Cerca English (United States)  Italiano (Italia) Deutsch (Deutschland)  Español (España) Čeština (Česká Republika)
sabato 27 luglio 2024 ..:: MicroSound Technology Arhat 1 ::..   Login
Navigazione Sito

 Preamplificatore Linea Stereo MicroSound Technology Arhat 1 Riduci

INTRO

Lungi da me l'intenzione di risalire "ab ovo", ma per noi appassionati di riproduzione audio il 1937 è stato un anno senz'altro cruciale. Ottantasette sono le primavere trascorse dalla nascita del termine "High Fidelity", apparso quando la RCA, detentrice del brevetto sul tetrodo a fascio, realizzò una valvola, cui seguirono innumerevoli varianti, che andò a equipaggiare tantissimi apparecchi audio da quell'anno fino ai giorni nostri. Questa valvola si chiamava 6L6 e dette la stura all'apparizione sul mercato di una serie di amplificatori audio di elevata qualità sonora. Si dovettero però aspettare gli anni settanta e ottanta, con la grande diffusione degli impianti per la riproduzione del suono in ambiente domestico, per mettere ordine in un settore che era sostanzialmente in balia degli estri dei vari costruttori. Furono allora stabilite delle norme meccaniche e dei parametri elettrici definiti "Standard", le norme DIN e RIAA, secondo le quali un apparecchio poteva essere considerato Hi-Fi o meno. Un ventennio quello del '70 - '80 che ha lasciato una profonda traccia nella storia dell'alta fedeltà, per noi audiofili "d'antan" suggestivo di nostalgie che ci riportano all'età della giovinezza, ma importante anche per certi progettisti audio, che hanno proseguito sulla strada dell'aggiornamento tecnologico senza però dimenticarsi di ciò che deve principalmente fare un amplificatore: suonare, ovviamente in collaborazione con gli altri anelli della catena.

Non va quindi considerata come un'effimera moda l'attuale tendenza al vintage che si manifesta nell'odierno mercato, quanto il recupero di determinati valori timbrici riconducibili a precise scelte progettuali. Anch'io sono stato contagiato da tale tendenza, impossessandomi di un NAD 3020B, che ho voluto poi far ricondizionare da un bravo tecnico, e in questo momento sta suonando nel mio impianto un amplificatore integrato Marantz Model 1072, perfettamente restaurato e "abarthizzato" da Carlo Colombo. Si, proprio il titolare della MicroSound Technology, progettista e realizzatore dell'oggetto della mia prova odierna. Lui non solo ha rivitalizzato la componentistica di questo Marantz, sostituito i condensatori ormai rinsecchiti, ripulito i contatti ossidati e quant'altro, ma ha anche operato delle modifiche circuitali atte a far diventare questo vecchio integrato un'altra cosa rispetto all'originale. Quello che posso dirvi è che suona alla grande e forse sarà oggetto di una mia prossima recensione. D'altronde è di questi giorni la presentazione dell'amplificatore integrato M2Tech Classic, un'elettronica nata proprio in ossequio a quei fantastici anni '70 e '80. Ma perché questo cappello introduttivo, speso sul fermento intorno all'HiFi dei bei tempi andati, se io oggi voglio parlare del preamplificatore linea MicroSound Technology Arhat 1, che è un oggetto del tutto moderno?

Lo scopriremo solo proseguendo nella lettura. Un indizio tuttavia voglio darvelo, invitandovi a leggere una mia precedente recensione, quella relativa al valvolare HDC300B2 Mono SE Parallel Power Amplifier, segnatamente il paragrafo "Che la seconda armonica sia con voi...". Un titolo dal carattere ecumenico che dice molto sulla filosofia adottata nell'Arhat 1.


PREAMPLIFICATORE LINEA STEREO MICROSOUND TECHNOLOGY ARHAT 1
UN VALVOLARE "EN TRAVESTI"


 

SPECIFICHE TECNICHE DICHIARATE

 

SNR @ 1 kHz 1,5 Volt RMS Out/IN -9 dBV A weight: 93.9 dB
THD @ 1 kHz 1,5 Volt RMS Out/IN -9 dBV: 0,11%
THD @ 1 kHz 1,0 Volt RMS Out/IN -12,7 dBV: 0,07%
IMD CCIF2  19-20 kHz a 0 dBV Out: 0.07%
BW -3 dB: 5 Hz to 2,2 MHz
Slew Rate at maximum out swing of 40 Volt peak to peak: 44 V/µs
Input impedance: 45 kΩ
Output impedance: 550 Ω
Dimensions (LxHxW) cm: 45 x 11 x 35
Power consumption @ 230 Volt: 25 Watt

L'Arhat 1 è frutto di un'idea originale, mi racconta Carlo, nata quasi per caso su un gruppo Facebook. Lui aveva letto un post stilato da un iscritto, in cui questo manifestava l'intenzione di autocostruirsi un preamplificatore molto semplice sulla falsariga del progetto di un famoso personaggio americano del settore audio che, notoriamente, mette a disposizione degli appassionati del "Do It Yourself" alcuni suoi semplici progetti con il relativo layout circuitale. Carlo Colombo è poi andato a vedere lo schema di questo preamplificatore, notando alcuni particolari che a suo parere erano perfettibili, e lo ha modificato in maniera importante. Stravolto, è la sua esatta parola, tanto da venir fuori un'altra cosa rispetto all'originale. Questo progetto conteneva comunque "in nuce" il rispettabile concetto dell'essenzialità, l'obiettivo di fare un "layout" che potesse equivalere a quello di un'elettronica a tubi, ma realizzato con componenti a stato solido. Entrando nei particolari, l'amplificazione di un singolo canale utilizza un transistor FET (Field-Effect Transistor), un JFET e un MOSFET, quindi due componenti attivi. A monte abbiamo un regolatore di volume in ingresso, realizzato con potenziometro Alps, e dei commutatori a relè relativi ai quattro ingressi.



Questi lavorano a impulso, non rimanendo sempre accesi. Per inciso, sono stati utilizzati solo in quest'oggetto della produzione MicroSound Technology. Tali relè sono dotati di una memoria grazie alla quale ricordano lo stato in cui sono stati lasciati, dopo l'impulso rimangono quindi disalimentati. C'è un circuito di temporizzazione d'uscita, in maniera tale da evitare i "bump" all'accensione e spegnimento, o perlomeno li rendono quasi inudibili. Sull'alimentazione è opportuno imbastire un discorso più circostanziato. Quella presente nel nostro preamplificatore è del tipo "Single Ended" o "Shunt" e lavora alla rovescia rispetto alla configurazione serie, tipologia che simula una resistenza variabile in serie alla tensione di alimentazione, così da mantenere costante la tensione d'uscita. I classici regolatori di tensione famiglia 78 (7812 - 7805), operano secondo questa modalità, cioè variano la resistenza di passaggio per ottenere un valore fisso di tensione in uscita. I regolatori Shunt fanno invece il lavoro opposto, in questi esiste una resistenza fissa, posta in alto verso la sorgente (fornitrice di una tensione elevata) e mandano corrente verso massa in maniera tale da tenere costante il valore della tensione.



Tale schema di alimentazione è esattamente uguale a quello del preamplificatore, che è un Single Ended, utilizzando un MOSFET con una resistenza verso l'alimentazione, così come l'alimentatore Shunt porta a massa la parte superflua di tensione. Lo schema circuitale della sezione di preamplificazione dell'Arhat 1 ha una bassissima reiezione ai disturbi presenti sull'alimentazione, un fattore che rende necessario dotare i preamplificatori a valvole di filtri a Pi-greco per tentare di abbassare il ronzio di rete, quello che in buona sostanza ritroviamo in uscita. Il MicroSound Technology non fa eccezione, anche se qui siamo su valori di disturbo inferiori al µV, a fronte dei 60 Volt di targa. Purtroppo, negli SE tutto ciò che c'è nell'alimentazione si ritrova in uscita, non esistendo alcuna reiezione al disturbo. La scelta su un regolatore di tipo Shunt fa seguito a quella che è una fissa di molti audiofili, i quali prediligono questo tipo di alimentazione. C'è in quest'oggetto la volontà di tenere le distorsioni su livelli comunque accettabili, senza arrivare alle punte estreme di cui è capace l'XSP 11. La dissipazione del calore prodotto avviene sul pannello anteriore, basta toccarlo dopo un po' che l'apparecchio è acceso per rendersene conto. Toglietevi dalla testa di usare l'Arhat 1 per pilotare dei diffusori, poiché, nonostante i 50 Vpp che produce, in qualità di SE ha un'impedenza d'uscita troppo alta (1000 Ohm) per rendere possibile una cosa del genere, diversamente dal modello XSP 10.0, da me recensito nel novembre 2023.



Altro particolare, il segnale audio non passa attraverso il commutatore degli ingressi ma nei quattro relè dedicati. Il progettista si tiene distante da ogni polemica circa l'opportunità d'inseguire un suono piuttosto che un altro, questione che io stesso considero "di lana caprina". Trovatemi due oggetti che suonano uguale, pur nella tensione al più puro ideale di alta fedeltà con un suono oggettivamente imparziale, e poi ne riparliamo. Un'altro movente a questo progetto è l'ottenimento di un andamento delle armoniche molto regolare, digradante come livello in base all'ordine (seconda, terza, quarta, quinta eccetera), con una grande differenza tra l'altezza della seconda e quella della terza armonica.




MICROSOUND TECNOLOGY ARHAT 1
DESCRIZIONE E VISIONE DELL'INTERNO




Questo preamplificatore è di semplice gestione. Per inciso, credo che le misure effettuate potranno aiutare a formarsi un quadro abbastanza esauriente delle sue prestazioni. In nome di un dichiarato purismo, l'Arhat 1 non ha alcun encoder nè display sul pannello frontale ma una classicissima manopola cromata, alquanto rognosa da fotografare, dietro la quale si nasconde un potenziometro di volume Alps. Questa è posta non al centro dello spesso frontale nero in alluminio spazzolato, dove invece troviamo il selettore degli ingressi, ma spostata verso sinistra. Non c'è null'altro se non il LED che segnala la messa in tensione e il nome del preamplificatore, inciso nel metallo con macchina CNC. Altrettanto semplice il retro, che ospita, partendo da sinistra, la vaschetta IEC dotata di fusibile per il collegamento del cavo di alimentazione, al centro le due uscite Pre Out e sulla destra i quattro ingressi Linea (AUX 1-2-3-4), non ci sono connessioni bilanciate (XLR) ma solo sbilanciate (RCA). Le dimensioni sono anche loro classiche e il peso non indifferente per la tipologia di apparecchio.



Al di sotto del telaio troviamo dei bei piedini neri. Una volta rimosse le quattro viti con testa a croce che tengono fissato il pannello superiore al telaio, si accede all'interno. Qui si notano le due PCB, una dedicata alla sezione di preamplificazione e l'altra all'alimentazione, della quale abbiamo già parlato con dovizia di particolari. Il potenziometro Alps non è subito dietro la manopola, ma alloggiato nella scheda principale, che il progettista ha messo in prossimità degli ingressi e dell'uscita presenti sul pannello posteriore. Si è reso necessario quindi un rinvio meccanico alquanto lungo, il quale non so se sia il responsabile di una certa durezza di azionamento del sistema manopola/rinvio/potenziometro. Meglio così che uno troppo tenero, poiché tiene al riparo da movimenti troppo disinvolti o inconsulti, parliamo di un'elettronica che eroga pur sempre la bellezza di 50 Vpp. Ottimo il feeling che trasmette invece il selettore dei quattro ingressi, dagli scatti dolci e precisi. All'interno di un MicroSound Technology non potevamo che trovare una componentistica al di fuori di ogni sospetto. Parliamo degli ottimi condensatori in film di polipropilene Standard Z-cap della Jantzen Audio, per uso audio, ad alto Q e dalla tensione nominale di 400 VDC, il citato potenziomentro Alps, resistori Vishay Dale, i quattro relè Panasonic TQ2-L-12V relativi agli ingressi.



Il circuito di preamplificazione e quello di alimentazione sono assemblati su due schede marchiate µST. Il diverso colore della superficie è dovuto all'utilizzo di una particolare vernice, assente nella scheda di alimentazione, detta "Solder Resist",
che serve nella saldatura a onda a non creare cortocircuiti. Ad alimentare adeguatamente l'Arhat 1 ci pensano non uno ma due trasformatori toroidali, uno di maggiori dimensioni imbullonato sulla grata metallica posta al fondo del telaio e un altro più piccolo messo direttamente sulla scheda. I due condensatori elettrolitici di filtro sono CDE SLPX 100 SV da 2200 µF/80 V della Cornell Dubilier.




LE MISURE

SETUP

PC Asus Laptop FLA5EV8M
Scheda Audio Focusrite Clarett 2 Pre USB (con driver ASIO)
Partitore di tensione con attenuazione di 24,3 dB
Cavi Supra Dual RCA - Kimber Hero
Software di misura: Arta e Steps (Versione 1.9.7)

Guadagno: 12,8 dB

Differenza Canale DS/SN: 0,07 dB

Impedenza d'ingresso: 45 kOhm

Impedenza d'uscita: 555 Ohm




Tra i miglioramenti che ho introdotto di recente nel mio "modus operandi" di misura c'è quello, molto importante, dell'acquisizione in modalità bilanciata, metodologia che esclude la massa dal percorso del segnale e consente di evitare i temibili anelli di massa. Detto questo, estesa e regolare sino al limite di misura del mio setup è la risposta in frequenza, con una differenza tra i due canali pari a 0,07 dB. Si manifesta un progressivo calo sulle basse frequenze al di sotto dei 100 Hz, dovuto ai condensatori di accoppiamento in ingresso, di entità tutto sommato modesta. I 100 Hz sono a -0,05 dB rispetto al centro banda, i 50 Hz a -0,2 dB e i 20 Hz a -1,17 dB. Fenomeno contrario sulle alte frequenze, dove si apprezza una lievissima crescita che porta i 30 kHz a essere sovraslivellati di 0,02 dB, i 50 kHz di 0,06 dB e l'estremo dei 90 kHz di 0,13 dB.



Come da prassi ho individuato tre tensioni test per le rilevazioni di THD, THD+N e delle tre IMD (13/14 kHz, 19/20 kHz e 250/8000 Hz. A fronte di tassi distorsivi non bassissimi, ma pienamente accettabili, in tutti e tre i casi è la seconda armonica a svettare sulla terza, come da filosofia di progetto. Un dato che rende il suono dell'Arhat 1 particolarmente gradito all'orecchio. Con una fondamentale di 0,5 Volt la seconda armonica si attesta sullo 0,025% mentre la terza armonica è dello 0,001%. A 1 Volt i tassi crescono, ma il rapporto tra seconda e terza rimane sostanzialmente invariato, essendoci la distanza di circa una decade tra le due, rispettivamente 0,05% e 0,0057%. A 3 Volt la situazione è la seguente: seconda armonica 0,15%, terza armonica 0,0064%. È un discorso che possiamo estendere anche alla distorsione d'intermodulazione, con l'evidente disparità tra la DFD2 e la DFD3 nelle due IMD con i doppi toni superiori e tra la MD2 e MD3 nella critica IMD SMPTE con doppio tono di 250 Hz/8000 Hz.



Abbastanza pulito il semitono, con diverse piccole spurie che spuntano dal fondo del tappeto di rumore.

 



Non eccellente l'EIN (Equivalente Input Noise), misura che ho introdotto abbastanza di recente nel classico gruppo. Tutti gli amplificatori generano un rumore intrinseco, cosicché alla loro uscita si apprezza il rumore di fondo (Noise Floor). Con l'EIN si misura tale rumore convertendolo in Rumore in Ingresso Equivalente. Nel nostro Arhat 1 si evidenzia una densità spettrale che sull'ambito 20 - 20.000 Hz è di -77,4 dBV. Una riprova l'abbiamo avvicinandoci molto al diffusore con il preamplificatore acceso e in assenza di segnale in ingresso, situazione in cui è avvertibile un certo fruscio.



Anche le misure di THD/seconda e terza armonica Vs frequenza avvalorano il quadro già visto all'analisi di spettro. Si nota come i grafici siano molto regolari, in pratica delle linee rette, prive di quella risalita sulle alte frequenze riscontrabile nelle elettroniche controreazionate.



Concludiamo con le rilevazioni oscilloscopiche, anche queste non da moltissimo introdotte nel "pool" di acquisizioni. Il primi segni del clipping e il clipping conclamato parlano di un preamplificatore particolarmente prestante, capace di erogare una tensione intorno ai 50 Vpp, che corrisponde a 25 Vp e 17,68 Vrms. Regolari le onde quadre, acquisite alle frequenze di 10, 20, 50 e 100 kHz, testimoni anche di una notevole estensione in frequenza.


CHE LA SECONDA ARMONICA SIA CON NOI 2
L'ASCOLTO


L'IMPIANTO

Lettore di rete WiiM Pro-A2FC
Lettore CD Rotel RCD-1070
Amplificatore finale di potenza stereo Rotel RB-1072
Amplificatore finale di potenza stereo EAM Lab PA 2150
Amplificatore finale di potenza stereo Advance Paris X-A160 EVO
Diffusori Canton LE 109
Diffusori Pylon Opal Monitor
Diffusori Lonpoo LP-42
Cavi di segnale Supra Dual RCA - Kimber Hero - Audio Quality
Cavi di potenza Fluxus Litz 900 FB/FF
Cavi di alimentazione Supra LoRad e Fluxus Alimentami

Brani ascoltati

- Mozart - The Piano Sonatas - Mitsuko Uchida
- Ludwig van Beethoven - The String Quartets - Emerson String Quartet
- Schubert for Two - Gil Shaham, Göran Söllscher
- Premiata Forneria Marconi - Passpartù
- Barrett - Syd Barrett
- Yes - Close to the Edge - Deluxe Edition
- Guillaume De Machaut - Ballades - Ensemble Musica Nova - Lucien Kandel
- Carl Orff - Carmina Burana - Berliner Philharmoniker - Simon Rattle
- Anton Bruckner - Symphonie 6 - Berliner Philharmoniker - Mariss Jansons
- Summerwind - Paolo Fresu, Lars Danielsson
- Lars Danielsson Liberetto - Cloudland. Öström, Privat, Parricelli, Henriksen, Azmeh
- Lars Danielsson - Tarantella. Mozdzer, Eick, Harland, Parricelli
- Vibrafono Sonata (Op. 639) - Massimo Colombo, Andrea Dulbecco
- Bach - Solo Works For Marimba - Kuniko
- Marimbach - Beverley Johnston
- Fabrizio De Andrè - Anime salve
- Fabrizio De Andrè - Creuza de mä
- Fabrizio De Andrè - Storia di un impiegato
- Mia Martini - La vita è così...
- Giuni Russo - Duets
- Fiorella Mannoia - Le Canzoni

La modalità d'ascolto che prevede lo streaming musicale in rete ha rappresentato una piccola rivoluzione non solo per i comuni ascoltatori ma anche per i recensori, categoria cui immodestamente ritengo di far parte. Non si è più obbligati ad alzarsi e cambiare continuamente i CD (che comunque ho utilizzato) per darli in pasto al nostro lettore, ancora peggio con gli LP, che hanno una durata per facciata di una ventina di minuti. Magari corro il rischio di diventare più pigro di quello che già sono, ma la comodità di sedersi sul divano e comandare tutto tramite l'onnipresente telefonino è davvero impagabile. Metto quindi in funzione l'applicazione WiiM sul mio smartphone, entro in Spotify Premium e inizio a navigare. La lista di album che potete leggere è solo parziale e riguarda la seduta finale d'ascolto, molto altro ancora ho sentito nel corso dei quasi due mesi di permanenza dell'Arhat 1 nella mia sala. Si dice che invecchiando si diventi monotoni, si ripetono sempre le stesse cose e fra queste c'è sicuramente la rimembrazione del passato. Perciò, anche se rischio di annoiarvi mi piace ribadire che mai come ora sono impegnato nell'appassionata rievocazione di un passato che è sempre più presente nella mia vita.

Stimolato da una congerie di ricordi derivanti dal mio vissuto audiofilo, con esperienze tra le più varie che oggi sfociano in un frutto maturo. Ma veniamo al nostro DUT. Nel valutare questo preamplificatore confesso di essermi sentito un po' in difficoltà e non certamente per la riconoscibilità delle sue caratteristiche timbriche. Non mi spingo a dire che l'Arhat 1 è un'elettronica con la tendenza a dare una sua personale visione della musica, a interpretare insomma il segnale, ma nemmeno che sia asettica, incapace di suscitare delle emozioni a causa della sua stoffa sonora. Il principale lemma della sua grammatica va interiorizzato più che argomentato. Il suono che esprime, anche se frutto di precise e consapevoli scelte progettuali mirate a colpire un risultato che era ben in mente al suo artefice sin dall'inizio, va tuttavia valutato contando principalmente sulle nostre capacità discriminative all'ascolto. Da vari anni ormai mi sforzo di collegare in qualche modo le misure con le sensazioni ricevute dall'orecchio, a volte riuscendovi a volte meno, ma certe evidenze parlano chiaro. La personalità del suo "canto" si può intuire già dalla distribuzione spettrale degli armonici, progressiva e regolare, mai disarmonica.

La pratica delle rilevazioni strumentali c'insegna che non è tanto il dato complessivo della distorsione armonica a essere cruciale, quanto la distribuzione energetica delle spurie nella banda udibile. È quella che consente di plasmare un certo tipo di sonorità, come il fabbro batte il ferro infuocato per dargli la foggia che desidera. La prima registrazione vagliata è Mozart - The Piano Sonatas, con la grande Mitsuko Uchida al pianoforte. Scopro uno strumento dotato di particolare levigatezza, di piacevole ascolto, ben presente sulla scena e florido negli armonici. Questo presupposto mi seguirà durante tutto il corso degli ascolti, una costante, una sorta di "leitmotiv". Dal pianoforte passo agli archi con l'album "Ludwig van Beethoven - The String Quartets - Emerson String Quartet", registrazione di eccellente fattura e particolarmente equilibrata nella quale sfolgora innanzitutto il genio beethoveniano, in seconda istanza (in realtà dovrebbe essere la prima nella valutazione del suono di un oggetto audio) rimane sempre ben intelligibile l'articolata struttura compositiva, i repentini guizzi nel dialogo tra i quattro strumenti, il ritmo vivace e la mutevole armonia. La dinamica, e qui ce n'è a iosa, è un altro ammirevole elemento di questo MicroSound, che non è mai in difficoltà nel restituire degli ampi sbalzi di livello.

Si apprezza in questa registrazione ma ancor più in altre che incontreremo strada facendo. Chi segue le mie recensioni sa che non mi piace utilizzare i cosiddetti dischi "test", quelli fatti per sbalordire, pieni di effetti speciali, sommessi tintinnii, vocine femminili cui fanno da contraltare gli squassanti colpi emessi da grandi percussioni sinfoniche. Per me la prima dote che deve avere una registrazione è la pregnanza musicale, evito i dischi artisticamente opachi o scialbi, anche se registrati magnificamente, perché non fanno scattare in me la scintilla della partecipazione emotiva. "Schubert for Two - Gil Shaham, Göran Söllscher" è uno di questi, anche originale poiché in queste gemme schubertiane rilucono il violino e la chitarra, forieri d'interessanti trame timbriche, delicate ed eleganti. La facondia armonica che dispensa l'Arhat 1 risalta con tutta evidenza in un violino che riconosco molto melodioso, incantevole adescatore. Il genere del progressive rock più che una consuetudine nelle mie sedute d'ascolto è un rito cui non intendo in alcun modo rinunciare. L'album "Passpartù" della Premiata Forneria Marconi sprizza energia e un'incontenibile verve ritmica. Pur essendo stato pubblicato nel 1978 ha ancora oggi un'incredibile freschezza.

Particolare il suo titolo, una parola macedonia (un neologismo formato dalla fusione di due parole diverse), qui rappresentata dal francesismo passepartout e il personaggio di Re Artù, alla cui leggenda s'ispira il brano "I cavalieri del tavolo cubico", sesta traccia del lavoro. Il suono assume dei contorni morbidi, non è mai aguzzo o tagliente come mi è capitato di constatare in altre occasioni. L'album "Barrett" è stato partorito dalla geniale visionarietà di Syd Barrett, fu pubblicato nel dicembre 1970 come secondo e ultimo album in studio di questo ex componente dei Pink Floyd. Il vecchio sound anni '70 è preservato dalla registrazione e restituito con grande efficacia dall'Arhat 1. Prima di entrare nella musica antica mi concedo l'ascolto di un album che ho molto amato, "Close to the Edge" degli Yes, puntualmente in grado di trasportarmi in una dimensione quasi fatata. La struttura complessa degli arrangiamenti e il tocco "fairytale" di queste stupende canzoni portarono a celebrare il lavoro come uno dei migliori, se non il migliore, del gruppo britannico e l'espressione più alta del rock progressivo sinfonico. Fu il primo album degli Yes a contenere un brano così lungo da occupare un intero lato A del vinile.

Close to the Edge, in realtà una lunga suite, dura infatti 18 minuti e 43 secondi. Il salto con l'album "Guillaume De Machaut - Ballades - Ensemble Musica Nova - Lucien Kandel" può essere grande o meno a seconda di come la nostra sensibilità ce lo pone. Il brano iniziale "De Fortune Me Doi Plaindre" è una sorta di macchina del tempo guidata da uno dei più grandi poeti e compositori del XIV secolo, campione dell'Ars nova. Se questa musica v'intriga, vi suggerisco di proseguire con un altro suo capolavoro, la Messe de Notre-Dame. In questa troviamo un'ampia cattedrale sonora, una musica magniloquente e di eccelsa levatura spirituale, scritta da una delle maggiori intelligenze creatrici musicali della storia. I "Carmina Burana" e la Sesta Sinfonia di Anton Bruckner (sublime il suo Adagio!) mi danno il destro per esaminare, setup permettendo, le capacità dinamiche e l'abilità a creare un ampio palcoscenico sonoro del nostro Arhat 1, che ho già presagito egregie in altre registrazioni. Una conferma quindi, più che una sorpresa, proviene da queste maestose opere, dove le masse vocali e strumentali assumono proporzioni colossali, riempiendo la mia sala di suono.

Alle sopraffine qualità timbriche qui si aggiungono quelle identificabili nel "nerbo", tecnicamente tradotto in quella disponibilità di tensione che sola può restituire una gamma dinamica senza affanni o inadeguatezze di sorta, tutto sta a questo punto trovare dei compagni di catena che siano in grado di stargli dietro, parlo dell'amplificatore finale di potenza e dei diffusori. Apro un'ampia parentesi con gli album Summerwind, Cloudland e Tarantella di Lars Danielsson, un musicista che è entrato nelle mie corde al primo ascolto a causa della sua vena intensamente malinconica. Parliamo di un contrabbassista, violoncellista e compositore unanimemente considerato uno degli esponenti di spicco del jazz nord europeo. In Summerwind la sua poetica appare singolarmente coincidente con quella di Paolo Fresu, il risultato è l'instaurarsi di atmosfere dall'intensità espressiva difficilmente eguagliabile. Ciò che mi ha fortemente colpito, oltre alle sonorità calde ed espansive contenute in questi dischi, è stata la resa del flicorno suonato da Paolo Fresu, uno strumento di cui ho potuto cogliere senza limitazioni il timbro di grande carnosità. Considero la "Vibrafono Sonata Op. 639", e, a seguire, "Bach - Solo Works For Marimba" e "Marimbach" uno dei migliori antidoti possibili contro la banalità timbrica, il già sentito, con il pulsare morbido ma deciso del suono che sfavilla dalle barre di metallo o di legno del vibrafono e della marimba.

Incantevole è ciò che si può sentire in "Solo Works For Marimba" di Kuniko: il suono è dolcissimo, avvolgente, favorisce il percolare nella nostra sensibilità di capolavori bachiani come la Sarabanda dalla Suite N. 1 per violoncello solo o il Preludio N. 1 in do maggiore dal Clavicembalo ben temperato. Tali brani vengono sottoposti a un processo di denudamento espressivo, da cui l'interiorizzazione delle pure idee musicali che contengono. Ma ora è venuto il momento di valutare la voce maschile, scelgo quindi quella profonda del grande Fabrizio De Andrè, di cui ascolto integralmente "Anime salve", "Creuza de mä" e "Storia di un impiegato". Il suo tipico timbro vocale e l'abitudine a cantare con la bocca molto vicina al microfono rendono il mediobasso imponente, a tratti minaccioso, con l'Arhat 1 dotato di una rotondità al di fuori del comune. Più di tre ore di musica talmente intensa che sembrano sconfinare in una dimensione temporale non ponderabile, la fuga in un mondo di superiore poesia e bellezza, che tuttavia scaturisce da una stretta realtà terrena. Per la voce femminile ci pensano, infine, Mia Martini, Giuni Russo e Fiorella Mannoia, ognuna con il suo peculiare timbro. Tre album tre, "La vita è così...", "Duets"e "Le Canzoni", pieni di poesia, talvolta intima e in altre occasioni declamata in maniera solare.

La palermitana Giuni Russo, in particolare, è stata un'artista sperimentale e d'avanguardia, forte di una discografia estremamente eterogenea, testimone della sua ecletticità e includente i generi del pop, musica sacra, jazz, musica tradizionale, il cosiddetto operatic pop e l'elettronica. Giuni era dotata di mezzi vocali realmente straordinari, con una voce catalogabile come quella di soprano lirico, caratterizzata da un timbro morbido e, soprattutto, dotata della straordinaria estensione di oltre cinque ottave. Talmente acuta da permetterle d'imitare senza problemi il verso del gabbiano nel brano "Un'estate al mare". A questo punto devo delle scuse ai lettori e forse anche al progettista di questo magnifico preamplificatore Linea. Dovrei giustificare la mia scarsa aderenza al linguaggio tipico usato dai recensori al momento di descrivere le loro sensazioni d'ascolto, quella prosa tra il tecnico e l'enfatico che normalmente si usa in tali occasioni. Anche la lunghezza della parte dedicata all'ascolto risulta maggiore che in altre occasioni. La colpa tuttavia non è mia, ma di ciò che è racchiuso in questa scatola metallica che ho dinnanzi: un concentrato d'intelligenza progettuale unita a una felice scelta della componentistica che mi ha fatto completamente dimenticare di essere davanti a un "elettrodomestico".

Rapito dalla sua superba e amabile musicalità ho dimenticato ogni cosa per immergermi totalmente nella bellezza della musica. E credo che complimento migliore di questo non possa essere fatto a un apparecchio HiFi, o come preferite, HiEnd.


CONCLUSIONI

Per quanto circuitalmente semplice, l'Arhat 1 è un progetto "sottile", che va incontro non senza una certa dose d'ironia alle desiderata di molti audiofili, affascinati dalla ricaduta che hanno sulla timbrica le distorsioni di ordine pari. Lo stesso nome "Arhat" fa riferimento a un termine che nel buddhismo indica chi ha raggiunto il quarto grado della perfezione ed è ormai il "santo", cioè colui che solo la morte separa dal Nirvana. Nel nostro caso è significativo di quello stato di "estasi" audiofila che questo preamplificatore è in grado d'ingenerare nei sensi di chi lo ascolta, confermato da analisi di spettro che parlano sin troppo chiaro, a dispetto di chi è convinto che le misure non servano a nulla. Ma c'è un dato che va con forza riaffermato: l'Arhat 1 non dispensa questo stato di beatitudine sonora, se così possiamo chiamarlo, a discapito delle prestazioni strumentali, le quali rivelano un comportamento egregio per quanto riguarda sia i tassi distorsivi che la linearità ed estensione della risposta in frequenza, la quale va molto oltre le possibilità di analisi del software utilizzato e della mia scheda audio. In buona sostanza, il fatto di essere estremamente gradevole all'udito, non ne fa un oggetto piacione "tout court", ma un'elettronica moderna, veloce e trasparente, integrante una componentistica di ottimo livello e seriamente progettata, tutti particolari cui la MicroSound Technology non intende rinunciare. In considerazione di quanto apprezzato, e del fatto che può essere degnamente inserito in un impianto di livello molto elevato, ritengo il prezzo al pubblico di 2490 euro foriero di un buon rapporto qualità prezzo.


Alfredo Di Pietro

Giugno 2024


 Stampa   
Copyright (c) 2000-2006   Condizioni d'Uso  Dichiarazione per la Privacy
DotNetNuke® is copyright 2002-2024 by DotNetNuke Corporation