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Il Flagship Store Steinway & Sons milanese non è un mero tempio di pianoforti d'eccellenza ma anche luogo di musica e cultura. Dopo la presentazione avvenuta nel novembre 2024 del CD di Francesco Libetta "Chopin Selon Chopin", sono ritornato nel pomeriggio di giovedì 5 giugno, in una città immersa nella calura estiva, per un'altra presentazione, quella ufficiale del nuovo CD di Victoria Terekiev, straordinaria pianista, docente e, mi permetto di dire, anche carissima amica. Questo nuovo "Aram Khachaturian - Am armenian in Moscow - Vocalize, Sonata and Piano Works II" è il secondo album dell'integrale pianistica che lei ha voluto dedicare al compositore, pianista e didatta sovietico di etnia armena. Un evento che non mi coglie impreparato perché nel gennaio del 2023 ho recensito il primo disco di questo stupendo dittico, e non mancherò certamente di dire la mia anche su questo nuovo. Quando si parla di musica è giusto lasciare spazio alle emozioni che ci possono attraversare o meno, ma ciò che ieri pomeriggio ho ascoltato è stato foriero di svariati elementi che alla fine si sono aggiunti alla musica, aiutando a contestualizzarla e arricchirla non poco. La presentazione ha voluto in realtà assommare i due volumi dell'integrale, a beneficio magari di chi si fosse perso il primo, considerati quindi come corpo unico, pur essendo stato rilasciato il primo nel 2022 e il secondo nel 2024.
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Sono di fatto dischi preziosi poichè Aram Chačaturjan è un musicista poco noto nel nostro Paese se non per la celeberrima Danza delle sciabole (o Danza delle spade) dal quarto atto del balletto Gayaneh. Tuttavia, se da noi è avvolto da una certa oscurità, in realtà viene considerato il più importante compositore russo di epoca sovietica insieme a Dmitrij Šostakovič e Sergej Prokof'ev. Precisamente il più rilevante russo di etnia non russa, essendo le sue origini armene, nato a Tbilisi nel 1903, già in passato capitale della Repubblica Socialista Sovietica Georgiana e della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Transcaucasica. Da non sovietico si affermò in un contesto tutt'altro che facile, dove chi era di Mosca o San Pietroburgo risultava molto favorito rispetto a chi apparteneva a etnie diverse. Ecco il valore di questo progetto discografico, teso a svelare un mondo per noi tutto da scoprire, anche rispetto a un compositore come Šostakovič. Per chi li ha ascoltati, questi due CD rispecchiano innanzitutto la penetrante sensibilità della pianista bulgara, che passa attraverso una conoscenza profonda non solo di questa musica ma anche di un mondo, quel cosmo russo/sovietico in cui questi compositori dovettero destreggiarsi, impacciati dai diktat deliberati dal realismo socialista.
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Un regime che statuiva una musica per il popolo, per le masse, che doveva essere di estrema immediatezza e comprensibilità, com'era anche spesso quella di Chačaturjan. Un'arte imposta d'imperio che confliggeva con la dimensione individuale, recante una sensibilità certamente non riducibile alle direttive di regime, che erano decisamente strette. Pensiamoci un attimo, se questo compositore non recasse un'impronta molto personale, se non fosse il creatore di un'armonia raffinatissima, di colori unici e di uno slancio ritmico favoloso, tutti elementi che la nostra pianista restituisce in maniera autentica, non staremmo certamente qui a parlarne. Come prima domanda Luca Ciammarughi le chiede com'è nata la concezione di questi due dischi, i quali rivelano un mondo di cui si hanno davvero notizie molto scarse, quello di un compositore ricordato più che altro per il balletto Gayaneh, da cui è tratta la celeberrima Danza delle spade, e un po' anche per la sua musica orchestrale e concertante. Sostanzialmente sconosciuta era invece la sua produzione pianistica, almeno sino all'avvento di questi due album, che tra l'altro hanno riscosso un grande successo sulle piattaforme streaming e anche nelle vendite fisiche.
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Non ha problemi Victoria Terekiev a dichiarare di aver voluto imbarcarsi in una "follia", innanzitutto perché le è molto simpatico Aram Chačaturjan. Confessa di avere una corrente empatica con lui e lo interpreta non solo perché affascinata dalla musica che scrive. È proprio il personaggio ad averla sempre intrigata. Nelle sue fotografie del tempo raramente lo si vede sorridente, mostra un viso molto particolare, importante. La prima cosa che l'ha colpita sono i suoi tratti fisiognomici un po' clowneschi, stimolo per una conoscenza più approfondita. Non trascurabile è anche una circostanza legata con la sua infanzia, cioè il fatto che quando era bambina aveva studiato con la sua meravigliosa prima insegnante, Stefanska Mandrajieva Krivenski, (ringrazia il figlio dell'insegnante per la sua presenza all'evento) la Sonatina e i piccoli pezzi del Children's Album, inizialmente dal primo libro e poi dal secondo, brani in realtà tutt'altro che facili per un bambino. Chačaturjan scrisse nel suo primo periodo una musica abbastanza immediata, delle composizioni prevalentemente dedicate a bambini e adolescenti, semplici e molto scorrevoli.
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Questa è stata dunque la motivazione della sua scelta, concretizzata poi nel progetto discografico: "An Armenian in Moscow - Masquerade Suite and Piano Works I", pubblicato nel 2022, un disco andato così bene che il suo produttore le ha proposto di farne un secondo. Così nel 2024 è apparso "Aram Khachaturian - Am armenian in Moscow - Vocalize, Sonata and Piano Works II", a completamento dell'avvincente dittico monografico. "Ripensandoci", dice la pianista, "avrei messo magari delle cose del secondo disco nel primo e, al contrario, dei brani presenti nel primo nel secondo. Diciamo che il secondo volume è un pochino più intellettuale, c'è il Chačaturjan che manifesta le prime dissonanze, comincia a sperimentare molto di più rispetto a brani piuttosto onirici come Poem." Spesso colleghiamo al mondo sovietico una certa cappa depressiva, per esempio nella musica di Šostakovič, che richiama un clima da mal di pancia, come soleva dire Franco Pulcini, l'insegnante di storia della musica di Luca Ciammarughi al Conservatorio. Musica fuor di dubbio geniale, ma che in molti casi esprime proprio il sentimento della depressione, innescato nell'animo dall'incombenza di un regime.
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Lo stesso Šostakovič in un certo periodo della sua esistenza andava a dormire vestito di tutto punto e con una valigetta pronta, non era un comportamento stravagante ma dettato dal terrore che venissero a prenderlo di notte. Questo succedeva in Russia, in Bulgaria e in tutti i Paesi dell'Est. "Quando mio papà si ammalò", racconta Victoria, "letteralmente fuggito dalla Bulgaria con niente addosso, il primo sintomo che ebbe della demenza fu di chiedere dove fossero la sua valigia e le sue scarpe, visto che stavano per portarlo via." È una cosa vera che purtroppo appartiene a tutte le persone che hanno vissuto in Russia. Il controllo sulla vita pubblica e privata dei cittadini sovietici era capillare, tuttavia non mancavano gli aspetti positivi, come l'impulso dato alla musica durante il periodo del comunismo sovietico, foriero di tante cose meravigliose. "Per tornare a Chačaturjan", dice Ciammarughi, "a differenza del mondo piuttosto cupo di Šostakovič, il suo invece manifesta una grande positività, in esso c'è un notevole slancio che corrisponde alla parte buona di ciò che accadde in Russia a partire dal 1917. Non dobbiamo dimenticare che la Rivoluzione d'Ottobre fu anche per gli artisti, soprattutto all'inizio, un momento di grande fervore creativo.
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Pensiamo a Kandinskij, Aleksandr Blok, Malevič e tutte le avanguardie russe." Emerse l'idea di un'era nuova, lo spalancarsi di un ridente futuro, la fiducia verso il progresso. Il pensiero dei sovietici era rivolto a una musica progressista, che doveva essere pulita, arrivare immediatamente alle orecchie delle persone, da cui il positivismo. La pianista bulgara confessa al pubblico che nel suo indefesso studio di Chačaturjan, personaggio da lei ritenuto anche un po' ambiguo, si è sempre domandata se la sua positività era una cosa richiesta dal regime, che imponeva composizioni di facile ascolto, oppure se lui stesso aveva una personalità che lo conduceva in quella direzione. Viene da pensarlo perché se noi ascoltiamo pezzi molto giovanili, a parte i Recitativi e Fughe, come Poem e il Waltz-Caprice dai Two Pieces (di cui la pianista ci concede l'ascolto), lì di positivo non c'è assolutamente nulla in quanto si muovono in una dimensione onirica, con dissonanze, none. Lui si mantiene sempre sul filo del rasoio tra una parvenza di solarità e un mondo completamente diverso, se non opposto. Šostakóvič fece un passo oltre, essendo ferocemente attaccato nel periodo della sua opera Lady Macbeth del Distretto di Mcensk, rappresentata nel 1934 in epoca staliniana, a causa di una musica che i sovietici consideravano alienante per il popolo, troppo complessa e anche fosca nell'atmosfera.
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Va da sé che l'ideale per il regime era un'arte sana, vigorosa, con la schiena dritta, che rappresentasse lo slancio della gioventù sovietica. Esistono dei punti di contatto con un altro regime, quello nazista, che attaccava la cosiddetta Entartete Musik, musica degenerata. Scriverne una atonale o con influssi jazzistici significava essere dei decadenti borghesi. Il secondo tempo della Sonata di Chačaturjan, l'Andante tranquillo, è pieno d'influenze jazz, tanto che è stata rivista dall'autore nel 1976. Secondo Luca Ciammarughi i brani eseguiti da Victoria Terekiev nel corso della presentazione sono lo specchio della condotta che i compositori in tempo di regime solevano attuare, quando la dittatura metteva in atto il gioco del bastone e della carota. Lo stesso compositore fu ricompensato dal regime con tre premi Stalin e un premio Lenin, ma anche bastonato con una bella "purga sovietica". Alla fine fu messo in una Dacia dorata perché comunque era il presidente dell'Unione dei compositori, per cui non si poteva certo trattare male. Secondo Victoria Terekiev la vera e grande differenza che c'è tra lui e, per esempio, Šostakovič, è che quest'ultimo trasformava tutta la sua angoscia, tristezza e avversione per il regime in una grande ironia. Non c'è un suo brano che non rechi impronta di questa trasposizione.
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Dal canto suo Prokof'ev compie questa metamorfosi in direzione del ritmo, esasperandolo, mentre la nostra pianista non trova così ironico Chačaturjan. Nel Waltz-Caprice, uno dei brani che lei ha suonato per noi, ci sono delle influenze skrjabiniane e anche di Rachmaninov, tuttavia si avvertono, soprattutto nel Poem, primo brano eseguito, molti influssi orientali, in particolar modo armeni. La specificità di quest'autore, anche rispetto ad altri compositori sovietici, è stata quella di attingere al folclore di queste regioni piuttosto periferiche dell'Unione Sovietica, non soltanto l'Armenia ma anche l'Azerbaigian e la Georgia, oltre a musica folclorica della Russia e dell'Ucraina. Lo ha fatto però non in una veste esclusivamente da etnomusicologo, non bartokiana per intenderci. I rimandi orientali in Poem, quasi da Le mille e una notte, alla fine furono abbastanza graditi al regime sovietico poichè coincidevano con l'idea d'inglobare nella grande Russia il colore locale di altre regioni. "È stata in realtà un'accettazione molto progressiva", dice la pianista, "in quanto i sovietici erano all'inizio contrarissimi a quest'operazione." Nulla è stato facile nel percorso di Aram Chačaturjan, che ha dovuto lottare strenuamente per farsi accettare fino in fondo, in quanto armeno, nel contesto di un establishment molto centralizzato, dove Mosca era il fulcro di tutto.
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Stessa cosa avvenne d'altronde a Prokof'ev nel 1948, durante il famigerato periodo in cui Andrej Ždanov fu l'arbitro della linea culturale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Tale nefasto personaggio fu estremamente castigatore, crudele nelle sue azioni di censura pure nei confronti di Šostakovič e persino con Chačaturjan, il quale era stato fino a quel momento quasi l'emblema del buon sovietico. Erano compositori si premiati ma anche messi continuamente sull'attenti, dissuasi dallo scrivere una musica che fosse troppo complessa. "In questi due primi brani che ho suonato c'è l'urlo della dissonanza", afferma Victoria, "nel re bemolle, sol naturale e fa c'è proprio questo senso di disperazione. Siamo nel 1926 ed è la prima volta che lui usa le dissonanze." Nei pezzi successivi si manifesta un altro mondo ancora. Lei pensava di eseguire due brani dalla Masquerade Suite, un'opera tiene a precisare di musica incidentale, cioè non facente parte integrante della narrazione ma utilizzata per creare atmosfera, sottolineare emozioni o accompagnare scene specifiche. Masquerade fu composto su testi di Mikhail Lermontov e contiene la famosa Aria di Nina, Chačaturjan prima che per l'orchestra, tra il 1941 e il 1944, la scrisse per il pianoforte.
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La Suite comprende cinque quadri: Valzer, Notturno, Mazurca, Romanza e uno sfrenato Galoppo finale, che Victoria ritiene kitsch e molto difficile da eseguire, anche se in realtà si può suonare con due dita, è qui che il compositore ha un momento liberatorio. Inaspettatamente il regime accettò quest'opera; dobbiamo pensare che era il 1944, momento in cui i sovietici erano più rilassati perché pensavano allo scontro con la Germania. Victoria sente profondamente questa musica, ama definirsi un'artista di sangue ritmico, tre quarti bulgaro e un quarto italiano e ha con essa e la russia un legame fortissimo, sia in senso positivo che negativo. "Nutro un sentimento quasi psichiatrico nei confronti della Russia", dichiara, "nel senso che non ci sono mai stata e guai se avessi mai pensato di andarci mentre il mio papà era in vita. Per questo sono incredibilmente affascinata da tutto il mondo russo, dalla sua letteratura, dalla musica e altre arti. Non posso negare che mi attira e prima o poi ci andrò. Mi piacerebbe molto anche suonare in quel Paese." Il suo iter discografico, che allo stato attuale conta sei dischi, è partito da "Wind from the East" con compositori bulgari. Per quanto riguarda i concerti ha suonato le Sei danze in ritmo bulgaro di Béla Bartók più la musica di un compositore serbo.
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Si può dire che pian piano sta "emigrando" per andare sempre più verso l'Est, quindi l'Armenia, mentre il prossimo CD conterrà esclusivamente musica di autori russi. A ben vedere quest'idea di una mistica superiorità del popolo russo è molto presente, Ciammarughi sospetta che possa nascere da un complesso d'inferiorità. La ragione sta nel fatto che noi, in quanto occidentali, abbiamo una storia che affonda le sue radici nell'antichità greca e romana, mentre la Russia ha abolito la servitù della gleba solo nel 1861, ha quindi una storia che slitta molto più in avanti, vale a dire parecchio più recente. Un tale senso di superiorità misticheggiante lo rinveniamo per esempio in Dostoevskij, uno scrittore assolutamente russofilo, o in un compositore come Musorgskij. È un sentire quasi giustificato dallo sforzo di colmare il divario che il popolo russo avverte nei confronti dell'Occidente attraverso qualcosa di speciale. Non è difficile percepire da parte nostra quest'anima russa nell'arte, in quanto tutti i compositori di quel Paese, anche i più diversi fra di loro, Čajkovskij, Stravinskij, Chačaturjan e tanti altri, hanno un qualcosa che li accomuna. Stravinskij, per esempio, andò via dal suo Paese nel 1910 per seguire Djagilev con i suoi Balletti russi, senza tornare mai in patria fino agli anni '60, scrisse anche una lettera a Šostakovič dove diceva che i russi non dimenticano mai l'odore della propria terra e non permettono che gli stranieri di criticarla, potendolo fare solo loro.
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C'è qualcosa in questo popolo di assoluto, di spirituale e forte che noi occidentali non comprendiamo perchè totalmente diversi da questo, includendo nel ragionamento l'idea di un impero russo di stampo zarista, che oggi, dopo una brevissima parentesi di democrazia, è ritornato con l'ideale putiniano dell'Eurasia. Ritornando a bomba alle musiche di scena di Masquerade, Lermontov diceva che tutti noi siamo uguali, la maschera non cela niente, mentre in verità è il corpo sotto questa che dice tutto di noi. A Victoria piace citare un passo molto significativo dalla romanza di Nina: "Quando la tristezza è una lacrima involontaria, ti scorrerà attraverso gli occhi. Non mi fa male vedere e capire che sei felice, infelice con qualcun altro. Un verme invisibile rosicchia, invisibile, la tua vita indifesa e allora sono felice che non possa più amarti come ti amo. Ma se la felicità è per caso, brillerà nei raggi dei tuoi occhi. Allora soffro amaramente di nascosto e ho un intero inferno nel mio petto." In questa romanza, da lei magnificamente suonata, c'è tutta l'anima di Chačaturjan e il suo particolare senso di nostalgia, emergente da una musica che non è mai ironica né tantomeno sardonica, ma sa esprimere in modo non depressivo un profondo sentimento di malinconia.
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Alla base delle sue romanze, dei suoi andanti, c'è sempre l'ombra del tradimento, anche nella storia d'amore di Nina e Arbenin. Lei sposa quest'uomo molto combattuto tra il gioco d'azzardo, la vita estrema, e un'anima in fondo estremamente romantica. Nina per lui rappresenta la vera salvezza perché è bellissima, bionda, molto giovane e lui ne è perdutamente innamorato, credendo con questo di riuscire a trovare una sua strada. Poi arriva l'episodio del braccialetto smarrito durante la festa, un po' come avviene nell'Otello con il fazzoletto di Desdemona. Lermontov parla di questo braccialetto, ma in realtà non è lei che lo perde ma un'altra persona che vuole conquistare Arbenin e lui, offuscato e terrorizzato dal fatto che Nina potesse tradirlo, l'avvelena. C'è un po' della Sonata Kreutzer di Tolstoj in questa vicenda. Notiamo che nella produzione di Chačaturjan manca del tutto l'opera lirica, forse scoraggiato dall'incidente in cui incorse Šostakovič a causa della Lady Macbeth. Alla sua "premiere" quest'opera subì un pesante attacco sulla Pravda, il giornale ufficiale del Partito Comunista, dove uscì un articolo anonimo dal titolo "Il caos anziché la musica". L'opera fu così proibita in quanto "inadatta al popolo sovietico", presentava tematiche come il sesso, la morte, il tradimento, la storia di una donna che arriva a uccidere pur di avere un uomo.
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Alla luce di questo scrivere un'opera in quel momento non era facile. Ciò nonostante molti compositori russi avevano un forte senso della teatralità, che si esprimeva nel balletto o nel cinema. La palesò Šostakovič in molta musica da film e Chačaturjan con la musica incidentale di Masquerade. A parte ogni considerazione sul periodo storico, ciascun compositore prende una direzione propria, essendo portato a esprimere la sua genialità in maniera indipendente dalle contingenze. Oltre agli aspetti negativi del regime sovietico, c'era comunque un impulso incredibile dato alla musica e alle arti. Ciammarughi ricorda le parole di un grande documentarista francese, Bruno Monsaingeon, in occasione di un'intervista che lui gli aveva rivolto: "Ma se paragoniamo questa Russia così costrittiva al nostro Occidente, quanto il nostro tanto acclamato capitalismo ci rende davvero liberi come artisti e quanto invece questi russi, pur all'interno di una serie di dettami, potevano essere interiormente liberi nella loro prigione dorata?" Quando Svjatoslav Richter andò negli Stati Uniti gli fecero i ponti d'oro, sarebbe tranquillamente potuto rimanere lì, ma lui preferì tornare in Unione Sovietica. Questo è un tema di primaria importanza, il quale ci pone di fronte a un mondo molto complesso e che rimane attuale anche ai giorni nostri.
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Il massimo della creatività si ottiene quando sai che hai dei paletti. Un'altra questione cruciale è quindi quella della sofferenza dell'artista come spinta alla creatività, anche se diventando eccessivo il suo livello l'artista può risultare completamente bloccato. Il pianista Jurij Egorov fu perseguitato dal KGB in quanto omosessuale, fuggì dall'Unione Sovietica nel 1976 approfittando di una tournée in Italia, dov'era stato chiamato per sostituire Arturo Benedetti Michelangeli. Altri si sono suicidati. C'erano quelli cui veniva steso il tappeto rosso, come Richter o Gilel's, ambedue considerati degli eroi. L'Andante tranquillo della Sonata, che abbiamo ascoltato in un'interpretazione molto ispirata di Victoria Terekiev, instaura un'atmosfera introspettiva. "Inizia con un tema molto dolce", dice la pianista, "di carattere schiettamente armeno, come se fosse una ninna nanna, e poi ha uno sviluppo estremamente compulsivo di ottave e accordi, tanto che non sai più se stai suonando un andante o un pezzo di Stravinskij. Troviamo dei suoni in "fff", volutamente marcati". Un'interpretazione da pelle d'oca la considera Ciammarughi (come non essere d'accordo con lui), in cui si comprende moltissimo del mondo di Chačaturjan.
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Ciò che contribuì a renderlo popolare era anche questo vigore, il suo senso dell'eroismo e del dramma. Però all'interno di questa componente epica, accompagnata da un impulso ritmico irrefrenabile, c'è sempre una sottile ambiguità di fondo e la capacità di rendere personali le armonie, spesso attraverso un'influenza orientale armena, che porta puntualmente a una sottile complessità. Con lui non siamo mai di fronte a una musica piattamente vigorosa, come poteva esserlo quella di altri compositori dell'epoca più accademici. L'armeno fu in grado di trovare un raro equilibrio fra il realismo socialista e la sua irriducibile personalità di artista, ambivalente, alludendo con questo termine alla sua sottigliezza, così come possiamo considerare sibillino lo Schubert nella Vienna del Metternich. Si muoveva sempre nell'alveo della tonalità, ma spiazzava con aspre dissonanze. "Non si finisce mai studiare", afferma Victoria, "mentre stavo suonando l'Andante tranquillo mi è venuto in mente di non essermi mai accorta della presenza in questa Sonata di una sorta di basso continuo, insieme a una mano destra quasi jazzistica, pur in un movimento dalla partenza molto romantica."
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Sovente gli interpreti classici amavano in segreto il jazz. Ėmil' Gilel's era un grandissimo appassionato di questo genere, l'unico tra l'altro che ha inciso la Sonata di Chačaturjan insieme a Victoria Terekiev. C'è una cosa curiosa di questa composizione: fu scritta nel 1961 nella sua prima versione, venne poi revisionata nel 1976, tranne che nell'Andante tranquillo, che rimase indenne da modifiche, per fortuna aggiungiamo noi. Il primo e il terzo movimento furono invece revisionati con l'apporto di aggiunte che hanno reso la composizione ancor più difficile della versione originaria. Caratterizzata da un vivace ritmo percussivo, la musica pianistica di Chačaturjan non è priva di una certa acrobaticità, nel Children's Album II c'è un brano, l'ottavo, chiamato Rhythmic Gymnastics, che ci ricorda la sua passione per lo sport. Per inciso, Ciammarughi rammenta che Victoria una volta fu colpita dalla figura di Nadia Comaneci, incantata dai suoi movimenti: "Era un pezzo di ferro, pensavo, poi vedevi che questo pezzo di ferro tirava fuori delle cose pazzesche, mostrando un'incredibile grazia e dolcezza di movimento. Si ritorna al discorso dei paletti che citavamo prima. Sai che devi obbligatoriamente seguire una disciplina ferrea, pure i pianisti devono essere rigorosissimi dal punto di vista tecnico, ma ciò non gli impedisce di manifestare l'anima."
Mi sia consentita una piccola nota personale a quest'evento, che a mio parere si è dimostrato un ottimo antidoto contro quel pregiudizio che vede Chačaturjan come un artista minore rispetto ai grandi del suo tempo, soprattutto i coetanei Sergej Prokof'ev e Dmitrij Šostakovič, insieme ai quali fu fondatore del movimento russo "I Titani". Gruppo noto anche come "trimurti" della musica sovietica, emerse in una fase critica del linguaggio musicale sovietico, che si voleva da parte dei potenti immediatamente e facilmente fruibile. In buona sostanza un'arte di massa che doveva recare non complessi messaggi ma delle armonie fedeli alla tonalità e inclini alla melodia. Un'arte diversa la sua rispetto a quella, per esempio, del contemporaneo Šostakovič, aperto a prospettive culturali e filosofiche più ampie e complesse, mentre l'armeno esprimeva invece un'arte istintiva, appassionata, in alcune occasioni tendente al didascalico, sicuramente meno problematica e più immediata, a ogni modo distante dalla sensibilità di Šostakovič. È evidente come lui facesse spesso uso di stilemi folcloristici, di carattere orientaleggiante, poi embricati con una trama che possiamo considerare post-romantica, sempre fedele al tonalismo ma estremamente attenta alla timbrica e disseminata di dissonanze.
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E chi più di Victoria Terekiev, artista di sangue ritmico, tre quarti bulgaro e un quarto italiano, poteva dissolvere come neve al sole i preconcetti su un compositore più che altro noto, torno a ripetere, per la celeberrima Danza delle spade? Un brano sovente usato in occasioni circensi o in altri ambiti legati maggiormente alla spettacolarità che non ad alti valori musicali. È quello che ho pensato mentre ascoltavo l'intensa lettura che lei ha dato di tutti i brani suonati, in particolare il secondo movimento della Sonata (nella nuova versione del 1976), quell'Andante tranquillo che mi ha catturato come in una sorta di raptus. Lei ha reso questa musica palpitante, istintiva pur nella sua complessità, conducendo l'ascoltatore all'interno di un sommergibile diretto verso abissali profondità marine. Vivissima la gestione della dinamica, che è passata da pianissimi quasi al limite dell'impercettibilità a potenti affondi, transitando da una condizione all'altra con una reattività che mi ha sorpreso. Il tappeto ritmico grave, affidato alla mano sinistra, accompagnava una destra impegnata a disegnare figurazioni di grande mobilità, a tratti simili a improvisazioni "jazzistiche". A un certo punto delle note ripetute nel registro acuto hanno assunto quasi le sembianze di un grido umano di dolore.
E questa musica così coinvolgente e profonda sarebbe frutto di un compositore considerato di secondo piano? Lascio al lettore la facile risposta e a chi vorrà immergersi nella poesia di questo imperdibile secondo volume di Aram Khachaturian - Am armenian in Moscow".
Brani suonati dai due album:
- Poem for piano (1927)
- Waltz-Caprice (1932)
- La romanza di Nina, dalla Suite Masquerade (1941)
- Andante tranquillo dalla Sonata (nuova versione del 1976)
Alfredo Di Pietro
Giugno 2025