafomane, come amo definirmi. Luca Ciammarughi trova la sua affinità elettiva con il repertorio di Schubert e Rameau, due autori che suole in ogni occasione porgere al pubblico in maniera assolutamente deliziosa. Lo trovo sempre molto equilibrato, immune da nervosismi e colpi di testa, artefice di fraseggi morbidi, avvolgenti. Caldo e affettivo in Schubert, ma anche in grado di trasformare il pianoforte in una sorta di clavicembalo eseguendo Rameau, il Fazioli Gran Coda è diventato così armonicamente aguzzo, quasi "elettrico".

Francesco Libetta



La Gavotte et Doubles, dalle Nouvelles Suites de Pièces de Clavecin, gli dà il destro per affrontare qualche arditezza tecnica, che salta fuori nelle veloci note ribattute delle Variazioni quarta e quinta, situazione ancor più complicata nella N. 4 a causa del ribattuto di accordi a partire dalla ventunesima misura. Di emozione in emozione, mi ha commosso l'infinita dolcezza con cui il carismatico Libetta ha suonato il Notturno Op. 9 N. 2 di Chopin, completo padrone di una tastiera dalla quale sa cavare ogni più piccola sfumatura coloristico/dinamica, e questo su uno strumento che ho generalmente trovato dalla sonorità piuttosto "stentorea", vale a dire non particolarmente dolce nell'emissione. "Mutatis mutandis", la medesima amabilità ho ravvisato nell'Improvviso D 899, suonato da Ciammarughi, un brano che lui sente profondamente, ricco d'increspature che emergono sottilmente dalla trama musicale. Nelle veloci quartine di semicrome s'intravvede il mormorio acqueo di una limpida cascata. Ci speravo (e questo mio desiderio si è avverato) di ascoltare il temibile Studio sull'Etude chopiniano Op. 10 N. 12 "La caduta di Varsavia", un brano che Francesco Libetta ha eufemisticamente definito "non semplice" da eseguire.



In realtà è estremamente difficile, irto di pericoli, va suonato con la sola mano sinistra, alla quale è richiesta tra l'altro una non indifferente tenuta atletica, oltre che una precisione notevole nei rapidi passaggi di nota tra un registro a l'altro. Fatto sta che solo pochissimi pianisti al mondo sono in grado di eseguirlo in maniera limpida. E Francesco Libetta, il grande virtuoso che il documentarista Bruno Monsaingeon ha immortalato nel suo recital al Festival International de Piano de La Roque d'Anthéron 2002, è tra questi. Grande è il salto tra questi brani di consolidata tradizione e quelli di Philip Glass e il nostro Ezio Bosso, rispettivamente eseguiti da Ciammarughi e Libetta. Due episodi che non appaiono alla stregua di vestiti alla moda tra altri vecchi che vengono tirati fuori dall'armadio, poi spolverati prima di essere indossati. In questo sta anche l'abilità dell'interprete di valore: non appiattire tutto ciò che passa dalle sue mani perché tra un Notturno di Chopin e un brano di Bosso ci passa un mare (o forse no...), quanto attribuire a ciascuno la giusta dimensione in una proiezione emozionale che li accomuni. In "Split, Postcard from far away" di Ezio Bosso mi ha davvero impressionato la forza con cui Libetta ha riesposto il tema dopo i due fulminei glissando, discendente e ascendente.



La sua formidabile capacità di sprigionare una grande potenza sonora, e smuovere di conseguenza forti emozioni in chi ascolta, è unica. Chi ha avuto la fortuna di ascoltarlo a Città di Castello suonare su un Borgato Grand Prix 333, il pianoforte più lungo al mondo, può capire quello che dico. Ma, si sa, le auto di Formula Uno vanno messe nelle mani di piloti che ne siano all'altezza. Gran finale con l'Ouverture dal Guglielmo Tell nella trascrizione Franz Liszt. Seguono due "encore". Un tripudio di suoni che mi sarà difficile dimenticare, esattamente come questa memorabile serata perugina.




Alfredo Di Pietro

Marzo 2024


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