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viernes, 19 de abril de 2024 ..:: Viaggio con Schubert - Volvo Studio Milano ::..   Entrar
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 Viaggio con Schubert - Volvo Studio Milano - Social Melodies Minimizar


 

 

INTRO



Molto bene! Questo "Viaggio con Schubert" parte nel migliore dei modi. Il motivo è semplice e lo spiega durante la presentazione l'organizzatore Mattia Palma, il quale tiene subito a chiarire il perché del nome "Social Melodies" dato alla rassegna. Nel corso degli appuntamenti il pubblico è autorizzato a fare tutte le riprese audio e video che vuole, comprese "storie" su Facebook piuttosto che su Instagram, ovviamente con il pieno beneplacito degli artisti. Per me che sono un semplice appassionato sempre alla ricerca d'immagini e registrazioni audio finalizzate alla stesura di report, è un ottimo modo per agire in tutta tranquillità, senza essere redarguito dal personale di sala o costretto a estenuanti trattative con l'Ufficio Stampa, che quasi sempre nega la possibilità di riprendere a semplici "blogger". A riprova, sulla brochure sono riportati tutti i Tag e Hashtag del caso. Se un beneficio hanno apportato le tecnologie digitali con il Web 3.0 e i cosiddetti Social, questo è un allargamento non solo della fruizione musicale, ma la possibilità in tempo reale di dire la propria su un dato artista o concerto. Cose che un tempo erano a esclusivo appannaggio dei signori critici musicali sulle pagine di un giornale o una rivista, ora sono possibili a chiunque, sparpagliandosi nei bit di un post o di una foto sul Social preferito e non più relegate a una chiacchierata tra amici nel foyer di un teatro o a cena dopo il concerto. L'idea di questa rassegna è svelata da Chiara Angeli, dal Luglio 2015 ricoprente la carica di Sales and Marketing Director di Volvo Car Italia: "Nella nostra concessionaria si vendono automobili ed è lecito quindi parlare di viaggio.



Un giorno parlando con Mattia Palma, che di tutto si occupa tranne che di macchine, abbiamo trovato un punto di contatto nel concetto del viaggiare. Un'idea che può essere interpretata in tanti modi e siccome in questo posto noi oggi non vogliamo vendere auto ma provare delle emozioni, ho detto a Mattia: Senti, facciamo questa cosa, proviamo a fare un viaggio diverso. E lui ha creato questo progetto. L'evento della settimana scorsa mi ha fatto piangere dalla commozione. Insomma, non è banale parlare di musica classica in uno studio in cui di solito ci sono solo automobili. Diciamo che la sfida c'era tutta." Mattia ha accettato questa provocazione, forse non completamente conscio che la location individuata si adattasse benissimo alla tematica del concerto, in seguito però si è convinto della sua idoneità e ha ringraziato a sua volta Chiara. Non è affatto scontato che in un posto dove normalmente si parla di automobili ci sia anche un'attenzione alla cultura e alla musica. Con questa premessa appare chiara la ragione di un progetto che è cresciuto e ha voluto come cornice una modernissima concessionaria di auto, posta tra l'altro in un punto nevralgico della metropoli milanese, nell'appuntamento di stasera foriera di echi schubertiani. Teatro diventa quindi il Volvo Studio Milano, in Viale della liberazione (angolo Via Melchiorre Gioia), un luogo avveniristico con delle ampie vetrate dove non si vendono soltanto auto prestigiose ma si organizzano ora anche eventi musicali.



Chi entra si trova di fronte a un elegante e ampio dehors con tanti tavolini, dove un buon soft drink piuttosto che un calice di vino accompagna l'ascolto di musica sublime, magari mentre una Volvo XC40 Recharge è attaccata alla rete elettrica per una ricarica, più o meno come uno Smartphone. Un ambiente suggestivo, d'ispirazione scandinava, con il soffitto che simula un'aurora boreale e le pareti che hanno l'aspetto di un bosco, con dei sottili tronchi paralleli ricavati da legno di frassino chiaro. Natura, modernità e musica sono quindi fusi insieme in questo "Viaggio con Schubert", dove Luca Ciammarughi e Blagoj Nacoski hanno raccontato, suonato e cantato una selezione di lieder dai cicli Die Schöne Müllerin D. 795 e Winterreise D. 911. Appena la settimana scorsa il duo era al Festival di musica da camera "Trame Sonore" a Mantova e ancora insieme si sono esibiti il 16 U.S. al MaMu di Milano nel ciclo liederistico Die Schöne Müllerin. Nel primo si narra la triste storia di un giovane mugnaio innamorato, che alla fine viene sopraffatto dal dolore per il perduto amore. Il suo desiderio di morte verrà cantato dallo stesso ruscello che all'inizio gli aveva indicato la strada. Nel secondo predominano immagini e suoni invernali in un cammino che porterà il wanderer, amante respinto, a un errare notturno che si trasformerà in un percorso metaforico mirato alla ricerca di un senso per la vita.



Questo di stasera in realtà non è il primo ma il secondo incontro di quella che si è voluta chiamare una mini-rassegna. La settimana scorsa il protagonista era Mozart, in questa è Schubert, si rimane quindi sempre a Vienna; anche se sono passati meno di trent'anni dal Flauto Magico il clima culturale, musicale e artistico della capitale austriaca è cambiato completamente, come ci spiegherà molto bene Luca Ciammarughi nel corso dell'evento. Il messaggio che i due artisti ci hanno portato potrebbe stridere con l'attualità del contorno, trattandosi di musica in fondo "vecchia", composta due secoli fa, e che oggi si vuole calata nel contesto di una congestionata metropoli. Eppure il contesto l'ha tramutata in una sorta di odierna Schubertiade, che di fatto ha esaltato l'imperitura modernità di una musica talmente bella da sfidare il tempo e le mode. Un grazie e un sincero apprezzamento merita il Volvo Studio Milano per la splendida accoglienza, la sensibilità ai valori dell'arte, e al "Social Melodies" tutta la stima per aver saputo conciliare a meraviglia la musica classica con gli aspetti social e smart. Grazie a lei sono stati possibili incontri con musicisti, critici musicali, cantanti e compositori, al riparo dalle secche di una parvenza elitaria e difficile. Mentre ascoltavo questi celestiali lieder, facevo tra me e me delle riflessioni sull'atipicità del luogo prescelto. Ascoltare una lezione-concerto su un particolare sfondo sulle prime può spiazzare, non vediamo dietro i musicisti una parete, ma la vita metropolitana che scorre all'esterno. Dietro delle ampie vetrate che nulla nascondono sfilano veicoli e persone in un'incessante processione.



Una vita che presupponiamo indifferente alla situazione interna. Eppure io ho costantemente avvertito una singolare affinità tra la musica che ascoltavo e l'umanità che vedevo transitare. Quel qualcuno che gettava uno sguardo più o meno distratto oltre le vetrate, si poteva tranquillamente riconoscere nella vicenda del viandante, con la sua ricerca esistenziale, le trepidazioni, gli entusiasmi e le cadute, cose che alla fine coinvolgono ciascuno di noi. La travolgente umanità contenuta in questi lied tocca tutti, ci fa sentire intimamente vicini anche se siamo separati da una spessa lastra di vetro che, tuttavia, consente di distinguere con lucidità i contorni delle cose e persone in movimento.

Mattia Palma e Chiara Angeli




I DUE CICLI LIEDERISTICI SCHUBERTIANI

DIE SCHÖNE MÜLLERIN



"Questo è un viaggio, tutt'altro che leggero. Non è sicuramente entertainment la musica di Schubert, ma un qualcosa di estremamente profondo e anche amaro che ha a che fare con l'elaborazione del dolore e del tragico. Una cosa di cui oggi abbiamo più che mai bisogno.", esordisce a scanso di equivoci Luca Ciammarughi. Siamo nel 1827 quando Franz Schubert scrive Winterreise, il Viaggio d'Inverno, l'ultimo geniale ciclo del compositore allora trentènne, ancora molto giovane ma già davanti alla sua fine, sopravvenuta appena un anno dopo, nel 1828, mentre Wilhelm Müller, l'autore dei testi, era scomparso all'età di trentadue anni. Ci troviamo in un contesto tragico non solo dal punto di vista di ciò che la musica racconta, ma anche degli autori che la scrivono. Il compositore era un giovane qualunque, molto semplice, nato alla periferia di Vienna in un momento storico completamente diverso da quello di Mozart ma anche di Beethoven, quest'ultimo poteva ancora assaporare qualcosa delle libertà rivoluzionarie di fine '700, sopraggiunte con la Rivoluzione francese e gli ideali napoleonici. Schubert cresce invece in un clima molto opprimente, quello della Restaurazione, del Concilio di Vienna, del regime di Metternich, una forma di governo dittatoriale che si basava sulla censura, sulle spie, sulla delazione, sul controllo dello studio universitario. Insomma un vero e proprio incubo per la popolazione ma anche per gli artisti, che cercavano di far fronte a questa situazione della Vienna anni '10 e '20 attraverso l'arte, la filosofia, riunendosi segretamente anche in quelle che dopo il 1815 furono chiamate Schubertiadi, proprio in onore del compositore.



Erano dei "meeting" serali in cui ci si divertiva, si danzava, si suonava, si parlava della vita, dell'esistenza, dandosi anche ai piaceri del sesso, tanto che Schubert contrasse proprio in quegli anni (1823) una malattia venerea, la sifilide, che gli sarà fatale. Primi attori della serata sono quindi i lieder del genio viennese, proposti in una selezione dai due grandi cicli, cui se ne aggiungerà poi un terzo non assemblato da Schubert che è Schwanengesang, il Canto del cigno. Cominciamo a respirare aria di canto con il primo di questi cicli, Die Schöne Müllerin (La bella mugnaia); il titolo è al femminile ma in realtà il protagonista principale è un giovane mugnaio che desidera l'amore e lo trova in questa figura idealizzata della bella mugnaia. C'è poi anche un terzo personaggio che è altrettanto importante, forse il più importante da un certo punto di vista, che è il ruscello, il bächlein, con cui sin dal primo lied il giovane parla, si confida, chiamandolo addirittura "mein liebe", il mio amore. Si prospetta quindi una relazione ideale con la natura, in cui essa è messaggera d'amore, come spesso avviene nel romanticismo. Illustre predecessore è il ciclo di sei lieder per voce e pianoforte di Beethoven An die Ferne Geliebte Op. 98 (All'amata lontana), dove troviamo tutto l'immaginario romantico degli augelletti, ruscelli, vento, che portano il messaggio d'amore alla donna desiderata. Nel caso di Schubert però la situazione appare più complessa poiché il mugnaio scorge in questo ruscello molto di più che un momento di confessione, ma quasi un approdo erotico che diventa anche di morte.



Si affacciano le figure della mitologia greca Eros e Thanatos: alla fine lui deciderà di gettarsi in questo ruscello come in una specie di abbraccio che lo porterà dal paesaggio montuoso verso il mare, in quella ricerca d'infinito che riconosciamo, per esempio, anche nei bellissimi quadri di Caspar Friedrich. Nel dipinto del tramonto due viandanti guardano verso l'orizzonte quasi desiderando un annullamento delle passioni, un allontanamento dalla città. Lo stesso sentimento possiamo percepire nella tela che raffigura due uomini davanti alla luna. E una forte suggestione si avverte sin dal primo lied in programma, Das Wandern (Girovagare), quello che praticamente apre la raccolta Die Schöne Müllerin. Il canto è gioioso, facile che venga in mente la figura del vagabondo, del perdigiorno romantico, cioè di una persona che gironzola senza una meta. Si profila allora non un viaggiare come quello di Ulisse, che alla fine ritorna a Itaca chiudendo un cerchio che prevede la partenza, l'erranza e il ritorno. Qui il viaggio assume una dimensione peregrinante, in cui non c'è scopo se non quello del viaggiare stesso, che ritroviamo ben espresso dai versi: "Girovagare, questo piace al mugnaio, girovagare! È proprio un pessimo mugnaio, se mai ha avuto l'idea di girovagare!" "Ci troviamo quindi di fronte a un inetto", dice Luca Ciammarughi, "che a differenza di quello che vorrebbe una società sanamente paternalistica non ha un obiettivo nella vita, ma desidera semplicemente perdersi nella gioia dell'andare a spasso. Ascoltiamo di questo lied le prime tre strofe, dove la musica si ripete sempre uguale mentre il testo cambia.



A causa del gran numero di brani proposti all'ascolto non è purtroppo possibile un loro ascolto integrale. È lo stesso accompagnamento del pianoforte a suggerire il moto circolare dell'andare a zonzo, come anche il girare delle ruote del mulino, il testo dal canto suo racconta di un viandante che ha imparato questo passeggiare dall'acqua, dalle ruote e da tutto ciò che rappresenta l'elemento movimento del mulino, comprese le mole che macinano il grano. Con il lied successivo Wohin? (Dove?), il ruscello prende vita da un movimento pianistico fluttuante, da un procedere estremamente fluido che rappresenta il "rauschen", il mormorio delle acque che indica la giusta strada da seguire. Dal suo sorgere scende giù verso la valle, guidando il giovane garzone verso il mulino, dove si troverà l'amata müllerin. L'inizio del ciclo è piuttosto lieto, disinvolto, e ci riporta a una dimensione di musica popolare, di "Folks Lied", dove il canto rievoca la freschezza della natura e invita a una comunione con essa, in quest'idilliaco scenario il ruscello ha così la funzione di accompagnare come un amico fedele il giovane mugnaio nel suo cammino. Una "cartolina" dove il sole splende e appare una bella ragazza, quella giovane mugnaia oggetto del suo desiderio. Si arriva al quinto lied, Am Feierabend (Vigilia festiva), che esprime una sorta di volontà di potenza, per dirla in termini nietzschiani, nel desiderio di avere nelle braccia la forza necessaria per far girare le ruote del mulino, così da potersi considerare un uomo energico, volitivo, in grado di conquistare la mugnaia.



Elementi esistenziali squisitamente schubertiani emergono nella riflessione sul mondo maschile e femminile. Il compositore in quel momento era un venticinquenne che era stato scacciato dalla casa paterna. Il padre, contrariato, avrebbe voluto per lui l'impiego nella sua scuola, ma Franz aspirava a essere un compositore indipendente, fermamente deciso a seguire la propria strada. Secondo gli studi più recenti Schubert era omosessuale, da cui la fuga e la convivenza con un suo amico scrittore assumono un significato molto particolare. A un certo punto intervenne poi la malattia a complicare ancora di più le cose. Ecco perché questo ciclo può essere considerato una reazione a questo stato di cose e in questo lied, in particolare, è come se l'autore volesse ritrovare quello che in una lettera lui chiama "Il tempo della forza e dell'azione", un intervento di volontà attiva come risposta a una circostanza di profondo dolore. Si mette qui in atto quasi una forma di eroismo, dove l'eroe è proprio il giovane mugnaio. Quindi prodezza, ma forse per la prima volta dramma poiché il clima pastorale, anche quelle tonalità maggiori dell'incipit come il si bemolle maggiore e sol maggiore si trasformano, modulando, in qualcosa di ben diverso, cioè nel viraggio verso la sconsolazione del la minore. Emerge la figura del mugnaio in qualità di "wanderer", viandante appunto, che ha trovato una casa provvisoria nel mulino dove c'è l'amata. Lui si comporta in maniera sì coraggiosa ma la musica ci mette al cospetto di una forza a lui superiore, davanti al presagio di un dramma espresso con tratti anche molto violenti e preludenti al finale tragico.



Nel sesto lied, Der Neugierige (Il curioso), si riaffaccia un momento di dialogo con il ruscello: "O ruscelletto del mio amore, come sei taciturno oggi!", qui il compositore oscilla tra due poli, come in un atteggiamento bifronte mette in campo le sue famose modulazioni dal modo maggiore al minore, trasportandoci alternatamente in momenti bucolici, identificati dalla tonalità di si maggiore, ad altri drammatici in tonalità minore, come se la sua conversazione con il ruscello ancora una volta preludesse a un'ambiguità. Der Neugierige è sicuramente uno tra i lieder più struggenti dell'intera raccolta. Nel testo c'è l'angosciante dilemma del "si" e del "no", il giovane innamorato cerca una risposta dal ruscello che, in senso traslato, simboleggia la risposta dell'amata, come un "m'ama, non m'ama" riposto nello spetalare una margherita. Tuttavia, Schubert distilla da un testo tutto sommato banale un qualcosa d'incredibile dal punto di vista della restituzione di un'ambiguità sentimentale, materializza momenti elegiaci, che lasciano intravedere la speranza di un amore realizzato, e altri d'incupimento. Si tratta di un amore il quale non può che finire male, in un esito che forse corrisponde realmente a ciò che il compositore in quel frangente desiderava. "Aveva bisogno di elaborare il dolore", afferma Ciammarughi, "rivelare quel senso del tragico che gli permettesse, secondo l'idea di catarsi aristotelica, di metabolizzare il dolore che provava." L'antagonista in questa vicenda è un cacciatore, l'uomo forte, il maschio alpha della foresta teutonica, che a un bel momento arriva e fa piazza pulita di tutto lo struggimento che questo giovane dal cuore sensibile provava, strappandogli la bella mugnaia.



In Der Jäger (Il cacciatore), c'è un deciso cambio di carattere, compare una violenza percussiva al pianoforte e un canto incisivo che raffigurano il carattere predatorio del cacciatore, visto dal mugnaio come vera e propria minaccia. Il viaggio si avvia alla fine e i nostri due artisti si apprestano a eseguire Trockne Blumen (Fiori appassiti), un lied da cui l'autore ricavò la bellissima Introduzione e variazioni per flauto e pianoforte Op. 160 D. 802. Scopriamo l'altro lato di una natura che prima era rigogliosa e sorridente, con un ruscello che scorreva verso la speranza, mentre ora i fiori sono appassiti e l'animo disilluso. Alla fine di questo lied c'è un risorgere del canto, un soprassalto di fierezza che sfocia in un fortissimo, come una vendetta postuma nell'affermare: "E quando lei camminerà davanti alla collina pensando nel suo cuore: lui era fedele!" Negli ultimi versi c'è il riferimento a una natura che prosegue il suo percorso: "Allora, fiorellini, fuori, fuori tutti! Maggio sarà venuto, e l'inverno passato." La primavera tornerà, incurante delle pene del mugnaio, una natura leopardiana, indifferente al dolore dell'uomo. Nello stesso tempo c'è la manifestazione nel giovane di un eroismo che sembra andare oltre ogni ragionevolezza, lui trova nella sua situazione tragica, come spesso avviene nei poeti e musicisti romantici, una forma di piacere, non masochistico, ma quello che i tedeschi chiamano il piacere nella sfortuna. Questo concetto dal punto di vista artistico è un qualcosa di molto prezioso e oggi risalta come particolarmente importante. "Da poco è morto un grande cantante, Franco Battiato", dice Ciammarughi, "ci si potrebbe chiedere perché tante persone siano state affascinate da una musica sovente così malinconica, come quella di tanti altri cantautori del '900.



Molte delle più belle canzoni scritte sono tristi, come Yesterday dei Beatles o Hallelujah di Leonard Cohen, è musica che in qualche modo riesce a elaborare un dolore che altrimenti non potrebbe essere metabolizzato. Quando siamo felici non abbiamo bisogno di nulla, è la vita stessa che ci rende soddisfatti mentre cicli come questi rappresentano non dico un salvagente all'infelicità, ma sicuramente per Schubert lo sono stati." Ci avviamo verso l'ultimo lied, Des Baches Wiegenlied (Ninna nanna del ruscello), una delle pagine più belle di Franz Schubert che, in pochissime note, riesce davvero a creare un mondo. Si torna a una tonalità maggiore (Mi), simbolica per lui di un'apparente la felicità, legata però a un al di là, a una dimensione ultraterrena. Il "Gute Ruh" (Buon riposo) è significativo della pace ritrovata del mugnaio, che ormai si è buttato nel ruscello. Il narratore canta questa pace assoluta, la liberazione dalle passioni terrene in questa Ninna nanna del ruscello in cui c'è l'abbraccio con la natura. Solo nella morte c'è la vera pace e con questo cielo vasto sopra il dormire eterno del viandante si chiude il ciclo Die Schöne Müllerin.




WINTERREISE



Capolavoro estremo di Franz Schubert, Winterreise fu un ciclo composto in tempi diversi, due parti da dodici lieder ciascuna portate a termine nel febbraio e nell'ottobre 1827, poi pubblicate separatamente nel 1828, anno della morte del compositore. Quando questa sopraggiunse, lui stava ancora correggendo le bozze della seconda parte. Winterreise si apre con Gute Nacht (Buona notte), cosa che induce Luca Ciammarughi a pensare che i due cicli siano collegati. Il contesto in questo Viaggio d'Inverno è se possibile ancora più tragica. La musica che aleggia va ben al di là della semplice tristezza, la sua bellezza sublime conduce al riscatto dai lutti, dai dolori che tutti noi affrontiamo nella vita. Quest'ultimo viaggio si apre con un protagonista la cui vita è già finita, se considerata nella sua componente attiva. Siamo veramente lontani dall'allegro vagabondare del giovane mugnaio. Il primo attore si muoverà nel corso della peregrinazione come un uomo in uno stato di morte in vita, un po' come il vecchio marinaio nella ballata di Coleridge o come l'ebreo errante della tradizione romantica, in cui incessantemente, in maniera inesausta, l'uomo si mette in movimento per espiare una qualche colpa atavica. In realtà il nostro viandante non ha nemmeno colpe, è stato semplicemente scacciato dalla casa dell'amata. Per questo Ciammarughi dice che i due cicli sono legati, per il fatto che il secondo sembra cominciare dove il primo finisce. Il müller era approdato nel mare e qui ritorna sotto forma di fantasma che si trascina in un paesaggio desolato, una specie di "West Land" in cui esistono soltanto i segni di un passato felice.



A ogni modo, la cosa straordinaria è che, a differenza dell'altro, in questo paesaggio di assoluta solitudine riesce a trovare una dimensione assolutamente eroica, poiché non decide di morire. Qui siamo in presenza di un passeggero che nonostante la sua emarginazione va avanti ostinatamente e rifiuta di entrare nella locanda descritta in Das Wirtshaus (La locanda) che poi si rivela essere un cimitero. A differenza quindi dell'altro non opta per la morte ma va oltre questa locanda per incontrare al termine del viaggio un vecchio con un organetto. Der Leiermann (L'uomo dell'organetto) è lied che conclude Winterreise, forse il più geniale mai scritto da Schubert, narrante l'incontro tra il viandante e un anziano scalzo che, ai margini della città e vicino a un laghetto ghiacciato, fa girare il suo organetto. Gli chiede il wanderer: "Vecchio misterioso, e se venissi con te? Accompagneresti i miei canti col tuo organetto?"; in questa frase è concentrata l'essenza stessa dell'arte, il suo inestimabile valore nel saper eternare un'esistenza, anche di totale desolazione. Non a caso questo lied finale rimane aperto, chiudendosi con una domanda, senza quindi una conclusione definitiva, per questo assurge a emblema assoluto del viaggio romanticamente inteso. Ma la dissertazione di Luca Ciammarughi parte dal lied che apre la raccolta, Gute Nacht (Buona notte), in cui il wanderer comincia il suo viaggio avviandosi nella campagna invernale e dando l'addio all'amata. A un certo punto si sente uno squarcio di luce ed è il momento in cui con la neve fuori il viandante scrive buona notte all'amata.



Di fatto lui è già in cammino, con il suo passo costante, caratteristica spesso presente in Schubert, dove il pianoforte con un martellare cadenzato di accordi ne descrive l'ineluttabilità. Su questi si eleva il canto di dolore di un uomo che deve dire addio all'amata. L'itinerario invernale è costellato di segni, di simboli che rappresentano un percorso iniziatico, si tratta in realtà di un percorso che lui fa all'interno di se stesso attraverso la solitudine, l'alienazione e l'allontanamento dalla città, questa simbolo della comunità, mentre la campagna disabitata assume le sembianze di un iter quasi cristologico, dove chi lo affronta deve interpretare i segni che gli si parano davanti. Vede una cornacchia, un cartello indicatore, un fuoco fatuo, una serie di sirene che deve superare e fra queste ce n'è una molto importante oggetto del quinto lied, Der Lindenbaum (Il tiglio). È un albero fondamentale nella tradizione tedesca e in questo caso rappresenta il passato felice, su questo gli amanti incidono i loro nomi. Non è peregrino pensare al mito di Orfeo ed Euridice poiché il viandante è attratto da questo tiglio che gli dice: "Vieni da me, amico: qui troverai la pace!" Lui però non si sofferma a guardarlo: "Non mi voltai", mentre soffia di colpo un vento gelido. Il rifiuto di girarsi ricorda proprio il citato mito perché quando Orfeo va all'inferno si volta per guardare Euridice e quest'azione segna la sua condanna: verrà risucchiato negli inferi. Il wanderer schubertiano, al contrario, va avanti nel suo percorso e resiste alle lusinghe dell'albero che gli promette una pace molto sospetta, quel "ruh" che avevamo già incontrato nella Ninna nanna del ruscello e che corrisponde in buona sostanza alla morte.



Nei lieder successivi ritroviamo quell'ondeggiante ruscello che avevamo lasciato in Die Schöne Müllerin, ma se lì anche nei momenti più tragici scorreva in modo vitalistico, compreso l'ultimo lied dove cullava il mugnaio nella morte, in Winterreise invece lo vediamo congelato. In Auf dem Flusse (Sul fiume), la superficie ghiacciata è riprodotta dallo staccato del pianoforte, sotto la coltre di ghiaccio scorre però la vita e il viandante la paragona al proprio cuore "Mein Herz", che è solo in apparenza irrigidito poiché al suo interno c'è ancora un nucleo di calore. È un lied che Luca Ciammarughi definisce "pazzesco" per come Schubert, attraverso l'accompagnamento pianistico, passi da un "rigor mortis" allo sciogliersi improvviso del turbamento interiore, quel sentimento che repentinamente esplode nella parte finale. Un accenno soltanto fanno i due musicisti a un altro lied geniale, Die Krähe (Il corvo), in cui è incredibile come il compositore riesca a materializzare questo animale che vola sopra la testa del viandante attraverso una figurazione pianistica molto particolare. Lo strumento suona nel registro acuto per rievocare l'atto del corvo che passa sulla testa dell'uomo, come in un funesto presagio, ma lo presenta anche come un amico. Il poeta si rivolge al volatile con l'espressione: "Krähe, wunderliches Tier" (Oh corvo, bizzarro animale), bizzarro ma anche meraviglioso. Il cantante invece si muove in un registro più basso, nell'immagine sonora abbiamo quindi l'idea del volo, richiamata dal pianoforte che rappresenta il corvo, e quella della voce che dialoga con lui.



Ci avviamo alla fine di questo viaggio con gli ultimi tre lieder, dove cruciale è Der Wegweiser (Il segnale stradale). Il viaggiatore continua a camminare in questa terra desolata e a un certo punto vede un cartello che gli indica una via da cui mai nessuno è ritornato: "die noch keiner ging zurück". La rotta assume qui un risvolto tragico, i passi dell'uomo volgono ineluttabilmente verso la morte ma lui riuscirà ad affrontare con successo anche tale frangente: il vecchio suonatore di organetto lo aiuterà a rendere immortale il suo canto. C'è in Winterreise una probabile attinenza con la morte del compositore, che è arrivata poco dopo la stesura dell'opera. Questo particolare ci pone di fronte a un grande interrogativo: Franz Schubert sapeva che di lì a poco sarebbe morto quando ha scritto Winterreise e le ultime sonate per pianoforte? Forse no perché nel suo spirito e nella sua mente albergavano ancora tante speranze per il futuro. Basti pensare che nell'ultimo anno di vita tenne il suo primo e unico concerto pubblico, in una sala dove pochi anni prima Beethoven aveva fatto uno dei suoi concerti più importanti. Quindi per lui iniziava proprio in quel momento la carriera. Aveva avuto tra l'altro un momentaneo rifiorire della salute, un po' come la Traviata, dove nel finale sembra che lei si riprenda in una sorta di canto del cigno, prima del colpo finale. Probabilmente l'orologio biologico mandava a Schubert dei segnali premonitori, non si fa fatica a crederlo in quanto questo ciclo sembra veramente un testamento. Il lied successivo, Das Wirtshaus (L'osteria) vede il suo incipit nel classico dattilo, tanto praticato dall'autore, che consiste in un piede ritmico formato da una lunga e due brevi, il passo che segna l'arrivo in un'osteria che poi si rivelerà essere invece un cimitero.



Ma il prode wanderer supera anche questa "impasse" e nel lied seguente, intitolato Mut (Coraggio), enuncia una frase che noi oggi riterremmo tracotante, un po' simile alla "ὕβϱις" di Ulisse nel suo folle volo. Luca Ciammarughi pensa all'Ulisse di Dante, un personaggio che ha l'ardire di oltrepassare le colonne d'Ercole. Alla fine di questo lied c'è una frase molto significativa: "Will kein Gott auf Erden sein, sind wir selber Götter!" (Se non c'è nessun Dio sulla terra, noi stessi siamo dei!), dove "siamo" è un imperativo esortativo. È il viandante che eroicamente assume su di se una condizione di divinità nel tentativo di soverchiare la morte, questo superamento effettivamente si verifica negli ultimi due lieder, che rappresentano forse il culmine della visionarietà schubertiana e vanno già verso quello che oggi definiremmo l'espressionismo. Con l'ultimo lied della raccolta, Der Leiermann facciamo il nostro ingresso in un mondo che prelude alla visione di Alban Berg o di Gustav Mahler. È preceduto da Die Nebensonnen (Altri soli), in cui al viaggiatore appaiono tre soli in cielo in una specie di allucinazione; esclama: "Ahimè, non siete voi i miei soli!" e poi "Al buio starò meglio." In quest'oscurità troverà alla fine il suonatore di organetto, che il pianoforte tratteggia con un accordo di quinta nuda (sol-re), mentre la mano destra ruota la manovella in una figurazione di terze ascendenti e discendenti. Un accompagnamento fatto di poche note ma estremamente pregnante. Questo bellissimo viaggio con Schubert si conclude così, in un torrido pomeriggio di giugno dove due grandi artisti hanno lenito gli afrori dell'estate rinfrescando il nostro animo.




Alfredo Di Pietro

Giugno 2021


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