Hledat English (United States)  Italiano (Italia) Deutsch (Deutschland)  Español (España) Čeština (Česká Republika)
27. července 2024 ..:: Premio Pianistico Alkan 2023 - Serata di Gala ::..   Přihlásit se
Navigace stránek

 Premio Pianistico Alkan 2023 - Serata di Gala Minimalizovat



INTRO



Di questi tempi, per certi versi ingloriosi, in chi ama la musica e la cultura affiora un particolare piacere nel constatare che esiste una competizione come il "Premio Alkan per il virtuosismo pianistico", giunta ormai alla sua settima edizione. Siamo in un'era tecnologica, di carta ce n'è sempre meno, e per conoscere il programma della serata basta inquadrare con lo smartphone il codice QR proiettato sui due schermi posti in alto sul palcoscenico, se per caso non lo si fosse già fatto sulla locandina presente all'ingresso o in quella posta nel ridotto dell'Auditorium Verdi. In questo modo possiamo scaricare un PDF, accuratamente redatto, recante non solo il programma di sala ma anche varie altre informazioni. Un programma anche quest'anno molto ricco, come vedremo. Il Premio Alkan nasce sull'impulso della passione per il virtuosismo pianistico di Vincenzo Maltempo, suo fondatore e direttore artistico, ed Eric Véron, presidente dell'associazione cui questo premio fa riferimento. È noto che il virtuosismo è stato coltivato in tutti i tempi, dall'epoca di Bach sino ai nostri giorni, ma ha suscitato un particolare interesse nel pubblico verso la metà dell'Ottocento, nel periodo del romanticismo, quando grandi musicisti come Liszt, Thalberg, Czerny, s'impegnavano in composizioni ed esecuzioni di altissimo livello tecnico. Tra questi c'era Charles Valentin Alkan, nato nel 1813, esattamente duecentodieci anni fa, un pianista/compositore che ha certamente privilegiato quest'aspetto in ciò che scriveva o eseguiva. Ecco il motivo per cui questo Premio è dedicato a lui, un riconoscimento volto a promuovere l'eccellenza, i giovani talenti tra i quindici e i trent'anni, che così vengono aiutati nel lancio della propria carriera.



Una pur sommaria narrazione ci dice che una serata come questa non nasce dal nulla, ma è il risultato di un intenso lavoro, innanzitutto di cinquanta pianisti candidati che si sono presentati da tutto il mondo iscrivendosi alla competizione. Sono promettenti talenti che arrivano da Taiwan, dall'America, Inghilterra, Russia, Ucraina. Vengono infine scremati venti finalisti, tutti convenuti a Milano nell'aprile di quest'anno per le audizioni. Poi c'è da considerare il delicato lavoro della giuria, composta da Vincenzo Maltempo, Luca Ciammarughi, Daniel Rivera, Mark Viner e Andrè Gallo, i quali per due giorni interi hanno ascoltato, analizzato e identificato il vincitore tra i venti arrivati in finale. Lo scenario si sposta nella bellissima cornice del Castello di Castano ad Agazzano, qui grazie a Fabrizio Bertola vengono ospitati per tre giorni il vincitore, il maestro Maltempo e le squadre tecniche per realizzare una masterclass, incidere un CD e per eseguire delle registrazioni video professionali. "Quest'intenso lavoro", dice orgogliosamente Eric Véron, "che si ripete ogni anno, ha generato sette CD, oltre cento registrazioni video, diverse visibili sul canale YouTube dedicato. Invito tutti a consultarlo per rivedere non solo le serate finali, ma anche tutta l'attività svolta dai candidati, dai finalisti, e, ovviamente, dai vincitori. Per noi è una grande soddisfazione seguire la carriera che i nostri sei primi arrivati del passato hanno avuto e proseguono." Oltre alla masterclass, alla registrazione video multi-telecamera e al CD Audio, al trionfatore viene riconosciuta una somma in denaro pari a 5000 euro. Per dare un'adeguata rappresentazione dell'operato preliminare di questi ultimi tre giorni, esitato nella Serata di gala finale, è stato realizzato un breve video, che stasera possiamo vedere in sala sui due schermi.

Eric Véron e Fabrizio Bertola



Insomma, tutto un mondo gravita intorno a quello che non è un puro e semplice trofeo, ma un'autentica fucina di talenti e proiezione della musica verso un futuro che si auspica radioso. Quest'ingranaggio ben oliato non ha mancato di riscuotere dei riconoscimenti, come la sua inclusione nel novero dei concorsi pianistici internazionali e l'accoglimento come membro nella Alink- Argerich Foundation. Dobbiamo doverosamente rammentare che la manifestazione è stata resa possibile dall'organizzazione e sponsorizzazione principale, a cura di Eric Véron e la Vailog S.r.l., con il fondamentale apporto di Pianoforti Steinway & Sons di Lorenzo Cerneaz e la Media Partner 2R Studio Produzioni Multimediali di Riccardo Radivo.

Eric Véron




IL PROGRAMMA

- Accoglienza
- Aperitivo per gli invitati
- Introduzione di Eric Véron al Premio Alkan

Vincenzo Maltempo

Charles Valentin Alkan (1813 - 1888)

- Introduction et Andante con moto Op. 13 N. 2
- Concerto da Camera N. 2 Op. 10
- Concerto per Piano solo Op. 39 N. 9 - Adagio
- Etude Op. 39 N. 12 "Le festin d'Ésope"

Professor Mauro Porta
Riflessioni sul virtuosismo

Mayaka Nakagawa - Premio Alkan 2023

Charles Valentin Alkan (1813 - 1888)

Recueil de Chants Op. 65
- N. 1 (Vivante)
- N. 2 (Esprits Follets)
- N. 6 (Barcarolle)

Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)

Piano Sonata N.2 in Fa maggiore K 280
- Allegro assai
- Adagio
- Presto

Fryderyk Chopin (1810 - 1849)

- Nocturne Op. 27 N. 2
- Barcarolle Op. 60

Premiazione e ringraziamenti

Finale a quattro mani

Charles Valentin Alkan (1813 - 1888)

Trois Marches Op. 40 N. 1



VINCENZO MALTEMPO



Il pianista beneventano ci ha abituati a un Alkan rigoroso, terso, non disposto a lasciarsi andare a eccessivi compiacimenti virtuosistici. Anzi, il fatto di essere un profondo conoscitore del compositore francese (vi consiglio di leggere il suo libro "Lo strano caso di Charles Valentin Alkan"), di essere stato insignito membro onorario della "Alkan Society" di Londra, lo pone in una particolare condizione di responsabilità. Quella che esce dalle sue mani, veloci, forti e flessibili, è una lettura molto trasparente, mai monocorde ma camaleonticamente addattantesi ai vari frangenti espressivi. Nella mia narrazione musicale ho seguito il saggio consiglio del professor Porta, munendomi degli spartiti di tutti i brani in programma (in realtà lo faccio sempre). L'Introduzione in 6/8 dell'Andante con moto Op. 13 N. 2 si affaccia con il carattere di un'assorta liricità, un po' alla Chopin, assume la valenza di una prolusione che apre al successivo, meditabondo, Andante con moto. In un gioco di variazioni dinamiche e figurative, le note acquistano differente sbalzo e preludono a imprevedibili sviluppi, dagli accordi di crome la dialettica si movimenta con le semicrome suonate dalle due mani. A partire dal "mf Senza pedale", la melodia viene animata da un rapido saliscendi di biscrome, dei delicati arabeschi che proiettano il tema in una sognante luminescenza. A partire dal "Crescendo" il fitto ricamo passa al registro basso, per poi ritornare al superiore con il "Dolce". Le veloci scale cromatiche vengono sciorinate da Vincenzo Maltempo, virtuoso di vaglia, con assoluta regolarità e uguaglianza. Un "Crescendo molto, e slargando" prepara l'apoteosi, che divampa con degli squassanti accordi di croma in "fff - Duramente", mentre le ultime cinque battute ristabiliscono la quiete iniziale in un brano di reboante teatralità.



Di maggiori ambizioni appare il Concerto da Camera N. 2 Op. 10, dove l'incipit è affidato al fremito drammatico generato dal pulsare delle crome in 12/8 nella regione grave dello strumento (reminiscenze della scrittura organistica?). Dalla terza misura, alla stregua di sinistri lampi di luce baluginano delle rade figurazioni, dall'effetto piuttosto plateale ma di grande efficacia nel ricreare un clima eroico, assecondato dal nostro pianista con un notevole senso di autocontrollo. Si passa a un virtuosismo incandescente dal "A tempo" in "pp", aizzato dalle velocissime figurazioni irregolari di semicrome. Nel successivo Adagio il turbinio si acquieta in un tranquillo 6/8, ma dura poco perché le acque presto tornano a intorbidarsi. Con forza leonina Maltempo affronta le ultime battute in "fff", a terminare trionfalmente un brano dall'acceso virtuosismo. Si ritorna alle atmosfere liriche con l'Adagio dal Concerto per Piano solo Op. 39 N. 9, brano dal cantabile di evidente stampo operistico, un po' tendente al tetro in alcuni passaggi. Ampio è lo sviluppo e ben demarcati i passaggi di atmosfera dal nostro pianista, che risolve un brano tendente al farraginoso puntando sul suo spiccato istinto teatrale. Si assiste a una sorta di grande aria da concerto, introdotta da un riflessivo "Quasi-celli" in 3/4, che fa da preludiare al "Molto espressivo". Si tratta in realtà di un'espressività particolare, intricata e a tratti difficile da gestire, un bandolo della matassa che Vincenzo Maltempo identifica con destrezza e accompagna nelle successive circonvoluzioni con consumata abilità. Lo studio Op. 39 N. 12 "Le festin d'Ésope" (Il banchetto di Esopo) è indubbiamente uno dei brani simbolo dell'ispirazione alkaniana, fatta da un misto di rovello virtuosistico e momenti di grande apertura melodica.



È in pezzi come questo che l'interprete viene messo a dura prova nel raffigurare un mondo con tratti cabalistici. Si tratta dell'ultimo dei dodici studi dell'Op. 39 (Douze études dans tous les tons mineurs), formato da venticinque variazioni sul tema originale in Mi minore. A Maltempo certamente non difettano le capacità tecniche per eseguire questo brano alla perfezione, in buona sostanza una "summa" di quelle richieste per gli undici studi precedenti. Sono impervietà che lui supera con invidiabile nonchalance. Già da un veloce sguardo alla partitura si capisce subito che questo studio richiede un'abilità estrema, non certamente alla portata di ogni pianista, per via della presenza di ottave sovrapposte da eseguire in grande velocità, scale fulminee con contemporaneo accompagnamento a sinistra, ampi spostamenti della mano, rapidi accordi di notevole estensione. E poi tutto un campionario di tremoli, doppie ottave, trilli e gruppi irregolari formati da un gran numero di note (citiamo le undicine e le sedicine a titolo d'esempio). Come se ciò non bastasse, alle difficoltà esecutive si sovrappongono le espressive, date dal fatto che le variazioni pare vogliano rappresentare i vari animali delle favole di Esopo. Alkan costringe l'esecutore a un gioco luciferino con la tastiera, in cui ogni variazione è un capitolo a sé e dove trovano posto i due estremi di una scarna essenzialità e di una difficoltà trascendentale. Mirabolanti appaiono anche dal punto di vista timbrico, con la rievocazione di un'impressività marziale (N. 5), di una dolce e sostenuta cantabilità (N. 9). A seguire lo "Scampanatino" (come di uno scampanio) del N. 10, le ironiche e dissonanti sferzate del N. 13, la "Trombata" (N. 14), a emulare il suono fiammeggiante di una tromba, i vorticosi N. 17 e 18 (al limite dell'ineseguibilità). Il lamentevole (N. 19) e l'impavido (N. 20). Un suono di caccia emerge nel N. 21, un tempestoso brulicare di note nel N. 23. "Trionfalmente" recita l'ultimo frangente di quest'autentico "tour de force", che tale rimane anche per il più navigato dei pianisti.




RIFLESSIONI SUL VIRTUOSISMO
L'INTERVENTO DEL PROFESSOR MARIO PORTA



L'intervento del professor Mario Porta, neurologo e neurochirurgo noto per i suoi studi sulla sindrome di Tourette, prende spunto dall'ultimo brano suonato da Vincenzo Maltempo, "Le festin d'Ésope" di Alkan. La musica è un linguaggio non verbale che ha la capacità di comunicare, a dispetto di quanto hanno scritto intellettuali famosi, come Vladimir Jankélévitch, filosofo della morte e della musica, il quale affermava che questa, di fatto, era molto distante dal linguaggio. Innanzitutto ne esiste uno, universale e musicale, che il compositore e musicologo Heinrich Schenker, più o meno contemporaneo di Noam Chomsky, riafferma come tale. Il professore si sorprende nel vedere che nessuno nel pubblico abbia con sé uno spartito poiché ritiene un problema sentire questo tipo di musica non avendolo.  È complicato farlo, tant'è che il virtuosismo presupporrebbe una certa preparazione anche del fruitore, altrimenti preda di un ascolto gestaltico, d'insieme, di rumori e suoni, dove però si perdono tutti i valori armonici e melodici. Meno si perde sul ritmo e l'altezza del suono, ma, indubbiamente, avere uno spartito (sapendolo ovviamente leggere) permette di seguire meglio la musica e comprendere anche i processi mentali che attraversano il compositore, in questo caso C.V. Alkan, il quale aveva preso il nome e cognome da suo padre. Un personaggio strano, che se ne infischiava assolutamente del pubblico. Voleva comporre per se, lui solo capace di suonare ciò che scriveva. Non dimentichiamo che quando si esibiva a Parigi, nel pubblico c'era Chopin, Liszt, che una volta uscì dalla sala impaurito dalle sue capacità virtuosistiche.

La parola virtuoso nasce da "virtù", virtus in latino, che è una disposizione dell'anima a fare bene, indipendentemente dal ritorno, ambito d'interesse e contesto. Da questo è stato mutuato l'aggettivo virtuoso, come di persona che fa bene. Il virtuosismo, sostantivo coniato da quando è nato il concerto, è invece tutt'altro affare. Già nell'epoca barocca c'erano degli strumentisti dotati di grande tecnica che suonavano in concerto, ma è soprattutto nell'800 che questo fenomeno si è sviluppato. Quando terminò l'epoca dei mecenati, i grandi interpreti rimasero un po' sprovvisti di quattrini, dovettero quindi trovarsi dei benefattori, o qualcuno che gli ingaggiasse, dovendo far colpo su di loro per ingraziarseli. Del virtuosismo romantico ottocentesco Alkan è certamente uno dei maggiori rappresentanti. A ben vedere esistono però diversi tipi di virtuosismo. Ne abbiamo uno che Mario Porta definisce "ab inizio", alla Paganini per intenderci, in cui la sindrome di Marfan, caratterizzata dalla lassità dei legamenti, rende le articolazioni particolarmente snodabili; ciò permise al leggendario violinista di assumere sullo strumento delle posture della mano non permesse ad altri. Ci può essere un virtuosismo, sempre "ab inizio", alla Alkan, vale a dire di tipo compositivo o anche intellettuale, mentale, come avveniva in Glenn Gould. Possiamo comunque definirlo come la padronanza assoluta nell'esercitare un qualcosa nell'ambito delle arti, un fenomeno che purtroppo rischia qualche volta d'inquinare la musica con elementi a essa estranei. Chiunque di noi abbia un po' studiato il pianoforte, ricorderà quel metodo chiamato "Il pianista virtuoso", scritto da Charles-Louis Hanon, utile per snellire i passaggi del pollice.



Ma sovente nel suo esercizio l'estetica viene del tutto dimenticata, nella sua accezione di bellezza generatrice di emozioni, nel suo significato di concretizzare la creatività. Il rischio della mera virtuosità tecnica è quello dunque di discostarsi nettamente dai valori artistici. Illuminante è il libro "L'arte del pianoforte" scritto da Heinrich Neuhaus, leggendario pianista e docente russo noto per essere stato il maestro dei grandi Svjatoslav Richter, Ėmil' Gilel's e Radu Lupu, in cui si parla di come un pianista deve suonare: con il corpo, il braccio, con la mano e tantissimo con la mente. E poi deve scegliere se essere, per esempio, come l'Horowitz giovane, se esibirsi per far piacere al pubblico, oppure, come diceva da sempre S. Richter, servire la musica. Un bravo docente non insegna solo a suonare uno strumento, qualunque esso sia, ma la musica, che rappresenta un problema molto complesso a livello cerebrale. Oggigiorno sappiamo tantissime cose, le quali spiegano ciò che diceva sempre L. Tolstoj riguardo all'artista, un individuo che deve possedere tre cose: sincerità, sincerità, sincerità, intesa come spontaneità. Quando parliamo del rapporto tra funzioni fisiologiche, cerebrali o di natura articolare, e il virtuosismo, bisogna domandarsi molte cose, focalizzando prima di tutto la nostra attenzione su un percorso che inizia dal cervello per arrivare alla mano. Il primo ad aver osservato questi fenomeni è stato Sir James Paget, un uomo che in epoca vittoriana ha consacrato la sua vita a studiare l'osteite deformante. Molto interessato ai fenomeni della mano (come quella portentosa di Paganini), ebbe occasione di sentire un'allieva di Robert Schumann, musicista notoriamente ossessionato dalla tecnica, tanto da escogitare un marchingegno per rinforzare il quarto dito che gli compromise irrimediabilmente una mano.

E la volontà di raggiungere un alto grado di prestanza tecnica produce una malattia, spesso riscontrata in patologia, definita il crampo del musicista. Gli studi sul cervello hanno poi confermato ciò che Paget vide a proposito di questa discente alle prese con il pianoforte. Lei eseguì un Presto di Mendelssohn e in quattro minuti e tre secondi suonò la bellezza di 5595 note, Paget fu inoltre capace d'individuare ben settantanove movimenti delle due mani in un secondo. Tutto ciò è straordinario, oggi riscontrabile con la Risonanza Magnetica Funzionale, ma possiamo vederlo a livello cerebrale anche utilizzando la PET (Tomografia a Emissione di Positroni), oppure con la ERP (Event-Related Potential), una metodica neurofisiologica che studia il potenziale premotorio. Sappiamo a un certo punto che il cervello ci fa muovere e il processo che precede il movimento è di natura squisitamente mentale. È stato dimostrato che il virtuoso ha una particolare predisposizione a livello anatomico e funzionale, tale da poterlo mettere nelle condizioni di suonare con estrema velocità, così da riuscire ad anticipare la nota successiva. Il gioco neurofisiologico del movimento si svolge in un tempo di millisecondi e l'intervento che la nostra volontà esercita consiste nel modificare tali movimenti in un percorso che parte dalla mente per poi realizzarsi nel cervello. Alla raccolta sensoriale segue il trasferimento ai lobi frontali, poi intervengono due grandi sistemi, il piramidale volontario e l'extrapiramidale involontario, quest'ultimo automatico. "Chiedete a Vincenzo Maltempo", dice il professor Porta, "quanto lui suona automaticamente dei pezzi e quanto invece deve eseguirli con la volontà.



E, generalmente, anche un grande virtuoso s'inceppa nel momento in cui interviene molta volontà e poco automatismo." Nel cervello ci sono determinate aree che sono particolarmente sviluppate nell'artista, soprattutto nel musicista. Quando parliamo di virtuosismo non dimentichiamo che questo esiste in tutte le arti: Palladio era un architetto virtuoso nelle sue opere, alla stregua di tanti altri artisti. Non si tratta tuttavia di un fenomeno limitato al pianoforte, che chiaramente c'impressiona, specialmente stasera. Questo processo, che avviene nel giro di millisecondi, mette in discussione un concetto importantissimo, quello del libero arbitrio, cioè quanto siamo capaci, una volta innescato il meccanismo, di bloccare un certo tipo di successione di azioni. Esattamente quello che un virtuoso fa quando esegue una veloce cascata di note, di movimenti, poi tradotta in una cascata di emozioni. Chiaramente l'emotività, la creatività, la bellezza, sono tutti elementi che distinguono l'intelligenza umana da quella artificiale, la quale allontana l'uomo dal cuore. L'artista dev'essere una persona che suona con il cuore, con la testa e con le articolazioni. Per inciso, C.V. Alkan è stato un compositore, pianista e anche organista: a casa sua aveva un pianoforte con una pedaliera per esercitarsi con brani d'organo. Il virtuosismo in definitiva può coinvolgere molti distretti corporei. Lo strumentista virtuoso è come un cavallo da corsa che dev'essere allenato tutti i giorni, ma che deve anche possedere un cuore palpitante, trovare una rispondenza nel pubblico, elemento purtroppo talvolta mancante. Succede spesso a noi ascoltatori di non riuscire a seguire questa marea di note dalla quale siamo investiti, le quali contraddistinguono la musica virtuosistica di Alkan, che comunque risulta diversa rispetto a tanta altra che ambisce a essere di questo tipo. Esistono anche dei pianisti, apparentemente virtuosi, che altro non sono che dei martellatori, delle macchinette infallibili che disgraziatamente mancano dell'elemento cuore.


MAYAKA NAKAGAWA
VINCITRICE DEL PREMIO ALKAN 2023



L'artista premiata viene annunciata da Mark Viner in un intervento audio/video da Londra, il pianista e membro di giuria sembra parlare da una lunga distanza. Doveroso qualche cenno curriculare su questa giovane e incantevole pianista. Mayaka Nakagawa è nata nel 1993 nella prefettura di Aichi, in Giappone, si è laureata presso l'Università di Musica di Tokyo con il massimo dei voti, riscuotendo una borsa di studio speciale per studenti particolarmente talentuosi, per poi conseguire il Master in pianoforte su invito speciale della stessa Università. Riceve nel 2014 una borsa di studio dalla Fondazione Yamaha, e, nel 2017, un'altra dalla Fondazione Sadao Yamada, istituita dalla Daido Corporation. È risultata vincitrice di competizioni internazionali, come il settimo "Premio Alkan" in Italia, il tredicesimo Concorso Internazionale Campillos con Orchestra in Spagna e il Concorso Pianistico Fazioli Online in Giappone. Ha conquistato inoltre numerosi premi nazionali e internazionali, come quello speciale al prestigioso trentaduesimo Concorso Alessandro Casagrande in Italia e il Diploma della seconda fase al diciassettesimo Concorso Pianistico Internazionale Fryderyk Chopin di Varsavia. Si è esibita molte volte in Giappone ed è stata invitata a diversi Festival internazionali, citiamo l'International Piano Festival di Nałęczów in Polonia, il quarantesimo Festival pianistico internazionale "Mario Ghislandi" in Italia e La Folle Journée a Tokyo. Recentemente ha tenuto concerti in vari paesi, come l'Italia, Spagna, Germania, Polonia e Giappone. Attualmente studia presso l'Accademia Pianistica Internazionale di Imola in Italia, sotto la guida del Maestro Leonid Margarius.



I Recueil de Chants Op. 65 di Alkan (N. 1 Vivante, N. 2 Esprits Follets e N. 6 Barcarolle) danno il destro a Mayaka Nakagawa di esprimere la sua nobile arte pianistica, davvero la quintessenza della raffinatezza, forbita, di grande limpidezza e compostezza, espressa con sonorità calibratissime e mai fuori dalle righe. Nel N. 1 (Vivante), brano composito nella sua brevità, di sapore schumanniano, è emersa una lettura fresca, ligia alle indicazioni in partitura, nel rispetto dei crescendo, diminuendo, negli ondulanti cambi espressivi, ora distesi ora più mossi, imposti dalla narrazione musicale di questo delizioso brano. Accorto e preciso anche l'uso del pedale, memorabili i momenti più teneri (Dolcissimo), dal portamento che non esiterei a definire angelico. Tutto sembra rientrare nella personalità di questa pianista, sempre piena di garbo ma dotata anche di grande sicurezza e lucidità sulla tastiera. Nel "Poco più mosso - Dolce" affiorano delle screziature drammatiche, risolte nell'intimità di una poetica sognante ma dagli evidenti cambi di passo. Una cosa mi ha particolarmente colpito di lei: la capacità di esternare ogni emozione contenendola nell'alveo di una compostezza che, tuttavia, non rappresenta assolutamente un "minus" per lo sviluppo di un pianismo energico ed efficace. Nel N. 2 (Esprits Follets) ne conosciamo il risvolto virtuosistico. Con grande fermezza affronta il tumultuoso Prestissimo in 3/8 che inizia in "pp"; le mani accarezzano velocemente la tastiera nelle cascate di semicrome discendenti, sulle quali s'innesta un tema molto lirico. Alla battuta 23 troviamo delle rapide figurazioni di semicrome, sempre in "pp", da suonare in sincrono con le due mani.



Siamo alla presenza di un virtuosismo solido, ma allo stesso tempo delicato, che viene riversato sui sensi e sulla sensibilità dell'ascoltatore. Ripenso alle sagge parole del professor Porta quando dice che il virtuosismo dell'interprete implica un'adeguata preparazione anche da parte dell'ascoltatore. Nella parte finale di questo tempestoso brano, le crome staccate alla mano sinistra spiccano chiare all'orecchio, nette e pulsanti, grazie anche a un accorto uso del pedale. Si salta al N. 6, un'ondulante Barcarola rappresentativa della tipica cantabilità alkaniana, fatta di temi incantevoli e improvvisi soprassalti d'espressione. Le mani di Mayaka ci cullano, immergono il nostro animo in una pace piena di armonia e bellezza. Un'esecuzione godibilissima anche dal punto di vista dei sensi, perché la musica è un'arte eminentemente sensoriale, lo ricordava già Domenico Scarlatti in epoca barocca. Puro velluto l'accompagnamento altalenante in semicrome alla mano sinistra, mai indiscreto ma sempre ben presente nel gioco del "voicing". È la volta della Sonata N. 2 in Fa maggiore K 280 di Mozart, affrontata dalla pianista giapponese con grande piglio, in maniera brillante e scorrevole, foriera di una somma musicalità. Scattante ma suonata con mani assolutamente duttili, che la mettono al riparo dal rischio di sconfinamenti nella nervosità, cosa nociva in Mozart. Qui vengono riservate al pubblico altre sorprese, per meglio dire ulteriori scoperte che aiutano a focalizzare un'arte pianistica solo in apparenza piana e semplice. In questa Sonata registriamo innanzitutto l'influenza haydniana e il riecheggiamento dello stile galante, che possiamo inquadrare come immediatamente predente al classico.



Emerge in Mayaka l'abilità a tener sempre desto l'interesse con un vivace andamento agogico/ritmico, molto flessibile nel ricamo delle varie figurazioni ritmiche, nel gioco delle veloci quartine, nelle sincopi, nelle terzine, da lei stupendamente legate, nell'ambito di una tessitura sonora quanto mai varia e cangiante. Il brano centrale, l'Adagio, l'unico in modo minore di tutte le Sonate mozartiane, è una sorta di Siciliana trasfigurata, foriera di un malinconico stato dell'anima, cantabile e cullante. Non uniforme ma interrotta da soprassalti chiaroscurali dinamici e modali (modo maggiore e minore). Un'assorta pensosità che prelude al Presto finale, di carattere opposto a quanto lo precede a causa della sua incontenibile radiosità, con il suo rocambolesco alternarsi d'improvvise partenze e fermate, nell'ambito di un fluire dialettico sempre improntato a una rimarchevole effervescenza. Una difficile prova superata di slancio. Esegue in maniera meravigliosa il Notturno Op. 27 N. 2. Chi a questo punto si aspettava uno Chopin ad alto tasso di saccarinità è rimasto sorpreso da un'interpretazione intima, ma limpidissima e dalla schiena dritta. La giovane Mayaka Nakagawa fa parte di quella moderna generazione di pianisti poco disposti a lasciarsi ingabbiare in stantii cliché, qui impegnata a una lettura che sonda in profondità le intenzioni dell'autore, nient'affatto incline a un superficiale decorativismo. Dal punto di vista tecnico non possiamo non ammirare, per esempio, la gestione impeccabile e rigorosa dei gruppi irregolari (terzine, quintine, sestine e settimine), che s'incastonano con fluidità nel discorso musicale. Si risolve in un vertice di sognante dolcezza l'ultimo brano suonato, la Barcarolle Op. 60, secondo del dittico chopiniano, il quale si embrica a meraviglia con i toni soffusi e la morbidezza melodica del precedente Notturno.



Qui si apprezza un altro tipo di virtuosismo, non meno importante del velocissimo avvicendarsi di note e accordi, anche se più sottile da percepire: quello coloristico, in questo brano manifestantesi con amalgame armoniche di stampo pre-impressionistico. Ed è proprio una di queste a dare avvio al dondolante accompagnamento della barcarola, che nessuna seppur approfondita analisi può rievocare nella sua struggente bellezza. Questa graziosa pianista nipponica è dotata di un magnetismo non indifferente, capace di condurre l'uditorio in regioni di assoluta levità. Con un eloquio carezzevole, un fraseggio dai rubati sommessi, ha fatto emergere la parte più intima ed elegante degli autori eseguiti: Alkan, Mozart e Chopin. Il suo è un virtuosismo mai aggressivo, giocato su equilibri aerei, su screziature al limite dell'angelico. E di questo sentitamente la ringraziamo... La magnifica Serata di gala del Premio Alkan 2023 si chiude con il tradizionale quattro mani, quest'anno rappresentato dalla N. 1 delle Trois Marches Op. 40, pezzo di grande effetto, sicuramente adeguato per simboleggiare il clima festoso del gran finale. Dopo la premiazione, Vincenzo Maltempo fa un piccolo omaggio alla pianista vincitrice: una partitura, pubblicata recentemente da una casa editrice tedesca molto importante, la Henle Verlag, che dopo tantissimi anni ha finalmente deciso di pubblicare, prima in tempi moderni, Le festin d'Ésope di Alkan. Una bella novità poiché le opere di quest'autore sono rimaste con edizioni molto datate. Lo stesso Maltempo ha collaborato con questa casa per la stesura della nuova edizione.




Alfredo Di Pietro

Giugno 2023


 Tisk   
Copyright (c) 2000-2006   Podmínky používání  Prohlášení o soukromí
DotNetNuke® is copyright 2002-2024 by DotNetNuke Corporation