L'atmosfera galante che il complesso strumentale Musica Elegentia ha stabilito nelle sue sue tre precedenti registrazioni prosegue con questo quarto CD. In realtà, se l'orologio di Non solo audiofili parte dal doppio album Divertimenti Viennesi, il gruppo abbruzzese ha iniziato il suo percorso discografico prima, con due lavori che avevano già "in nuce" lo spirito rintracciabile in quest'ultimo Leopold Hofmann - Six Divertimenti Op.1, pubblicato dall'etichetta Challenge Music. Parliamo dei precedenti Kaspar Fürstenau: Twelve Original Compositions, Op. 35 / Six Duets e, a seguire, Peregrinare nei suoni gravi e soavi, un Live catturato a Roma nel marzo 2014 al Teatro Keiros che reca nel titolo una perfetta sintesi della cifra espressiva di Musica Elegentia. I suoni gravi provengono dallo strumento che da par suo suona il maestro Matteo Cicchitti, il violone basso a cinque corde da 16 piedi accordato C-E-A-d-g, a, mentre nelle sfere superiori si muovono gli aerei disegni melodici del violino. "Soave" è la parola chiave della poetica esternata dallo Stile Galante, come di cosa grata ai sensi per la sua sottile delicatezza e che induce sentimenti di tenero abbandono o di placida serenità. Il cerchio magico si chiude, è doveroso rammentarlo, con Paola Nervi alla viola e violino e Antonio Coloccia al violoncello. Innanzitutto (e qui anticipo delle riflessioni che di solito faccio a fine recensione) fa piacere prendere contatto con un prodotto discografico talmente ben curato, non solo dal punto di vista della bellezza e serietà dell'approccio interpretativo, ma anche di quello che potremmo chiamare il contorno, cioè le note di copertina e la qualità della ripresa audio, entrambe di alto livello.
Dalle note di copertina, stilate da Francesco Rocco Rossi, docente presso l'Istituto Pontificio Ambrosiano di Musica Sacra di Milano, si evince che siamo in presenza di un vero e proprio studio sull'argomento, tale è la quantità d'informazioni fornite e la capillarità d'indagine sulle sei composizioni presenti nel dischetto argentato. Un "modus operandi" che può mettere in difficoltà il recensore, al quale riuscirà difficile trovare qualcosa di più circostanziato da dire. Riguardo la registrazione, ancora una volta il tecnico del suono Maurizio Paciariello ha fatto un lavoro egregio, con una cattura del suono tersa, di grande nitidezza e scolpitezza spaziale, estremamente rispettosa dei timbri strumentali, che appaiono pure ben bilanciati nelle loro rispettive emissioni. Insomma, nulla si perde di quant'era all'origine, soprattutto se ascoltiamo con una cuffia di alto livello come ho fatto io, da buon audiofilo, affidandomi a una Sennheiser HD 660 S pilotata dal DAC/Amplificatore per cuffia EarMen Angel. Un sincero plauso va dunque a Paciariello per la messa a punto sonora che è riuscito a raggiungere, cosa non propriamente agevole se pensiamo che la ripresa è stata effettuata nella Chiesa di San Salvatore "Santuario del Beato Roberto" a Salle, ambiente come tutte le chiese del mondo dotato di caratteristiche acustiche molto critiche, affetto da eco e un notevole riverbero. Il compositore protagonista è questa volta Leopold Hofmann, un nome che dice poco o nulla all'ascoltatore generico, seppur appassionato di classica.
Anche se il divario di celebrità tra lui e W.A. Mozart è semplicemente enorme, c'è un episodio che li lega: nel maggio 1791, su propria richiesta, Mozart fu nominato assistente e maestro di cappella di Hofmann, sebbene l'incarico non fosse retribuito. In quel periodo Hofmann era malato e Mozart voleva anticipare la sua assunzione come Kapellmeister, che sarebbe poi sopravvenuta alla morte di Hofmann. Tuttavia, per una beffa del destino, questi non solo si ristabilì del tutto, ma sopravvisse a Mozart e mantenne il suo posto nella cattedrale fino alla morte. Compositore di vaglia, lui come tanti altri che oggi sono ricoperti dalla polvere del tempo, Leopold Hofmann fu musicista certamente accreditato nella sua epoca, nato nel 1738, a sette anni assunse il ruolo di corista nella cappella dell'imperatrice Elisabetta Cristina. Fu attivo nella chiesa di San Michele a Vienna dal 1758, diventando Kapellmeister nel 1766. Forte di una reputazione accresciutasi nel tempo, fu nominato "regens chori" nel 1764 a San Pietro, che era una delle chiese più importanti di Vienna, dove nel 1769 successe al suo ex insegnante Georg Christoph Wagenseil come istruttore di clavicembalo e organo della famiglia imperiale (c'è quindi un filo ideale che lega questo CD al precedente, dove, appunto, figura Wagenseil). Non possiamo non notare, lodandone gli intenti, una prerogativa di Musica Elegentia e del suo direttore Matteo Cicchitti, quella della messa in luce di personalità oggi inesplorate, magari ai tempi famose e celebrate, un approccio tutto sommato presagibile se diamo uno sguardo al loro percorso formativo, poi esitato in un precisa visione.
Emblematico in questo senso è il fatto che Cicchitti sia un contrabbassista, violinista, gambista, insegnante, intenditore e indefesso ricercatore della pratica strumentale storica, nonché direttore artistico e musicale per il repertorio dei secoli XVI, XVII e XVIII. Fa davvero impressione l'elenco di titoli accademici, specializzazioni, luoghi in cui ha insegnato, conferenze, masterclass, seminari, esibizioni e collaborazioni che c'è nel suo curriculum artistico. Non da meno è il gruppo che lui stesso ha creato a Lanciano alla fine del 2012 e che oggi dirige, Musica Elegentia, un ensemble che amo definire a geometria variabile, traente origine dall'omonima Associazione culturale musicale, impegnato a eseguire musica antica utilizzando strumenti del periodo o copie fedelmente riprodotte, con una lettura filologica della musica, attenta alle tecniche documentate dai trattati musicali d'interpretazione delle stesse epoche di composizione. Come avvenuto nel terzo CD Divertimenti Viennesi, qui si entra nella costellazione del divertimento, vale a dire in un genere foriero di composizioni dal carattere tendenzialmente colloquiale, scorrevole e leggero, indole che invita a uno sguardo se vogliamo disimpegnato da parte di chi ascolta, incline alla semplicità dell'intrattenimento. Peccato che non sia esattamente così, almeno non sempre, perché tra le maglie di questa "frivolezza" s'insinuano episodi di profonda ispirazione, uno per tutti l'augusto Andante del Divertimento N. 3 in la maggiore, ma anche movimenti di non elementare costruzione, come il Tema con sette variazioni del N. 1, il Menuetto con cinque variazioni del N. 4, l'Adagio con sette varizioni del N. 5 e il Tema con tre variazioni dell'ultimo Divertimento.
L'innocente candore di questa musica, ce ne rendiamo conto leggendo le note di copertina, reca con se l'indeterminatezza di contorni insita nel genere del divertimento, essendo questo un insieme di brani strumentali di libero assemblaggio, già dalla sua nascita gemello e talvolta indistinguibile da altri generi come la serenata, la cassazione, il capriccio, il notturno. Per di più incerto nella sua fisionomia, se pensiamo che sino all'intorno del 1780 si riferiva a tutte le composizioni strumentali non sinfoniche. Un'ambiguità che getta le sue ombre sulle stesse composizioni contenute in questo disco, considerabili nella loro forma come terzetti e pubblicate nel 1775 con l'appellativo di "Sonate" nell'edizione di Hummel, ma che figuravano come "Divertimenti" nelle ristampe che seguirono. In questi Sei Divertimenti Op. 1 scopriamo una considerevole varietà di accenti espressivi, situazioni strumentali e avvicendarsi di movimenti, compreso l'uso diversificato dell'Adagio, concepito come breve introduzione nel Divertimento I in la maggiore o come movimento a se stante, di respiro e strutturazione non fugaci, nel Divertimento VI. Troviamo inoltre una demarcazione strumentale tra i primi e i secondi tre, nei primi figurando il violino e nei secondi la viola (magnificamente suonata dalla brava Paola Nervi) mentre Cicchitti e Coloccia fanno coppia fissa in tutti. È nella natura delle cose che il timbro più scuro della viola condizioni il corpo del messaggio sonoro, conferendo una maggior sensualità al discorso musicale. Anche nel mero numero di tempi c'è una certa varietà: il N.1 ne conta cinque, quattro il numero 6, tre i numeri 2, 3, 4 e solo due movimenti ha il Divertimento 5.
Anche se non mancano i movimenti monotematici, la maggior parte di essi ha una struttura bipartita, con ogni sezione terminata da un ritornello, un modo di fare ligio all'architettura formale che prevaleva nelle composizioni strumentali del periodo. Un pacioso Adagio fa da introduzione all'Allegro moderato del Divertimento N. 1, dove il violone ha modo d'imporsi per la tipica rugosità del timbro e la sorniona ironia dell'eloquio. Più spedito scorre l'Allegro con l'intrecciarsi elegante, setoso, dei tre strumenti. Una vera delizia i minuetti di Leopold Hofmann, raccontati dal gruppo abruzzese con l'arte oratoria distintiva del fine dicitore. Il "pas menu" qui davvero raggiunge dei vertici di grazia, di dialogar cortese e rispettoso dell'interlocutore. Il quarto dei cinque movimenti che formano il Divertimento N. 1 è un Adagio - Allegro, inizia composto per poi movimentarsi nella seconda parte, molto bello lo scatto ritmico tra i due tempi, che il complesso strumentale mette in atto con ammirevole sincronismo. Il N. 1 finisce con il Tema con sette variazioni. Si entra in un labirinto con luci e specchi, in una sorta di visita guidata dove ogni variazione non si risolve in un semplice abbellimento del tema, ma muta anche nelle intenzioni espressive; anche qui il violone riveste l'importante parte di accompagnamento armonico e sostegno ritmico al fluire della melodia. È uno dei momenti più articolati e godibili del disco, non un caso isolato perché la forma della variazione compare anche in altre occasioni: nel Menuetto con cinque variazioni del Divertimento N. 4, l'Adagio con sette varizioni del N. 5 e il Tema con tre variazioni dell'ultimo Divertimento.
Il N. 2 ha nel suo inizio un vivace palleggiarsi di frasi tra i tre strumenti, una sorta di botta e risposta a incastri significativo dell'ottimo affiatamento raggiunto dal trio, tra l'altro molto divertente, nel pieno spirito del genere. Difficile individuare degli episodi che mi hanno colpito più di altri, poiché questo CD promette e mantiene un amabilissimo "continuum" di musica, dove solo un ascoltatore poco attento, superficiale, potrebbe intravvedere della monotonia. Nei limiti di forme rispettate con diligenza, Hofmann si muove con notevole libertà, dipinge affreschi variegati, forte di un'invidiabile "palette" coloristica. Ogni movimento che incontriamo, sommamente i minuetti (ma questa può essere una preferenza personale), manifesta il fascino speculare di garbate simmetrie, quel parlare forbito, mai sopra le righe, che ristora e consola. Mi si consenta di menzionare il tenero Andante, secondo tempo del N. 3, così ricco d'intime inflessioni, con quella sua aria nobile e insieme amichevole, oppure l'ariosità campestre del Tempo giusto del N. 4 in mi bemolle maggiore o, ancora, il burbero brontolare del violone, in veste di personaggio caratteristico da opera buffa (mi sovviene Uberto de La serva padrona di Pergolesi). Altri e vari registri si toccano del sentire umano in questa sorta di epopea, dove la piacevolezza non fa necessariamente il paio con la vacuità. Affiorano nell'Adagio con sette varizioni del Divertimento N. 5 in re maggiore desideri inconfessati che dischiudono le porte al sublime, al "manque", in un andamento particolarmente riflessivo e sorvegliato. Non ci si apetterebbe di sentire, incastonato nel Minuetto del Divertimento N. 5, un Trio dal tono così dolente. Con il N. 6 si chiude in disinvoltura il CD.
È musica d'altri tempi, questo è chiaro, ma porta con sé dei concetti intramontabili che la nostra epoca, ahimè ingloriosa, pare aver dimenticato in tutti i "topoi" teatro di scambio comunicativo. Questa trascuratezza, della buona educazione, del non gridarsi addosso armonizzando le voci nella dialettica del discorso, sono valori che si spera possano venire recuperati. Nella sua essenza più autentica il genere del Divertimento, qui superbamente rappresentato, ha un non trascurabile valore sociale, una reale ricaduta sulle persone come catalizzatore di una serena e civile convivenza.
Alfredo Di Pietro
Novembre 2023