


Al centro dell'attenzione di un pianista classico ci sono le sonorità del passato, una sorta di "croce e delizia" su cui viene imbastita la sua attività, e Daniela Roma non fa certo eccezione a questa regola. D'impostazione monografica si presenta il suo ultimo disco: "Scriabin - Visionary and Poet", che proprio per questo l'ha chiamata al non facile compito di far proprio il linguaggio di un singolo autore, in questo caso di notevole complessità, trasportandolo nella sua personale fucina interpretativa. Un cimento che l'ha impegnata in primo luogo a un processo di lettura, poi assimilazione, sfociati in un'esecuzione dove in ultima analisi traspare il suo tocco personale, visto che lei ha fasciato questa musica superlativa con la sua "pelle" artistica, e chi mi legge sa quanto questa sia importante ai fini di un'empatico accoglimento della musica. Non dico nulla di nuovo nell'affermare che lo strumentista è il traghettatore, il vero tramite di un segno scritto che è declinabile in una miriade di diverse gradazioni e suggestioni. L'accostamento tra compositore e interprete suggerisce un parallelo di altra natura, quello fra compositore e compositore, se pensiamo all'ascendente che F. Chopin esercitò su Aleksandr Nikolaevič Skrjabin, compositore e pianista russo nato a Mosca il 6 gennaio 1872 e qui deceduto il 27 aprile 1915. Si trattò comunque di un'influenza che, seppur oggettivamente esistente, non mascherò in alcun modo la sua inconfondibile personalità artistica.
Detto in parole più semplici, quella cosa per cui dopo aver ascoltato poche battute di un brano ne riconosciamo immediatamente e senza titubanza la paternità. Ma andiamo con ordine, dando prima di tutto qualche informazione su Daniela Roma, diplomatasi in pianoforte con il massimo dei voti presso il Conservatorio "F. Torrefranca" di Vibo Valentia. Dopo questo ha conseguito un master degree in Piano Performance, con votazione massima, sotto la guida di Aquiles Delle Vigne, presso la Hogeschool voor Muziek, University of Professional Education di Rotterdam, Paesi Bassi. Sempre con Delle Vigne, che ha avuto per lei parole molto lusinghiere, ha seguito i corsi di perfezionamento pianistico presso l'Internationale Sommerakademie Universitat Mozarteum, a Salisburgo. Altre masterclass sono poi venute con diversi insegnanti, sino all'acquisizione di un altro importante titolo, la laurea in DAMS (Dipartimento Arti Musica Spettacolo), con il massimo dei voti e la lode presso l'Università della Calabria, proprio con una tesi su "La sinestesia in Aleksandr Skrjabin e Vasilij Kandinski". Questa è una cosa che testimonia l'affezione per il compositore russo e la rende un'autorevole interprete della sua produzione, indicando al contempo un'altra delle sue passioni, quella per la pittura.
Daniela Roma non ha certo trascurato la collaborazione con altri musicisti, esibendosi da solista e in formazioni cameristiche in prestigiosi teatri e sale da concerto, come la Wiener Saal-Mozarteum e il Concertgebouw Jurriaanse Zaal-de Doelen di Rotterdam, proprio in quei Paesi Bassi che lei ha felicemente frequentato, senza dimenticare il Teatro A. Rendano di Cosenza. Il suo cuore batte forte per quest'interessante autore, essendo lei figlia di papà calabrese e mamma napoletana. La lista dei posti in cui ha suonato è lunga, come quella relativa ai Festival, tra cui citiamo quello di San Giacomo (Bologna), Giornate di studio Messiaen al Codarts Muziek Zaal (Rotterdam), Piano Extravaganza a Rhode Island (dove attualmente risiede). Nell'ambito squisitamente concertistico è doveroso menzionare i Concerti per pianoforte a Villa Rendano, Cosenza, e al Palazzo della marina militare a Napoli. La sua attività si estende anche all'ambito delle registrazioni discografiche, ne ha fatte per la casa discografica Phoenix Classics, con le opere per pianoforte di Alfonso Rendano in prima mondiale. Con il quartetto Modus ha registrato, per l'etichetta Digressione Music, il Quintetto per pianoforte e archi di Rendano e brani per pianoforte solo.
Il Carnevale degli animali di Camille Saint-Saëns per la casa discografica Metis Film di Monte Porzio. Attualmente Daniela Roma svolge un'intensa attività concertistica negli Stati Uniti e in Europa, con un repertorio includente la musica dell'amato Alfonso Rendano, di cui è la principale interprete a livello mondiale. In ultimo, è la direttrice artistica del Festival Internazionale di Musica Alfonso Rendano, il quale si tiene nella splendida Villa Rendano a Cosenza. Fulcro d'attenzione in quest'uscita discografica è dunque quel compositore che lei ha preso in considerazione nella sua tesi di laurea al DAMS, una figura di non facile approccio che si colloca a cavallo fra tardoromanticismo e le prime sperimentazioni novecentesche. Fu foriero di una vicenda umana e artistica più unica che rara, partita dalle influenze chopiniane con opere connotate da una salda aderenza alla tonalità, poi evolutasi nello sviluppo di un sistema musicale se non atonale sicuramente molto dissonante, con il quale espresse la sua acutissima sensibilità e la sua forte tensione verso una forma di misticismo del tutto personale.
La sua arte fu nell'ultimo periodo suggestionata dalla sinestesia, dal modo in cui associava le tinte con i vari toni armonici della scala, mentre il suo famoso circolo delle quinte basato sui colori entrò in diretto contatto con la teosofia, cioè quella dottrina filosofico/religiosa che combinava la conoscenza mistica con l'indagine scientifica. Emblematico è il fatto che per molti anni fu membro della Società Teosofica, avvicinandosi verso la fine della sua esistenza sempre più al misticismo. Sostenne così strenuamente la teoria che poneva in stretta relazione i colori alle note musicali, che lui stesso suonava su uno strumento i cui tasti erano opportunamente colorati in pigmenti diversi. Sullo stimolo di quest'ideologia il compositore inventò il "clavier à lumières", uno strumento musicale appositamente creato per l'esecuzione della sua opera Prometeo o il Poema del fuoco del 1910. Si trattava di un elettrofono che proiettava, a ogni nota o cambio d'armonia corrispondente, un fascio di luce colorata, dove le varie tinte sottolineavano altrettanti stati d'animo evocati dalla musica e indicati dal compositore nella partitura secondo il sistema sinestetico (e qui si potrebbe aprire un lungo capitolo...).
Considerato da alcuni critici il più grande compositore simbolista russo, Aleksandr Skrjabin fu tuttavia una delle figure più controverse tra i primi autori moderni. La sua fama conobbe un rapido declino dopo la morte, con un'influenza non limitata alla sola musica, ma anche alla danza e al teatro. Il pittore Kandinskij in particolare, coprotagonista nella citata tesi di laurea per il DAMS, riconobbe a Skrjabin il merito di aver influenzato tutta l'arte contemporanea russa e oltre, coinvolgendo anche Paesi come l'Italia, Inghilterra e America. Un doloroso episodio nella sua vita è il grave danno che si procurò alle articolazioni della mano destra in seguito a un dissennato studio sulle 32 sonate di Beethoven e gli oltremodo difficili brani Islamej di Balakirev e Réminiscences de Don Juan di Liszt. Questo studio "matto e disperatissimo" fu la conseguenza della sua volontà di colmare una lacuna fisica: le mani piuttosto piccole, che gli consentivano un'estensione di appena un'ottava, ben differenti da quelle gigantesche di Rachmaninov, verso il quale nutriva per questo un sentimento d'inferiorità. Contribuì, dicono le cronache, pure il fatto che era entrato in competizione con un altro studente aspirante virtuoso del Conservatorio, un "certo" Josef Lhévinne, in verità un autentico gigante del pianoforte, straordinario virtuoso dotato di tecnica perfetta e superiore eleganza.
A questo punto non ci resta che ammirare il coraggio di Daniela Roma nel voler interpretare per noi delle composizioni scaturite da un contesto umano e culturale a dir poco intricato, a voler proporre una musica in continuo fermento, che si è progressivamente evoluta lungo tutta la vita del musicista. Scriabin - Visionary and Poet si apre con la Fantasie Op. 28 in si minore (1900), composta da un solo movimento in forma sonata che esordisce in modo cupo, armonicamente anfibolo e con una linea di basso alquanto tetra, che tende a risolvere verso la regione grave dello strumento. In questo clima tipicamente scriabiniano appare il bellissimo secondo tema (Più vivo), in re maggiore, dove la melodia viene trattata in forma di canone, con le voci che assumono una connotazione grandiosa, epica, accompagnate da una fibrillante agitazione ritmica. La pianista affronta con vigore questi frangenti, alternandoli con gli altri che l'autore ha voluto contrastanti, cioè di una dolce intimità. L'incessante ribollire ritmico rende un franco carattere di tempesta al brano. Non mancano in questa Fantasia le assonanze con la poetica chopiniana, in particolare con le sue Ballate.
Alla fine incontriamo un'apoteotica coda, un trionfale si maggiore con suggestivi echi wagneriani. Daniela Roma brilla in questo come negli altri brani, disseminato di passaggi molto intricati e difficili, con delle trame fitte e un accompagnamento della mano sinistra che in più punti è molto arduo da eseguire. Di carattere relativamente più lieto, aereo, sono i 2 Impromptus Op. 12, Presto e Andante cantabile, un 3/4 dolcemente ondulante il primo e un 4/4 il secondo, molto lirico e dalla grande intensità espressiva che la pianista ricrea con efficacia. Emerge in queste composizioni l'insofferenza dell'autore ad accomodarsi su andamenti piani e regolari, questo non avviene nemmeno nei brani più meditativi, come questo, dove presto affiora una tendenza insopprimibile alla tortuosità, all'affiorare in superficie di acque profonde che non riescono a nascondere l'agitazione del loro moto. Nei 6 Preludes Op. 13 la pianista prosegue nella manifestazione di una grande attenzione verso il controllo delle atmosfere e l'intreccio dei complessi piani sonori. Sono pezzi brevi, oscillanti tra stati d'animo molto diversi. Il primo è in tempo ternario e indica in partitura "Maestoso", si sviluppa ieratico e solenne. Molto differente il secondo, un Allegro in 6/8, dominato da tumultuosi gruppi di semicrome che si rincorrono incessantemente. Pezzo breve e virtuosistico.
Il terzo è un delizioso Andante in 3/4, mentre si ritorna ad atmosfere più agitate nel successivo Allegro, questa volta in 2/4, tecnicamente difficile anche per i veloci salti imposti alle dita nel susseguirsi dei gruppi irregolari di cinque semicrome. Stupendo il Preludio N. 5, un Allegro in 6/8 dall'indole serena e rilassata, cosa piuttosto rara a trovarsi in Skrjabin, regolare ed etereo nel suo svolgersi. La raccolta si chiude con un Presto in 6/8, qui emerge la padronanza di tocco della nostra pianista, impegnata a differenziare le note in staccato e appoggiato con le conseguenze che tali segni di articolazione comportano sull'espressività. L'Etude Op. 2 N. 1 in do diesis minore è uno dei brani più noti e amati dell'autore tardoromantico russo, composto nel 1887, quando Skrjabin aveva solo 16 anni. Fu il primo dei tre pezzi Op. 2, uno dei suoi primi veri successi. La lettura che ne dà Daniela Roma è partecipata, commovente, arricchita da un'articolazione interna di grande chiarezza. Resa nitidamente la sua architettura, l'accompagnamento fatto da accordi ripetuti con entrambe le mani, le conturbanti armonie, le voci interiori evocate dagli ampi movimenti della mano sinistra. Un brano sottilmente variato anche nelle dinamiche (al limite dell'evanescenza il "pp" e "ppp" delle misure 17 e 19) e nella raffinata agogica che le assiste.
Dodici sono invece gli Studi dell'Op. 8, fortemente suggestivi della poetica di F. Chopin, qui eseguiti integralmente. Ammiriamo nel secondo, "A capriccio, con forza", le tipiche contorsioni scriabiniane interpretate con intensità e insieme circospezione. Nel N. 4 "Piacevole" le note vengono suonate con estrema scioltezza, ma è nel N. 12 che si raggiunge il culmine della difficoltà tecnica. Composto nella tonalità di re diesis minore è uno studio irto di autentiche sfide tecniche, tra cui l'esecuzione di intervalli fino all'undicesima, frequenti salti affidati alla mano sinistra, ripetute bordate di accordi e anche molte ottave. Non per nulla era uno degli encore prediletti dal grande virtuoso Vladimir Horowitz. Ventitreesima e ultima traccia del CD, a coronamento di un formidabile percorso artistico, è l'Allegro de concert Op. 18, composto nel 1896, un Allegro con fuoco che possiamo probabilmente considerare la sintesi tecnica ed espressiva di quanto in precedenza ascoltato. Richiede controllo assoluto della tastiera e una tecnica sfolgorante. Daniela Roma, è lei che alla fine dobbiamo ringraziare, la provetta pianista che con tanta pertinenza e insieme delicatezza ci guida attraverso i meandri del tortuoso cammino artistico di Aleksandr Nikolaevič Skrjabin.
In questo progetto discografico assume il valore di depositaria di un'arte difficile, ardua sia dal punto di vista dell'interprete che anche da quello dell'ascoltatore. Si fa testimone dell'intenso e costante rapporto che l'autore russo ebbe con il pianoforte, nelle ventitre tracce che compongono questo disco riassume consegnandolo a noi lo spirito manifestato in centinaia di pezzi pianistici: preludi, sonate, notturni, valzer, mazurke. Di questo artista visionario rende palese la misteriosità (sembra un ossimoro), assolve al difficile compito di rendere nitide le sue ambiguità armoniche, il suo essere sempre sull'orlo di due strapiombi, quello del decadentismo e della modernità, si dimostra in grado di padroneggiare quei caratteri che rendono merito a un musicista per certi versi dibattuto. Coglie con singolare efficacia le originalissime caratteristiche timbriche, la concezione di un suono che non si dichiara mai apertamente, rimanendo sempre allusivo se non evasivo, anche timbricamente. La ricercata tecnica pianistica di Daniela Roma, il suo particolare senso del rubato, così importante in Skrjabin, quella leggerezza e rapidità di movimento, tali da far ritornare alla mente la riflessione di Neuhaus, che alluse all'immagine di "mani che volano sulla tastiera come uccelli", davvero trasformano questo disco in un qualcosa di memorabile, sia per gli appassionati di Skrjabin ma anche e soprattutto per chi, come me, non lo aveva ancora compreso nel suo giusto valore.
Alfredo Di Pietro
Maggio 2025